martedì 25 maggio 2010

LA VITA E' UNA COSA SERIAL - “RIS”, tutte le strade dei telefilm portano a Roma
Non dite ai vertici della Lega Nord che il popolare “RIS” di Parma si è trasferito, almeno telefilmicamente, all’ombra del Cupolone. Al momento di andare in stampa stranamente nessuno degli esponenti del Carroccio si è indignato per la partenza di “RIS: Roma” e la chiusura della serie originale girata nel parmense. Eppure, il cambio di città poteva presupporre una qualche indignazione d’orgoglio padano. Non si tratta in effetti di uno spin-off vero e proprio come il quasi contemporaneo – relativamente alla trasmissione italiana – “NCIS”, che ha aperto una succursale nella più scontata Los Angeles. Tant’è che la produzione italica considera il “trasferimento” romano come la “sesta stagione” di questo fac simile di franchising. Qui si tratta di un vero e proprio smantellamento, con solo due personaggi “sopravvissuti” (agli ascolti in flessione) che permangono nel tentativo di rivitalizzare l’interesse scemato. Impresa non facile, a dire il vero: a fronte di una polizia scientifica che nella realtà dei grandi casi italiani degli ultimi anni ha scoperto ben poco di risolutivo (vedi Cogne, Perugia, Garlasco…), pure il mitico Luciano Garofalo a capo dei (veri) RIS ha mollato il colpo per dedicarsi a consulenze private e ospitate televisive. E così uno dei pochi (pochissimi) telefilm non ambientato a Roma ha ceduto al richiamo della Lupa. Povero tenente Venturi, povero Flaherty, che ha sommessamente protestato per la distruzione del DNA del suo personaggio. Strano destino avverso quello delle serie tv “alla larga da Roma”: mi vengono in mente lo sperimentale “48 ore” (2006), girato a Genova (bensì con la presenza romana garantita di Claudio Amendola), sospeso come un camallo con i suoi echi evidenti di “24” e “Senza traccia”; il più meritevole “Il Bene e il Male” (2009), con Gianmarco Tognazzi sotto la Mole Antonelliana, soppresso ad interim; il “volemo fà Carrie e Samantha di SATC” a Milano di “Amiche mie” (2008), con una delle quattro protagoniste, comunque, in fuga da Roma; la recente debacle dei salumieri “Fratelli Benvenuti” di Massimo Boldi&Co., tagliati a fettine sottili dall’Auditel nel loro centro commerciale del Nord. Altro che delocalizzazione, altro che federalismo: nei telefilm italiani, piaccia o meno, vige il motto “Roma Padrona”. Che sia il sintomo di una mancanza di incentivi economici? Il cinema italiano, al contrario, sembra conoscere una lieve inversione di tendenza: vedi “Io sono l’amore”, con Tilda Swinton sulle guglie del Duomo di Milano, a fianco della Madunina. Chissà come son fischiate le orecie al Ministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, che alcuni mesi fa ha lanciato strali sulle fiction nostrane, adducendo che “parlano tutti in romanesco, è una cosa insopportabile”! Strano che la Lega, solitamente sensibile a quanto passa sul piccolo schermo, si sia distratta su “RIS: Roma”. Scintilla ancora negli annali quando Umberto Bossi in persona espresse la sua indignazione per il bacio lesbo tra Ally McBeal (Calista Flockhart) e Ling Woo (Lucy Liu) trasmesso dalla Rai all’ora di cena, chiedendo le dimissioni dell’allora presidente Roberto Zaccaria: peccato che si trattasse della riproposizione di “Blob” di una sequenza del telefilm in onda il giorno prima su Canale 5 nella fascia protettissima del day-time. A ben vedere, ora per le strade della Capitale si rischia l’ingorgo: tra Trastevere, il Tuscolano e la Garbatella, è tutto di un via-vai di medici, poliziotti, investigatori della scientifica: se un Cesaroni si rollasse una canna, rischierebbe di venire fermato da uno di “Distretto di polizia”, per poi venir esaminato da capo a lingua da una dei “RIS”. Se poi avesse dato inavvertitamente fuoco alla casa nel tentativo di nascondere il cannone, magari verrebbe salvato da un vigile del fuoco di una serie di prossima produzione…(sperando che si realizzi in tempo!) e portato a farsi controllare in uno delle decine di ospedali dove in corsia si fa tifo per Totti. Ma forse è meglio così. Vuoi mettere un telefilm girato al Nord, magari intitolato “Ecopass: Zona 15”, sull’aria di “sapessi com’è strano, incontrarsi al coprifuoco di Via Padova, a Milano…”? (Articolo di Leo Damerini pubblicato sul Telefilm Magazine di Maggio)

4 commenti:

elenoire ha detto...

assolutamente d'accordo, non se ne può più delle fiction romano-centriche romano-foniche

marcone ha detto...

se non fosse per noi romani, le fiction in tv non ci sarebbero...!!!

perseo ha detto...

parole sante!

perseo ha detto...

scusate, parole sante quelle di Damerini, non di marcone!

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