NEWS - Netflix, Sky o Mediaset? "E' il cliente che decide la domanda", Marco Patuano di Telecom dixit. "Grazie a noi - e alla banda larga - nascerà la tv via cavo in Italia"
News e intervista tratta da "Affari&Finanza" de "la Repubblica"
Telecom Italia vuole realizzare in prima
persona il Piano del governo per portare la banda ultralarga in tutto il
Paese. Può farlo da sola accelerando gli investimenti previsti da qui
al 2020, ma preferirebbe farlo con Metroweb avendo la maggioranza e
senza coinvolgere altri operatori. Le trattative con Franco Bassanini,
presidente della Cdp, si sono riaperte: l'ad Marco Patuano spiega ad
Affari&Finanza le sue strategie. Dottor Patuano, il governo ha
presentato il suo Piano strategico per la diffusione della banda
ultralarga nel paese che prevede obbiettivi giudicati da tutti ambiziosi
ma sfidanti. Tuttavia non è ancora chiaro chi lo realizzerà. «Il Piano
del governo per lo sviluppo della banda ultralarga è fatto bene ma si è
sovrapposto alle discussioni intorno al veicolo che dovrà realizzarlo e
il tutto ha generato dei messaggi fuorvianti. Per sgombrare il campo
dagli equivoci voglio innanzitutto dire che con il piano industriale di Telecom
Italia si arriva al 2020 agli stessi obbiettivi fissati dal governo,
cioè portare una connessione in fibra all'87% delle unità immobiliari.
Di queste il 55% sarà collegato con la tecnologia Fttc (fibra fino agli
armadietti in strada) e il 30-35% con Ftth (fibra fino dentro gli
appartamenti)». E allora per quale motivo avete avanzato una
manifestazione di interesse per entrare nel capitale di Metroweb, la
società che ha realizzato la rete in fibra a Milano? «Nelle nostre
intenzioni Metroweb fungerebbe da acceleratore, per anticipare di circa
un triennio gli 1,4 miliardi di investimenti nella rete Ftth che
normalmente Telecom Italia svilupperebbe
da sola dal 2018 al 2020. Inoltre attraverso Metroweb si potrebbe
realizzare la cosiddetta "equivalence of input", cioè la garanzia che
tutte le richieste di allacciamento provenienti dagli operatori
verrebbero trattate alla stessa maniera, processate in una società
autonoma. Bisogna però capire che si tratta di due cose diverse che
vanno trattate su due piani diversi: una cosa è il piano industriale che
stiamo realizzando. Altra cosa è l'ipotesi di acquisto di una società
che opera nel settore che può avvenire o meno, ma questo non incide
sullo sviluppo della nostra rete». Ma anche Vodafone è interessata a
Metroweb e ha già firmato una lettera di intenti. Voi escludete una
coabitazione all'interno dello stesso veicolo? «Comprendo la mossa di
Vodafone ma mi sento di escludere l'ipotesi della coabitazione. Non
esiste un solo caso al mondo in cui una soluzione consortile abbia
funzionato. Il motivo è presto detto: per realizzare il Piano ci vuole
un operatore che svolga senza impedimenti un'attività operativa
articolata e complessa. Poi occorre un quadro regolatorio adeguato e
soci finanziatori che si facciano garanti del rispetto delle regole».
Telecom
un azionariato con un'importante presenza italiana. E questo fatto
potrebbe rappresentare un problema anche per il futuro della rete di
nuova generazione. «Telecom Italia è una
public company, già oggi i principali azionisti sono i fondi
internazionali. Stiamo dimostrando con i fatti che gli investimenti li
stiamo facendo, e in maniera significativa. Per la rete di nuova
generazione la soluzione sono regole e governance chiare fin da subito».
È un fatto che entro giugno, con la conclusione dell'operazione
Telefonica-Gvt, il gruppo francese Vivendi riceverà azioni Telecom
Italia pari all'8,3% dei diritti di voto e diventerà il vostro primo
socio. Sicuro che non cambi proprio nulla al vostro interno? «Avremo un
azionista all'8% che per una public company non è poco, quindi Vivendi
sarà un azionista molto importante. Con Vincent Bollorè, presidente e
azionista di Vivendi, avevamo avuto discussioni molto interessanti sotto
il profilo industriale quando stavamo preparando un'offerta per Gvt. Le
sinergie che potranno essere sviluppate dipenderanno da quale sarà la
futura strategia industriale di Vivendi, partendo dal fatto che oggi è
un gruppo presente nel mercato della Tv con Canal Plus e della musica
con Universal». A proposito di Tv, quando partirete con la
commercializzazione dell'offerta congiunta con Sky, che porterà la pay
tv nelle case via banda larga? «La partenza è prevista per dopo Pasqua».
Conferma che state lavorando a un accordo simile anche con Mediaset Premium
e con Netflix? «In Italia non esiste la Tv via cavo, dunque sarà la
fibra a portarla nelle case della gente. È il cliente che guida la
domanda, sarà lui a decidere se vorrà vedere Sky, Mediaset Premium
o eventualmente Netflix o altri servizi che cercheremo di aggiungere al
nostro bouquet». Dica la verità, c'è qualcuno che spinge per fare una
fusione con tutto il gruppo Mediaset?
«Nessuno ha mai fatto pressioni per promuovere operazioni non di
mercato. E poi la nostra strategia è chiara, siamo trasportatori di
contenuti di altri». Altri gruppi come Telefonica hanno invece comprato
società televisive, Vodafone ha esaminato l'opzione Liberty e qualcuno
dice che stanno parlando con Sky. British Telecom
è entrata nel mobile e produce contenuti televisivi. Chi vincerà? «Sono
chiaramente strategie differenti, ma il giudizio di merito varia da
mercato a mercato. L'integrazione TV Tlc o la partnership possono essere
entrambe vincenti a seconda dei mercati». Tra gli operatori tlc sembra
sia partito il tanto atteso consolidamento europeo. Chi ha in mano le
carte giuste? «Le compagnie telefoniche più piccole dovrebbero
accorparsi tra di loro, mentre vedo più difficile un matrimonio tra big
del settore. Qualcosa comunque accadrà. Bt ha comprato l'operatore
mobile EE che era di proprietà di Orange e Deutsche Telekom. La prima in
cambio della propria quota ha preso per la maggior parte cash, i
tedeschi invece si sono fatti pagare interamente in azioni. Per motivi
diversi entrambi potrebbero voler giocare la partita del consolidamento.
Meno probabile lo faccia invece Telefonica, che è presente in Spagna e
Sudamerica, è appena entrata in Germania ma ha venduto Irlanda,
Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Italia». Voi avete sempre l'incognita
Brasile, un paese dove pensate di crescere ancora molto e dove sono
ancora possibili operazioni straordinarie. La fusione con Oi è ancora
d'attualità? «Operazioni di grande rilevanza non possono essere fatte se
non nella chiarezza di governance con la controparte. Abbiamo bisogno
che le condizioni siano quelle giuste e al momento non sembrano esserci.
Abbiamo più volte dimostrato che siamo un gruppo manageriale prudente
nelle nostre scelte strategiche». Se non altro grazie al Brasile avete
ottenuto chiarezza nel vostro azionariato. Facendo un'offerta per Gvt
avete costretto Telefonica a scegliere tra voi e il consolidamento
brasiliano. «In effetti quella su Gvt era una situazione "win-win" per
noi. Se andava in porto avremmo creato il primo operatore integrato
brasiliano, in caso contrario Telefonica avrebbe dovuto scegliere».
Sicuro che non vi serve un aumento di capitale? Il debito è ancora alto e
in bilancio c'è ancora tanto avviamento. «Dopo un bond convertendo da
1,3 miliardi e altri 2 miliardi di bond convertibile al tasso dell'1,125
la situazione patrimoniale è stata messa in sicurezza. Per quanto
riguarda gli avviamenti la situazione economica prospettica sta
migliorando e dunque si riduce la possibilità di nuove svalutazioni che
derivino dalle condizioni di business. Il gruppo sta lavorando bene: nel
2013 la capitalizzazione di Telecom Italia era di 11,5 miliardi, oggi supera i 20 miliardi».
Dunque anche voi avete ripreso a trattare con Metroweb ma non volete
altri soci operativi e almeno il 51% della società fin da subito.
Giusto? «Il tavolo di conversazione con i due soci FSI e F2i è aperto,
abbiamo chiarito l'intenzione di realizzare un piano industriale
ambizioso che dovrà comunque ottenere il preventivo assenso da parte di
tutte le authority». E per quanto riguarda il nodo del 51% fin da
subito, sul quale si erano in un primo momento interrotte le
conversazioni, ritiene possa essere superato? «Non vi è dubbio che
l'operatore che partecipa a Metroweb deve avere nelle sue mani il
controllo operativo del progetto. Le modalità con cui si può arrivare a
questo obbiettivo sono diverse e sono attualmente oggetto di
discussione». Nel caso non riusciste a trovare un accordo non vi è il
rischio di sovrapposizioni con altri operatori nelle aree più
interessanti dal punto di vista economico? «È possibile e qualora
sorgesse questo problema spero prevalga il buon senso. A noi non mancano
certo le risorse, i due miliardi raccolti settimana scorsa con il bond
convertibile possono essere anche utilizzati per accelerare gli
investimenti sulla banda ultralarga. Siamo molto flessibili sotto questo
punto di vista e l'indebitamento ormai è sotto controllo». Poiché le
cifre che girano sono le più disparate, secondo i vostri calcoli quanti
soldi servono per realizzare tutta la rete di nuova generazione
ipotizzata dal governo? «Se si parla delle aree A e B identificate dal
Piano governativo come quelle a maggior ritorno di mercato una modalità
efficiente di copertura può essere realizzata con 2,5-3 miliardi di
euro; ovviamente questo è possibile grazie alla pianificazione di un mix
di copertura Fttc e Ftth secondo le esigenze attese della domanda. Per
coprire anche le aree C (a medio bassa densità abitativa) occorreranno
degli incentivi mentre per le D (rurali), quelle a fallimento di
mercato, all'interno delle quali abita il 15% degli italiani, si può
andare solo con un determinante intervento pubblico». L'obbiettivo
finale del 35 o addirittura 45% di rete in fibra a 100 Megabit al
secondo nel 2020 quindi è raggiungibile? «É raggiungibile anche se la
sola domanda di ultra-internet fisso potrebbe non essere del tutto
sufficiente a coprire i costi. Ma ciò non ci spaventa perché con il
progredire della tecnologia le reti non saranno più definibili
nettamente tra fissa e mobile. In futuro la rete a banda larga servirà
anche a sviluppare la rete mobile di 5° generazione che utilizzerà
antenne più piccole per coprire zone più concentrate con altissima
capacità sia mobile che wi-fi. Dunque una diffusione della fibra molto
capillare può diventare un vantaggio nel medio periodo». A proposito di
torri, le avete scorporate e volete procedere spediti verso la
quotazione entro l'estate. Sinergie con le torri televisive? «La
quotazione è ormai deciso che venga realizzata entro l'estate. Con la
diffusione della rete mobile 4G poseremo altre 4-5 mila antenne che
andranno a integrare quelle già esistenti e ad aumentare il valore della
società. Non vedo sinergie significative con le torri televisive, anche
perché queste generano un campo elettromagnetico molto più elevato
rispetto a quelle telefoniche».
martedì 24 marzo 2015
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