L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
Ecco perchè "Mad Men" è stato un successo
I professori universitari di tutto il mondo e di qualsiasi materia si
somigliano: già l'accensione di un
microfono è superiore alla destrezza tecnologica della categoria. Quindi
servono istruzioni precise. L'intervento non deve superare i venti
minuti, supporti filmati compresi. Siccome i computer portatili hanno
difficoltà a connettersi con gli impianti fissi, si raccomanda una
chiavetta usb. Meglio se ce n'è una seconda di backup, per ogni
sciagurata evenienza. Si ricorda inoltre ai convenuti non americani che
gli apparecchi leggono solo dvd con il marchio "Zona 1". Sembra un
paragrafo rubato al romanzo di David Lodge "Il professore va al
congresso" (dove un accademico in crisi da pagina bianca resta bloccato
per giorni su una frase che inizia con "Therefore...", "E dunque...";
verrà salvato da un'epidemia di morbo del legionario che modifica il
programma). Sono le istruzioni date ai professori che intendevano
partecipare al convegno "Mad Men -The Conference", organizzato lo scorso
maggio dalla Middle Tennessee State University (di cui finora
ignoravamo l'esistenza) in collaborazione con la University of Salford a
Manchester (mai sentita neanche questa, esiste come università dagli
anni 50 del Novecento, non possono pretendere). Il luogo preciso era
Murfreesboro, poco distante da Nashville in direzione sud, e Nashville
era consigliata come gita a fine lavori, con pullman prenotabile alla
modica cifra di 20 dollari. In attesa che arrivino gli atti del convegno
- i più meritevoli avranno l'onore del supporto cartaceo, l'online
viene celebrato a parole ma poi un libro è un libro, anche per i nativi
digitali - abbiamo recuperato su The Hollywood Reporter un articolo
sulla storia orale di
"Mad Men". Uscì quando la serie diede l'addio agli spettatori, con un
finale meno originale del congedo immaginato da David Chase per "I
Soprano" (una dissolvenza in nero, molti spettatori pensarono che si era
guastato il televisore). Ma abbastanza bizzarro da suscitare ipotesi e
interpretazioni: è Don Draper che ha trovato la pace con gli hippie in
California, oppure i figli dei fiori gli hanno suggerito lo spot più
ruffiano nella storia della Coca Cola? Matthew Weiner racconta di aver
scritto il primo copione di "Mad Men" in sei giorni: c'erano gli anni
60, l'agenzia di pubblicità, dosi di sigarette e di cocktail Martini da
inquietare i dirigenti di ogni rete televisiva. Non c'era ancora
l'identità rubata - a un soldato morto nella guerra di Corea - da Don
Draper, che in realtà si chiama Dick Whitman. Fu aggiunta quando già la
Amc aveva stanziato tre milioni di dollari per il pilot ("Chi diavolo
sono questi della Amc?" chiedevano i possibili co-produttori
interpellati: era una rete che mandava perlopiù vecchi film americani,
la sigla sta per American Movie Classic). A conferma che in materia di
capolavori l'ispirazione è sopravvalutata - valgono più la fatica e la
casualità - quel pezzo di trama veniva da un'altra sceneggiatura
ripescata da un cassetto nello studio di Weiner. Gli aneddoti da set
ricordano quel che si raccontava di Luchino Visconti: anche i cassetti
dovevano esser riempiti con roba anni Sessanta, e guai se l'insalatiera
non era quella giusta. Incredibile ma vero: January Jones (Betty) fece
il provino per la parte di Peggy. Ancora più incredibile fu la battaglia
per avere Jon Hamm. Spiega Matthew Weiner, (che è bassetto e calvo):
"Eravamo nei 2006, gli attori di bell'aspetto finivano in fondo a tutte
le liste delle agenzie di casting, in cima stavano i tipi come Seth
Rogen e come me". (Mariarosa Mancuso, 20.07.2016)
giovedì 11 agosto 2016
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