L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LA REPUBBLICA
Quel Trono di Spade che ci regala il passato perduto
"Un mese dopo l'esordio della quinta serie di Il
Trono di Spade la Hbo indaga sugli indirizzi IP che hanno scaricato in
anticipo i leaks delle prime quattro puntate: 100 mila download da
piattaforme corsare sono un indicatore di conquista della frangia
avanzata dell'audience globale, accentuano la tendenza delle stagioni
precedenti, scaricate illegalmente oltre sette milioni di volte,
confermano Il Trono di Spade una delle serie televisive più piratate della storia. A sua volta, la produzione commerciale incrementa esponenzialmente i
suoi numeri: solo in America la prima puntata della quinta serie ha
avuto oltre 8 milioni di spettatori, un milione e rotti in più rispetto
alla quarta serie, che aveva a sua volta migliorato gli ascolti delle
precedenti. Tra legalità e pirateria lo spazio virtuale premia nel
Trono di Spade una narrazione che allarga il suo target non
semplificando ma complicando, raffinando, eludendo le disambiguazioni. I
personaggi crescono in complessità, accrescono le loro sfumature
caratteriali. La distinzione tra buoni e cattivi e la stessa polarità
tra bene e male, che stava al cuore gotico-fantasy dei libri di George
Martin da cui è tratta, è più esile nello script televisivo, che diffonde ambiguità e sofisticatezza in un bacino di utenza che accomuna gli abbonati Sky
e la fascia underground dell'avanguardia acculturata.A questi due
gruppi si aggiunge un terzo partito: i dotti hanno fatto del Trono di
Spade la palestra di uno scambio erudito che ormai valicai confini del
web e i limiti dei fan club, passa alle università e ai centri di
ricerca, fa ritornare il pixel alla carta, rimette nelle biblioteche la
mappa di un passato immaginario che si sostituisce a quello reale ormai
in corso di oblio. La verità è che non abbiamo più passato. Nella
microstruttura delle news, dei tweet, dei post, nelle fibre della
comunicazione istantanea, il mondo è fatto di presente. Non è una colpa -
è un dato evolutivo, forse anche eversivo. Il rarefarsi e interrompersi
della catena di trasmissione del sapere, sperimentato dall'occidente a
partire dalla metà del Novecento, ha portato alla tabula rasa. «Du passé
faisons table rase», cantava già nell' Internazionale il comunardo
Pottier. La pressoché totale perdita del passato è forse conseguenza del
discredito ideologico delle dottrine novecentesche più che della
rivoluzione mediatica del terzo millennio, che comunque, modificando i
mezzi di accesso all'informazione, ha assecondato ed elevato a potenza
la crisi di quelli tradizionali. Il passato, svuotato di informazioni, è
rimasto come status. È la profondità abissale di un'antichità favolosa
che legittima e dà prestigio. L'obiettivo del Trono di spade è
rappresentare il passato assente. Proprio come gli oggetti letterari
del passato, i nomi dei luoghi del Trono di Spade sono resi più saldi
alla memoria dall'estraneità all'esperienza, dalla non visitabilità:
King's Landing, Winterfell, Castelry Rock esistono quanto la Elsinore di
Amleto o il Palazzo di Menelao del Faust secondo. Svuotandosi di
fondamento geostorico, il passato rimane come distanza assoluta e come
infinita possibilità di ibridazione. Nei nomi dei personaggi risuonano
radici latine e barbariche, sassoni e celtiche, semitichee sanscrite,
greche, slave, bizantine, iraniche, mesopotamiche, mongole. Come la
sconfinata, spaesaente onomastica del Trono di Spade ha colonizzato lo
spazio lasciato vuoto dal passato, così l'intero sillabo della
letteratura classica è sciorinato in immagini, suoni, costumi. Frammenti
di tradizioni e leggende, schegge di miti e saghe vorticano come in un
caleidoscopio o nella playlist di un dj impazzito. Il mondo greco e
quello romano e quello bretone; il crepuscolo nordico, nel disperato
scenario wagneriano della Barriera; i caftani degli eunuchi bizantini, i
nodi dei sacerdoti isiaci, le corone dei romani, le asce dei vichinghi,
gli elmi dei saraceni: ogni dettaglio è frutto di un'arte combinatoria
esercitata su una disponibilità senza precedenti di dati di studio, solo
parzialmente integrata dalla fiction creativa. La forza di
persuasione di questa base dati sta nell'antico espediente della
comunicazione non scritta. E certo anche nel suo fondamento archetipico.
La topografia fantastica del Trono di Spade ricalca l'esile traccia
lasciata dalla storia universale nell'inconscio collettivo: la Penisola
di Valyria, antico splendore in rovina; la Baia degli Schiavisti,
ingiustizia sociale da sconfiggere; le città libere - Braavos, Pentos,
Volantis - aperte ai dotti, agli esteti e agli eccentrici; la Barriera,
da presidiare e difendere, sul ciglio delle tenebre, dall'invasione di
nuovi popoli, nuovi diseredati: i Bruti, che gli stessi Guardiani della
Notte via via però assorbono; la Terra delle Ombre, da cui non cessano
di emergere infiniti altri popoli: gli Estranei, i non vivi, ancora
neppure soggetti di storia. Le popolazioni al di là della Barriera sono
un'aggiunta tardonovecentesca al calderone degli archetipi e dei miti
del filone fantasy alla Tolkien: l'idea di un continuo affollarsi sugli
spalti della storia, di un ciclico pre mere sui bordi della società di
nuove classi subalterne. Un altro apporto nuovo è il mondo di Khaleesi,
regina dei Dothraki, Madre dei Draghi dai capelli di cenere, ultima
discendente dell'estenuata dinastia iperborea che contende a re più
celtici il trono di spade. Secondo i dati della Social Security
Administration americana, Khaleesi è diventato oggi un nome di battesimo
straordinariamente diffuso. Nella sua avanzata attraverso il deserto,
Khaleesi resuscita la memoria del matriarcato, insinua la promessa della
supremazia femminile. Il mondo dothraki, l'unico tendenzialmente
democratico nel gioco dei troni, riverbera la complessità degli orienti
assolati, delle civiltà meticce, supera l'insieme di pregiudizi con cui
guardiamo oggi all'islam. Lo dimostra anche la sua neolingua fittizia,
appartenente al ceppo semitico e dall'ampio influsso arabo, ormai una
lingua viva. Living language: Dothraki è anche un sito, le sue
espressioni sono diventate modi di dire diffusi in tutto il web. L'obiettivo del Trono di spade è rappresentare il classico mancante. Si
diventa un classico solo con il prestigio del passato. Il passato in cui
ci porta è un punto indefinito della caduta dell'impero romano. Come
scriveva Borges: «L'impero romano non è mai finito e ci troviamo in un
punto qualunque della sua decadenza e caduta». Come per il ciclo
arturiano, così per ogni costruzione di mondi, da Tolkien a Blade Runner
, il riferimento è quell'indefinita continuazione dell'impero alla fine
della decadenza che chiamiamo Medio Evo tanto fantasiosamente quanto si
può chiamare Terra di Mezzo la cosiddetta cerniera tra criminalità
organizzata e colletti bianchi dell'inchiesta su Mafia Capitale. C'è
sempre un eufemismo, una censura, quando si parla di cose di mezzo. La
storia, come la geografia, definisce, delimita, non ha vie di mezzo: un
tempo, un luogo, o sono una cosa, o sono un'altra; lineare, circolare,
dialettico, il divenire storico comunque diviene. Ripetiamo Medio Evo
quando parliamo di cose che non capiamo o che non vogliamo che esistano,
o tutte e due insieme. I nostri luoghi comuni dominanti si nutrono di
una definizione "medievale" del mondo islamico a significare,
alternativamente, l'arretratezza civile, sociale, economica della sua
storia postcoloniale, o la brutalità delle guerre che vi scateniamo. Ma
non esiste il Medio Evo, né esistono i secoli bui: esiste l'antico, con
le sue persistenze, rinascenze, resistenze oscurantiste; ed esiste il
moderno, con le sue rivoluzioni e le sue barriere, sociali, etniche,
geografiche. Il Medio Evo è la rappresentazione irreale, puramente
astratta, della dialettica tra l'antico e il moderno, la sua
materializzazione in un territorio immaginario di castelli e duelli. È
un'ossessione continuamente emessa, ridefinita e ricreata dalla psiche
collettiva e dai suoi interpreti: che sono, prima ancora dei vari autori
e sceneggiatori, i molti, diversi e avventurosi spettatori del Trono di
Spade". (Silvia Ronchey)
sabato 30 maggio 2015
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