venerdì 14 novembre 2008

BOLLETTINO - Dai romanzi la via di fuga per i finti telefilm italiani
La solfa è sempre la stessa, accesa ancor di più da uno sferzante editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sul "Corriere della Sera" in occasione dell'ultimo Festival di Venezia (si veda l'articolo integrale nell'"Edicola di Lou"): la fiction italiana è surreale, distante dalla realtà appunto, finta, povera di idee, poco competitiva, al contrario dell'ultimo cinema di casa nostra. Alla luce degli obbrobri medici - nel senso di serie tv, non di interventi in sala operatoria - d'inizio stagione, ci sarebbe solamente da dar ragione all'editorialista. Il distacco con la realtà (e la scarsità di fantasia) è tale che neanche una sutura del magico Dottor Troy di "Nip/Tuck" riuscirebbe a colmare. Per non parlare dell'ormai classico metodo "rifamolo alla nostra maniera ma senza dire a chi ci ispiriamo e se un giornalista ce lo chiede facciamo finta di nulla e di non avere la televisione in casa, che fa sempre figo e vagamente di sinistra". In un contesto più generale, più di recente è esplosa un'altra maxi-solfa (la madre di tutte le solfe): la tv è inguardabile, sempre gli stessi programmi, è vecchia come il pubblico che la guarda (si veda, sempre nell'"Edicola di Lou", il parere di Annamaria Testa, la "papessa" dei pubblicitari). In un contesto apparentemente degradante, i pubblicitari si tirano fuori. I produttori di fiction pure. Chi fa televisione snocciola comunque titoli nuovi, budget investiti, risorse ad hoc. Qualcuno osa l'inosabile parlando di "sperimentazione", che suona un pò come quella boa di salvataggio quando il mare diventa improvvisamente mosso. L'Auditel premia-anziani è sempre lo stesso (o l'emorragia di pubblico di settembre-ottobre è frutto di un ritaramento dei meter?) e a tutti va bene (pubblicitari compresi). Un produttore di grido che non ama le critiche getta una cortina fumogena affermando che scaricare le fiction da Internet dovrebbe essere legale ("la cultura deve circolare"). Soprattutto tra i...liceali. Una mirabile critica di Aldo Grasso sul programma "Fantasia" (nomen omen) ipotizza una "patente a punti" per gli autori: con il rischio che si estendendesse a quelli di fiction italiane, la maggior parte rimarrebbe a piedi. E mentre i giornali e gli addetti ai lavori dibattono sul Verbo di Fiorello ("la tv è vecchia e si ripete sempre"), gli altri Paesi - anche quelli più insospettabili - danno segni di vivacità e originalità. Oltre che dall'ormai imprescindibile Israele, echi di novità arrivano anche dall'Egitto e dalla Tunisia, mentre in Europa c'è da tenere d'occhio il ritorno di fiamma di Francia e Germania, con l'Inghilterra che torna ad essere concorrente morale degli Stati Uniti come ai tempi d'oro e la Spagna alle prese con una vera e propria movida telefilmica. Se questo doveva essere l'Anno Zero della nostra fiction seriale, sembra di stare al Polo Nord (sotto Zero!). Una piccola e modesta proposta, vista la povertà di idee, sarebbe quella di ispirarsi ai tanti romanzi che affollano le librerie e adattare quelli che più meritano una trasposizione a lungo respiro, magari coinvolgendo gli autori, senza troppi stravolgimenti in nome della causa TV. Così fa il cinema italiano ("Gomorra" docet) e, a ragione, ha rialzato la testa. Se mai fosse una strada per ravvivare, oltre che gli ascolti, anche l'orgoglio delle nostre serie televisive?
(Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Novembre)

1 commento:

Anonimo ha detto...

E se poi mandassero gli 'attori' (si fa per dire) a scuola di dizione?
O almeno toglietegli le patate dalla bocca...

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