LA STAMPA
Ultime battute per "Girls", ecco perchè ci mancherà
"Ci voleva Lena Dunham, enfant prodige della scrittura e della regia, perché la normalità - che parola stupenda - dell'essere donna arrivasse a migliaia e migliaia (e anche di più, forse) di persone. Se Girls, la serie tv che ha creato, scritto e - qualche volta - diretto per Hbo, ci mancherà (e ci mancherà, non dubitatene) è anche per questo: per l'onestà, talvolta estrema, con cui ha saputo raccontare il mondo e, in particolare, New York e i suoi abitanti. Hannah, la protagonista, interpretata dalla stessa Dunham, è un'aspirante scrittrice; ha tre carissime amiche, una vita sessuale travagliata e soffre di depressione. Sembra il profilo perfetto per il personaggio di uno show televisivo, e invece è molto più di questo: è reale. Lo spettatore tende a provare empatia per Hannah (anche se è così particolare, e viziata e assurda); e segue la sua storia non solo per noia, ma perché è curioso, perché ci si riconosce. Certo, anche Girls ha avuto i suoi problemi (accuse di razzismo e elitarismo) ma ha mantenuto nel corso degli anni un andamento (quasi) crescente, dove ogni personaggio ha avuto la sua parte e la sua dignità. La rivoluzione che la Dunham e le sue Girls hanno iniziato è una rivoluzione mediatica, a tutto tondo. Titolo: chi sono le donne e che cosa vogliono. Durante le sue cinque stagioni (dal 12 febbraio su Hbo andrà in onda la sesta e ultima), Girls è cambiata: ha raccontato prima un aspetto, poi un altro della vita delle sue protagoniste; ha messo a fuoco, con incredibile lucidità, il maschilismo - che non è solo un atteggiamento degli uomini ma un'idea che appartiene anche alle donne - e la latitanza di una classe di intellettuali. Il merito è della Dunham, ovviamente: suo, della visione disincantata che ha del mondo e del coraggio che ha dimostrato nel sapersi confessare". (Gianmaria Tammaro)
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