lunedì 17 dicembre 2018

NEWS - Achtung, compagni! Mancano le coperture per la legge di bilancio? Il governo vuol tassare Netflix e Amazon Prime (web tax), che poi a loro volta tasseranno gli abbonamenti si presume...
News tratta da "Il Messaggero"
Un po' ormai assomiglia alla tela di Penelope. La web tax italiana, la tassa che, almeno nelle intenzioni dovrebbe colpire i colossi della rete, viene fatta e disfatta a cadenza costante. L'ultima versione del prelievo è stata inserita nella legge di bilancio dello scorso anno. Secondo i conteggi fatti allora dalla Ragioneria generale dello Stato, avrebbe dovuto portare nelle casse pubbliche 190 milioni di euro il prossimo anno attraverso una tassazione del 3% sulle fatture emesse dai vari Google, Amazon, ebay. Nonostante la norma scritta nero su bianco non se ne è fatto niente. Entro il 30 aprile scorso avrebbe dovuto essere emanato un decreto ministeriale per spiegare quali servizi on line avrebbero dovuto essere colpiti dalla web tax e quali invece no. A settembre, quando ha presentato l'aggiornamento del documento di economia e finanza, il governo ci ha messo una pietra sopra. Quei soldi, ha detto, non arriveranno più nel 2019, meglio cancellare la previsione di entrata. Un po' anche perché Palazzo Chigi e Tesoro speravano che a togliere le castagne dal fuoco fosse la Commissione europea con la Dst, la digital service tax, che in tanti spettavano (speravano) arrivasse per gli inizi di questo mese. Niente da fare nemmeno a Bruxelles. Così, nella disperata caccia alle risorse per ridurre il deficit pubblico attorno al 2% come chiesto proprio dalla Commissione, sul tavolo di Palazzo Chigi è arrivata una nuova proposta di tassazione dei giganti del web. La norma scritta, al momento, appare ancora molto generica. Ancora una volta si fa riferimento, per i dettagli, ad un decreto ministeriale da adottare entro i primi mesi del 2019. La differenza rispetto alla web tax dello scorso anno è soprattutto nei numeri. Questa volta il governo vorrebbe ricavare poco più del doppio di quanto immaginato nemmeno 12 mesi fa: 500 milioni di euro. Tra le Big tech hanno iniziato a fare qualche ragionamento. Una cifra del genere sarebbe difficile da raggiungere agendo soltanto sul «business to business», ossia con il prelievo fiscale sulle fatture fatte agli artigiani e ai commercianti che vendono on line i loro prodotti. Insomma, questa volta nel mirino ci sarebbe il «business to consumer», ossia direttamente i servizi venduti al consumatore finale, come Spotify, Netflix o Amazon Prime. L'altra strada sarebbe quella di raddoppiare il prelievo dal 3% al 6% previsto dalla vecchia web tax, come previsto da un emendamento presentato (e poi ritirato) dal leghista Giulio Centemero. Ma se la Lega spinge su questo fronte, i Cinque Stelle frenano. Solo qualche giorno fa il vicepremier Luigi Di Maio è andato in Commissione di Vigilanza Rai e ha detto che secondo lui la web tax non andrebbe fatta perché distorce il mercato.

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