La tv online che arriva in Italia a ottobre ha un mega-progetto con Cattleya (quelli di "Gomorra") per una fiction su malavita e politica (stile Mafia Capitale). Furibondi i rivali. La serie italiana di Netflix accende il duello con Sky e C. Contesa su Viale Mazzini. Gli americani vogliono l'esclusiva su Internet per i film di Rai Cinema: Murdoch reagisce. E il governo darà una mano alle emittenti italiane. What is Mafia Capitale? Ancora non sanno districarsi fra Massimo Carminati, Salvatore Buzzi, le coop rosse, ma gli americani di Netflix sanno inventare prodotti globali. Perché Netflix è la prima televisione globale, che poi non è neppure una televisione. Netflix trasmette soltanto online, e quindi ovunque. Non ha palinsesto, non ha telegiornali, non fa né pallone né varietà, ma fattura 5,5 miliardi di dollari. Entro la fine di ottobre debutta in Italia, periferia di un impero — assieme a Portogallo e Spagna — che arruola già 62 milioni di clienti (stime) in 50 Paesi.
What is Mafia Capitale? Così Riccardo Tozzi, presidente di Cattleya, l'aziendaitaliana che ha forgiato Gomorra, ha raccontato agli americani, più stupiti che ignari, l'inchiesta che ha scavato tra il mondo di mezzo, il mondo di sotto e il mondo di sopra: mazzette, delinquenti e politica. E sono gli stessi ingredienti adoperati per miscelare la serie Marseille con Gégé national, Gérard Depardieu, per servire ai francesi una pietanza tipica di Netflix, lacucina di House of cards,per citare un fenomeno internazionale. I dirigenti americani hanno contattato Cattleya per ragionare sul progetto da vetrina da almeno 20 milioni di dollari per una decina di puntate: un assaggio, nient'altro. E poi uno spavento, forse circoscritto oppure traumatico, chissà, per i padroni del mercato, Mediaset e Sky Italia. Tozzi conferma le trattative con Netflix (ci sono idee anche sul Vaticano), ma smentisce la furibonda reazione dei committenti tradizionali di Cattleya. Ora non è mica una profanazione presumere un fastidio di Mediasete C. se Tozzi porge agli invasori americani la testa creativa di Cattleya. Qui comanda il denaro, e il denaro sufficiente a Netflix — una società fondata da Reed Hastings e Marc Randolph per il noleggio di cassette e giochini — per piallare la concorrenza italiana equivale a un mucchietto di spiccioli. A chi celebra l'avvento degli americani con lo spirito critico di un azionista, però, sfugge un aspetto: la presunta moda Netflix è poco adatta al conservatore pubblico italiano. E poi esiste un aspetto più intrinseco del piano di Netflix: a Roma e dintorni ci ficcano una bandierina di un planisfero che ammirano dagli uffici di Los Gatos, contea di SantaClara, California; non sbattono contro l'inettitudine tecnologica italiana o contro le barricate che per istinto erigono Berlusconi e Murdoch. Vero: la connessione necessaria per guardare uno streaming di Netflix è modesta. Falso: una dignitosa connessione è a disposizione degli italiani. "Il nostro Paese ha sempre una posizione di arretratezza per la banda larga fissa. A fronte di una infrastruttura in linea con la media europea, il livello di penetrazione si presenta più basso, con il 51 per cento delle famiglie rispetto a una media europea del 70". Autore Marcello Cardani, garante dell'Autorità per le Comunicazione, relazione al Parlamento. Assorbite le premesse e sgonfiate le attese, va specificato che il margine di guadagno degli americani in Italia è molto basso, ma il rischio di danni per Mediaset e Sky Italia, sul fronte pubblico a pagamento, è più alto. E per una volta, forse, è meno rilevante la cifra editoriale degli attori in campo, ciascuno con le proprie eccellenze e le proprie carenze. Una caratteristica rinomata di Netflix è un algoritmo che studia il cliente, lo inghiotte e lo spedisce nel tortuoso archivio di 100 milioni di ore di serie tv originali (o d'epoca), lungometraggi, documentari e spettacoli. Poi c'è la comodità per l'utente: può sospendere o interrompere il rapporto senza penali occulte, può accedere a Netflix a casa, al mare, in viaggio, anche all'estero. Questa formula può drenare numerosi italiani che potranno sperimentare Netflix per un mese senza pagare un euro, ma inserendo la carta di credito, ovvio, che spesso è peggio di un anello nuziale. Con un anno di anticipo, Cologno Monzese ha sfoderato Infinity e la multinazionale di Murdoch ha lanciato Sky Online. Per Netflix l'ingresso in Italia è più accidentato che altrove: Mediaset ha l'esclusiva con Universal e Time Warner, e Sky ha un'offerta ampia di serie tv inclusa persino House of Cards. Per illustrare le differenze fra Infinity del Biscione e Netflix del magnate Hastings va rievocata una battuta di Pier Silvio Berlusconi: "Li abbiamo esaminati, seguiti e copiati". Con in ballo la contesa con Sky sul calcio, Mediaset è un po' passiva con Netflix, ma non distratta. È contento Fedele Confalonieri perché Netflix pagherà la percentuale Iva in Italia, nonostante la sede europea sia in Olanda. E Fidèl deve ringraziare il governo italiano che ha sostenuto la causa durante il semestre guidato da Matteo Renzi. In tema di televisioni, il fiorentino è sempre attivo. Confalonieri sarà ancora più soddisfatto quando scoprirà l'esito del tavolo di lavoro fra i ministeri per lo Sviluppo economia e Beni culturali che potrebbe agevolare la fabbrica televisiva italiana con una sforbiciata di tasse. Come consuetudine, l'opera di contrasto di Murdoch è più aggressiva, non è un uomo abituato a pareggiare. Darren Nielson, il direttore europeo per gli acquisti di Netflix, non riesce a chiudere l'accordo con Viale Mazzini per comprare i diritti per il secondo passaggio online (il primo è sul satellite di Sky) dei film distribuiti e finanziati da Rai Cinema. Gli emissari di Murdoch, per ridurre la cantina di Netflix, vogliono tutto. O minacciano di non prendere niente.
2 commenti:
mi sembra che quelli di Netflix stanno facendo un sacco di cazzate in Italia...Bho!
Paolo Giordano su IL GIORNALE:
Grandi manovre in vista. Arriva Netflix, lo spauracchio dei colossi tv perché è digitale ma non è televisivo, nel senso che trasmette solo online, senza tg o abbonamenti immodificabili. Nel mondo Netflix ha oltre 60 milioni di utenti e in autunno sarà operativa qui da noi e ha garantito neutralità negli equilibri tv in massiccio e silenzioso assestamento. Nessun confronto frontale. E nessuna produzione locale già in programma. In realtà, come ha rivelato al Fatto il presidente di Cattleya Riccardo Tozzi (il deus ex machina del Gomorra tv), Netflix ha intenzione di presentarsi al pubblico italiano con Mafia Capitale, una decina di puntate (budget intorno ai 20 milioni di euro) che vogliono raccontare al pubblico planetario l’accozzaglia di tangenti e intrallazzi che da mesi sconvolge Roma, la giunta Marino e tutto il cucuzzaro. Che dia fastidio a Sky e Mediaset è da verificare. Ma è uno stratagemma simile a quello che Netflix ha sfruttato in Francia con Marseille, serie griffata da Gerard Depardieu. Si tratta di un progetto destinato a diventare visibile in tutto il mondo tra almeno un anno quando, si pensa, la vicenda giudiziaria avrà almeno raggiunto il primo grado di giudizio (in Italia la giustizia è veloce come le connessioni internet, ossia lentissima). Ma, al di là dei gradi di giudizio, su questo biglietto da visita di Netflix il giudizio rimane sempre lo stesso: ma dell’Italia si parla solo per questo? Siamo ancora ai luoghi comuni del tipo «pizza, baffi neri, spaghetti e mandolino» che ci inseguono da decenni? Mafia Capitale è una inchiesta giudiziaria che molti autorevoli commentatori (bipartisan) ritengono inferiore al rilievo mediatico che si è conquistata. Ed è uno spregevole caso di malaffare comunque non distante da quelli che scoppiano ovunque. A differenza di Gomorra o, tornando a ritroso nel tempo, della Piovra, Mafia Capitale non sembra un sistema criminale con caratteristiche, sia endogene che ambientali, capaci di individuare e caratterizzare un territorio. È porcheria malavitosa, sia chiaro. Ma non ha codici e Dna esclusivi. E non è solo Cosa nostra, se passate il calembour. Bene, il messaggio di Netflix al mondo è che per presentarsi in Italia (e per presentare l’Italia al mondo) ci si debba aggrappare a Mafia Capitale. Come si riuscirà a costruire una storia di appeal globale partendo da mezze tacche come Carminati o Buzzi, non si sa. Non sono certo don Vito Corleone né, ci mancherebbe, il commissario Cattani de La Piovra. Saranno piuttosto l’espressione travisata di un luogo comune: che l’Italia sia solo questa roba qui. Un omaggio a un’inchiesta tutto sommato marginale nella storia di un Paese. E un torto tutto sommato grave alla realtà di un Paese che meriterebbe ben altri omaggi.
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