Articolo di Giuseppe Bottero per "La Stampa"
La corsa di Netflix non è finita: partito negli Stati
Uniti, il servizio che fornisce video online in abbonamento continua a
fare rotta sull’Europa e si prepara a fissare la sua bandierina sui
Paesi dell’Estremo Oriente. La
società, già presente in Gran Bretagna, Paesi Bassi e Scandinavia, a
settembre è sbarcata anche in Francia, Germania, Austria e Svizzera.
All’appello manca l’Italia, ma il gruppo con sede a Los Gatos,
California, sta accelerando: sul sito ufficiale, infatti, è comparso un
annuncio per la ricerca di “language specialist” nel nostro Paese. Si
tratta di traduttori che hanno il compito di riadattare i film e le
serie tv distribuite dal portale, che dal prossimo anno inizierà anche a
produrre lungometraggi. Posizioni aperte anche per Spagna, Polonia,
Ungheria, Vietnam, Giappone e nell’area araba. La data da cerchiare in rosso non c’è ancora, ma
secondo quanto anticipato a inizio settembre da “La Stampa” il colosso
dello streaming, che ha oltre 50 milioni di abbonati di cui circa 35
milioni solo negli Usa, dovrebbe presentarsi agli utenti italiani nel
2015, e starebbe lavorando a un’alleanza con Telecom. Restano
da sciogliere alcuni nodi: uno è legato all’acquisizione dei diritti
sul mercato italiano, particolarmente affollato. Per far breccia nel
pubblico di massa, poco avvezzo a guardare film e serie in lingua
originale con i sottotitoli, occorrerà inoltre un solido pacchetto di
opere doppiate, che richiede un investimento maggiore. Nonostante
le rassicurazioni, anche quello della Banda Larga rimane un capitolo
complesso: secondo uno studio della “Lombardia Film Commission”,
infatti, solo il 55% delle abitazioni nazionali dispone di collegamenti
teoricamente adeguati a supportare il carico necessario per fruire di
Netflix. La media europea, in base alle rilevazioni Eurostat, è del 72%.
Si tratta, in ogni caso, di dossier che i manager di Reed Hasting,
cinquantaquattrenne Ceo di Netflix, stanno studiando da tempo. Prima di
uscire dai confini americani la società ha riflettuto a lungo, e finora
non ha sbagliato una mossa: per Hasting il duro («Ha un quoziente
intellettivo pari a zero, ma è l’amministratore delegato più brillante
che abbia mai incontrato», racconta, perfida, la biografa Gina Keating)
parlano i numeri. Il gruppo, infatti, ha chiuso il secondo trimestre del
2014 con un utile netto di 71 milioni di dollari a fronte dei 29,5
milioni dello stesso periodo dell’anno scorso.
1 commento:
se davvero sbarcasse, sarebbe la fine di Sky e Mediaset
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