lunedì 14 marzo 2016

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"Allegiance", temi pericolosamente avvincenti che meritavano di più 
“Alex O'Connor è un analista della Cia specializzato in questioni russe. Il giovane agente scopre un segreto sconcertante sulla sua famiglia: i suoi genitori, Mark e Katya erano delle spie dell'ex regime sovietico. Disgraziatamente, sotto ricatto, la madre Katya riceve l'incarico di trasformare suo figlio in una spia infiltrata nella Cia. «Allegiance» è un rifacimento dell'israeliano ‘The Gordin Cell’ che ha debuttato negli Stati Uniti il 5 febbraio 2015 (ancora una volta Israele si offre come fucina linguistica). La serie non è piaciuta molto al pubblico e si è conclusa dopo 13 puntate (Mediaset Premium Stories). Peccato, perché i temi di cui tratta sono pericolosamente avvincenti: Katya (Hope Davis) e Mark O'Connor (Scott Cohen) sono una coppia all'apparenza tranquilla e senza segreti. In realtà Katya è una spia russa ritiratasi dall'attività; suo padre, generale del Kgb, l'ha reclutata all'età di 17 anni. Mark è un uomo d'affari americano assoldato in segreto da Katya per attività spionistiche sovietiche. I due hanno tre figli: Alex O'Connor (Gavin Stenhouse) lavora per la Cia, Natalie (Margarita Levieva) è impiegata da quando ha 20 anni presso il Svr (Sluzhba Vneshney Rrazvedki), il servizio segreto russo, e la piccola Sarah (Alexandra Peters). Il confronto con ‘The Americans’ è immediato. Ma quello che ‘The Americans’ racconta non è un semplice scontro di sistemi politici o economici, capitalismo contro comunismo al tempo della guerra fredda: è un conflitto più profondo e radicale, che riguarda piccole e grandi cose, dai ruoli di uomo e donna nel matrimonio, alla femminilità, dai doveri dei figli ai compiti dei genitori. Il doppio binario della spy story viaggia in perfetta armonia. La debolezza di «Allegiance» sta forse nel fatto che il racconto spionistico spesso soccombe sotto il peso del family drama. Rispetto a ‘The Americans’ è più prevedibile, anche se il racconto resta pur sempre trascinante”. (Aldo Grasso, 12.03.2016)

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