mercoledì 13 dicembre 2017

NEWS - Fermi tutti! "Gomorra" è un atto di denuncia realistico (e quindi a rischio emulazione) o fantasy privo di fondamento (e quindi inattaccabile dalle censure e dalle critiche)? Il dibattito è aperto
Articolo di Giovanni Belardelli sul "Corriere della Sera"
"Con l'arrivo in tv della terza serie di Gomorra sono tornate le polemiche. La fiction — si è detto — fornisce una rappresentazione indulgente se non addirittura positiva della camorra, con il rischio di indurre i giovani all'emulazione. A questa o altre critiche si è risposto evocando il pericolo della censura (un po' a sproposito, direi, perché criticare e censurare sono cose diversissime), secondo uno schema di discussione a ruoli fissi già sperimentato in passato. Eppure il successo internazionale di Gomorra dovrebbe indurre a porre la questione in modo meno superficiale. Anzitutto, sgombriamo il campo da un falso problema, la mancata presenza di protagonisti positivi, che non si può pretendere da una fiction come Gomorra, che si fonda sul presupposto di una rappresentazione crudamente realistica del male. Ma il problema è proprio questo: siamo sicuri che la rappresentazione della camorra fornita dalla serie tv (per il libro di Saviano o il film di Garrone il discorso sarebbe diverso) sia realistica? O non è vero piuttosto che la vita concreta del camorrista è più squallida di quanto non appaia dalle puntate di Gomorra? Quella del camorrista è la vita di uno che non può neppure andarsi a prendere un gelato o portare i figli a fare un bagno al mare, è un'esistenza disgraziata, ha osservato Salvatore Striano, aspirante camorrista da ragazzino e poi diventato attore e scrittore di successo. La rappresentazione fornita dalla fiction, invece, è quella di vite «fino all'ultimo respiro», veloci e violente come un videogioco; è una rappresentazione che rischia di far diventare Ciro l'Immortale e Genny Savastano, oltretutto impersonati da due attori bravissimi, dei modelli per tanti ragazzini napoletani e non solo. La rappresentazione della realtà fornita da Gomorra è inverosimile anche per un altro aspetto: la completa assenza di qualunque figura o istituzione riconducibile allo Stato. A un cittadino qualunque può capitare d'essere fermato per un controllo o anche soltanto di vedere un poliziotto camminare per strada. Nel mondo di Gomorra no: si può andare più volte in auto da Roma a Napoli con la assoluta certezza di non fare incontri del genere; si può trasportare qualche chilo di droga o un cadavere nell'auto sapendo che nessuno ci fermerà mai. La geografia urbana di Gomorra è abitata infatti solo da camorristi. In una delle puntate della nuova serie si vede — fatto quasi incredibile — un'aula di tribunale. Ma è impossibile ricordare qualunque particolare sulla corte: la scena serviva solo a mostrare per qualche secondo una testimone che ritrattava, indotta da minacce e denaro, l'accusa di omicidio formulata contro la camorrista Scianel. Lo Stato qui compare per un attimo, il minimo indispensabile ai fini del meccanismo narrativo di una vicenda che si svolge — proprio a causa di questa totale assenza — non nel mondo reale, sia pure reinventato come avviene in ogni fiction, ma in un mondo largamente immaginario. Un mondo dominato soltanto dal crimine e dalla guerra, con alleanze tra gruppi camorristici che continuamente si disfano e si formano; senza che nessuna autorità non dico intervenga a contrastare questa situazione, ma neppure tenga aperta, con la sua esistenza, questa possibilità. Una simile condizione di totale assenza dello Stato configurerebbe un mondo fantasy più che la realtà; non fosse che questo mondo, invece che essere collocato in qualche Terra di Mezzo o in qualche staterello immaginario come per le operette di un tempo, assume poi la concretissima ambientazione di Napoli o di Secondigliano. Ma dunque, se le cose stanno così, se Gomorra non fornisce una rappresentazione effettiva, per quanto crudele, della realtà, viene meno anche ciò che i suoi ideatori e realizzatori continuamente rivendicano: cioè il fatto che la serie rappresenti un «fortissimo atto di denuncia», come ha dichiarato Marco D'Amore/Ciro l'Immortale a questo giornale. Peraltro sarebbe anche legittimo qualche dubbio sul fatto che rappresentare crudamente e senza un qualche distacco critico la realtà possa mai costituire un atto di denuncia. In che senso potrebbe essere considerata una denuncia della pedofilia una serie tv che raccontasse, dall'interno e senza alcun personaggio positivo, le vicende di un gruppo di «turisti sessuali» in Thailandia? Dopodiché, certo, Gomorra è un successo internazionale. Ma che in tanti Paesi ritengano che questa sia una rappresentazione realistica dell'Italia o di una sua parte è qualcosa che forse dovrebbe farci riflettere.

1 commento:

Germana ha detto...

Discussione assurda...Gomorra è finzione che trae spunto dalla realtà, meno di Suburra, che si ispira ai fatti di Roma Capitale più pedissequamente. Anche la Piovra allora era filo magistratura, così come Gomorra indaga nel sottobosco della Camorra. Comunque sia è sbagliato il termine "realistico", io userei il termine "verosimile" e così nessuno protesta più!

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