NEWS - "Mr. Robot" su Sky? La nuova Premium come Airbnb: canali in affitto su altre piattaforme (come Fox). Nuova filosofia low-cost: basta calcio, De Filippi e D'Urso on demand per fare cassa all'insegna del soprav-Vivendi
News tratta da "Italia Oggi"
Nel piano 2017-2020 presentato ieri a Londra, i vertici di Mediaset ribadiscono, in sostanza, che il core business del gruppo è e sarà assolutamente legato alla tv free e ai video in chiaro nel mondo digitale, con una struttura di ricavi nella quale rimarrà decisiva la raccolta pubblicitaria. La pay tv, che negli ultimi tempi ha avuto impatti molto pesanti sui bilanci del Biscione (perdite attorno ai 200 min di euro nel 2016), sarà invece un business molto ridimensionato. Mediaset rimarrà editore di canali pay non sportivi, che però verranno anche ceduti a terzi, da Sky alle offerte a pagamento delle società telefoniche. La piattaforma del digitale terrestre, inoltre, sarà aperta ad altri editori (tipo Discovery) interessati ad accedere, con una semplice mossa, a un parco di 2 milioni di abbonati, 4 milioni di card prepagate e 6 milioni di device (dalle smartcam ai decoder, passando per le app di Premium già installate nelle smart tv). I diritti tv dello sport, e in particolare del calcio, invece non saranno più una stella polare di Premium: si parteciperà alle aste, ma senza fare pazzie (ergo: difficilmente si vinceranno pacchetti pay). D'altronde non è casuale che il piano Mediaset preveda per il 2020, proprio per effetto del nuovo ruolo della pay tv, un miglioramento dell'ebit (risultato operativo) di 200 milioni di euro. Miglioramento che si potrà ottenere semplicemente risparmiando i 220 milioni di euro all'anno che Mediaset ha pagato per i diritti tv della Champions league di calcio nel triennio 2015-2018, e che, dalla stagione 2018-2019, potrebbe non pagare più. Insomma, una Premium più leggera e low cost. Aveva un senso fare forti investimenti nel 2008, quando si doveva frenare l'ascesa di Sky Italia. Ora la pay tv satellitare è stabile da qualche anno, e allora spendere così tanto per i diritti tv non è più una priorità per Cologno Monzese. Detto questo, il piano Mediaset fissa per il 2020 un miglioramento complessivo dell'ebit pari a 468 milioni di euro. Circa 90 milioni di ebit in più arriveranno dalla crescita della quota Mediaset del mercato pubblicitario italiano, che passerà dall'attuale 37,4% al 39-39,5% nel 2020. Altri 45 milioni di ebit in più saranno realizzati nel business dei contenuti, con ottimizzazioni e nuovi investimenti redditizi. Dieci milioni di ebit aggiuntivi verranno dalle attività sul mondo radiofonico. E altri 123 milioni dalla nuova organizzazione del gruppo, con un piano che, tuttavia, non prevede esuberi. Tutti questi addendi, sommati ai 200 milioni di ebit in più della pay tv, danno, appunto, come risultato finale i 468 milioni aggiuntivi di risultato operativo 2020. La voce di ricavi più importante resterà, come detto, quella legata alla raccolta pubblicitaria, che per Mediaset si è chiusa col dicembre 2016 in crescita del 4,1% sullo stesso mese dei 2015. Il gruppo di Cologno Monzese (guidato dal vicepresidente e a.d. Pier Silvio Berlusconi), al momento, nella tv controlla il 32% di share e il 56,3% degli investimenti pubblicitari; sul digital ha già 22 milioni di user al mese e il 7,8% della raccolta; sulla radio il 22% di audience e il 20% della torta pubblicitaria. Oltre alla leadership nel classico mercato della tv in chiaro, Mediaset, da qui al 2020, punta molto al pro-grammatic e alla pubblicità indirizzabile a target precisi su smart tv, pc, tablet e smartphone. «Nel 2018», spiegano gli uomini del Biscione, «Auditel lancerà la misurazione della total audience, con un panel molto ampio di 15 mila famiglie. In questo modo si potrà valutare l'effettiva audience generata dai contenuti Mediaset, lineari e non lineari, sui vari device». Già nel 2016 su 100 euro di ricavi pubblicitari totali del programmatic, circa 20 arrivavano da contenuti non lineari. E poiché il non lineare prenderà sempre più piede, secondo le previsioni del Biscione, con questa modalità precisa e profilata, si potranno aumentare i prezzi di listino del 15-20%. Inoltre, con la pubblicità «indirizzabile», ovvero offerta solo a certi target attraverso smart tv, pc, tablet e smartphone, i prezzi di listino potranno crescere del 10-15%. In un combinato disposto che, da solo, porterà a un aumento dell'1,2-1,4% sul totale dei ricavi pubblicitari. Il business della radio, invece, nel periodo, dovrebbe avere un incremento dei ricavi pubblicitari del 15-20%. E proprio in questo comparto Radio 105 ha appena potenziato il suo segnale comprando frequenze a Parma e provincia, Agrigento, Catania e provincia, Treviso, Venezia, Padova, e in provincia di Bergamo. La pubblicità è importante. Ma c'è anche la produzione di contenuti originali per la tv in chiaro e locali, su cui il Biscione spingerà molto. Soprattutto perché, come fa notare lo stesso documento presentato a Londra, la Champions league di calcio vale 6 punti di share in meno rispetto a programmi come Amici o Ciao Darwin, e vale meno della metà in termini di grp. Si avvieranno pure co-produzioni con Mediaset España su una serie tv; ci sono ipotesi di alleanze con altri broadcaster per prodotti scripted locali; Mediaset, invece, si terrà lontana da mega produzioni internazionali rischiose e a forte intensità di capitale. Sul digitale, infine, Mediaset si concentra sul mercato dei video gratuiti finanziati dalla pubblicità, ed entro il 2017, come già anticipato da ItaliaOggi, verrà lanciata una nuova piattaforma Avod (advertising video on demand), con una user experience simile alla piattaforma Svod (video on demand pagando un abbonamento) di Infinity, e che avrà grossi benefici dalla partnership con Studio 71. Piace questa metafora: la piattaforma Avod come una sorta di Spotify; la piattaforma del digitale terrestre di Premium come una specie di Airbnb.
giovedì 19 gennaio 2017
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