lunedì 1 aprile 2019

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"Gomorra" 4, la consacrazione della serie tv italiana più riuscita del decennio
"'Ciro è muorto. L'ha fatto per proteggere a me, a noi. Ora simmo soli». Le prime parole di Genni Savastano nella quarta stagione di Gomorra segnano uno spartiacque nella serie italiana più riuscita dell'ultimo decennio (Sky Atlantic). La prima senza Ciro Di Marzio (salvo colpi di scena!) e con Marco D'Amore passato alla regia (quinto e sesto episodio); la prima in cui Genny pare davvero intenzionato a un salto di qualità, nella vita privata come negli affari, lasciandosi alle spalle metodi e crudeltà di un passato ingombrante (ma per quanto, realmente?); la prima con Patrizia, interpretata da una sempre più straordinaria Cristiana Dell'Anna, finalmente regina di Secondigliano. La forza di un prodotto come Gomorra sta nell'avere creato e consolidato un brand; basta un'inquadratura, una battuta, un silenzio prolungato e inquietante del boss di turno, un frammento di colonna sonora dei Mokadelic per entrare facilmente in sintonia con trame e linee narrative sempre più complesse. I primi episodi, diretti da Francesca Comencini, sembrano scontare una lentezza eccessiva per inquadrare nuovi personaggi, dinamiche inedite, location diversificate (la campagna intorno a Napoli, ma anche Bologna, l'Emilia). La famiglia dei Levante, lontani parenti di donna Imma, è la prima novità che incontriamo; un microcosmo ancorato a regole e metodi del passato, brutali e patriarcali, con i quali Genny entra in contatto come una sorta di contrappasso della sua nuova presunta vita. Si spara di meno ma ciò non significa che ci sia meno violenza. Gomorra 4 è cupo, cinico, senza spazio alcuno per la redenzione. II clima quasi sospeso dei primi episodi, con Sangueblu, Azzurra e altri indubbi protagonisti ancora lasciati sullo sfondo, prepara il terreno alla seconda parte, che a partire dagli episodi diretti da D'Amore sembra trovare la sua definitiva consacrazione". (Aldo Grasso)

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