NEWS - Telecom una e trina. Ecco gli accordi che l'azienda interseca con Sky, Mediaset e Netflix: monopolio tecnologico pressochè totale sui prossimi contenuti tv
Articolo di Edoardo Segantini per "Corriere Economia"
Piano di sviluppo, quotazione di Inwit, accordi per l'offerta di
contenuti pregiati. Telecom Italia, secondo le «voci di dentro», sta
provando a rialzare la testa. Nei prossimi tre anni, secondo i piani,
l'azienda investirà quattro miliardi di euro in Brasile e dieci in
Italia, tre dei quali per lo sviluppo della rete in fibra ottica. II
tema è stato ed è al centro di polemiche, in parte scaturite dal piano
governativo per la banda ultralarga che, in una prima versione,
sottovalutava le alternative tecnologiche alla fibra, basate sul
potenziamento del cavo coassiale di rame. Non si tratta di una polemica
«tecnica» ma di una critica più profonda, che sembra mettere in
discussione la stessa logica aziendale — investire dove conviene — e
auspicare il ritorno dello Stato nell'azionariato dell'operatore
storico. Dietro la cortina delle dichiarazioni, il dibattito verte
insomma sul fatto se la Cassa depositi e prestiti (Cdp) debba diventare
socia e con quale ruolo. L'ex presidente Franco Bassanini accusa Telecom
di investire troppo poco nella rete ottica fino alle case, il
presidente di Telecom Giuseppe Recchi e l'amministratore delegato Marco
Patuano replicano che gli investimenti stanziati sono più che
sufficienti per rispondere alla domanda di mercato. L'interrogativo,
comunque, rimane: è giusto che lo Stato, via Cdp, rientri nella società
ex monopolista, da cui uscì (malamente) nel 1997? Per fare che cosa? E
con quali poteri? Quesiti non irrilevanti, visto che, con una quota di
capitale ipotizzabile nel 10 per
Previsti 4 miliardi di investimenti in Brasile e 10 in Italia, 3 per la
fibra ottica
cento, la Cassa non avrebbe comunque il peso sufficiente per obbligare
la società a investire in iniziative senza un prevedibile, adeguato
ritorno. Altre domande ruotano intorno alla figura del nuovo azionista
di riferimento con il 15 per cento, Vincent Bolloré, il cui avvento
mette fine a un altro sogno telecomiano (secondo i più cattivi
«telecomico»): il sogno della public compam.
Convergenza francese l I patron di Vivendi — potente nella natia Francia
ma, diversamente dagli spagnoli di Telefonica, molto ben piazzato anche
nel sistema di potere made in Italy — sta muovendo le sue pedine per
accreditarsi come socio industriale e di lungo periodo. Secondo il top
management di Tele-com, Bolloré apportera un'esperienza mediatica
preziosa e del tutto coerente con il disegno di trasformare l'azienda in
un hub per la distribuzione dei contenuti televisivi premium.
Intervenendo alla presentazione di un tempestivo ebook sul finanziere
bretone («II nuovo re dei media europei», di Fiorina Capozzi), il
massmediologo Augusto Preta, che di Vivendi è stato a lungo consulente,
dice che la sua principale abilità è quella di prendere in mano progetti
mal combinati e
di trasformarli in imprese vincenti. Vedremo. Di certo Vivendi ha una
sua pay tv, Canal Plus, una major musicale, Universal, e una piattaforma
di video, Daily-motion e potrà alimentare l'offerta di Telecom Italia.
Quest'ultima, peraltro, sulla strada dei contenuti è già avviata:
nell'aprile scorso ha firmato un contratto con Sky e si appresta a
chiudere con Mediaset entro l'estate e con Netflix in autunno.
Tutte offerte destinate a clienti con banda ultralarga, cioè superiore
ai 30 mega. Diversamente da Sky, che ha sviluppato un proprio decoder,
l'azienda del Biscione si appoggerà alla piattaforma TimVision. Così,
prevedibilmente, farà anche Netflix, con cui sono in corso trattative
sul catalogo delle serie tv (tipo House of Cards). L'avvicinamento al
mondo dei contenuti, che vede impegnati anche altri operatori come
Vodafone, rappresenta il vero contrattacco delle telco nella ricerca di
nuove fonti di valore. La famosa «convergenza». Da tempo gli operatori
televisivi e di telecomunicazioni la preparano, ma oggi è una realtà,
spinta dalla più forte delle motivazioni: la paura. II timore di perdere
nuovo terreno a favore di Google e degli Over the top, i nuovi monopoli
del web. Se la rivoluzione non è un pranzo di gala, neppure la
convergenza lo sarà. Sarà un fenomeno dirompente. Da cui derivano nuove
sfide per tutti, regolatori compresi. È giusto, ad esempio, mantenere la
cosiddetta «asimmetria regolatoria» che, fino a ora, ha favorito gli
Over the top rispetto agli operatori telefonici? Bisogna togliere
vincoli ai secondi o aggiungerne ai primi? Fermandosi al presente, gli
accordi come quelli di Telecom e di Vodafone non sono in esclusiva, e
non dovrebbero creare problemi di concorrenza e danneggiare i clienti,
che semmai vedranno aumentare le possibilità di scelta. Le stesse
Authority dovranno probabilmente adeguarsi, da un punto di vista
organizzativo, al nuovo mercato convergente: quello che qualcuno chiama
il «mercato dell'attenzione».
giovedì 23 luglio 2015
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