Articolo di Stefano Carli su "Affari&Finanza" di oggi.
"Rivoluzione in casa Mediaset. E non è solo Fedele Confalonieri che cita gli Inti Illimani (e indirettamente il Che, come gli ha fatto notare Franco Bernabè mercoledì scorso alla presentazione dello stato dell’arte dello switch off del digitale terrestre). C’è molto di più. Mediaset ha deciso che il suo futuro è la pay tv. Che deve accelerare, e pure in fretta. Insomma, deve convincere sempre più gli italiani a mettersi le mani nelle tasche da soli per pagare un numero crescente di contenuti tv: film, sport, serie tv ed eventi. Non solo: si è convinta che questo futuro passa per Internet e senza bisogno di fare accordi con Telecom Italia. La cosa è partita in silenzio lo scorso luglio, quando da Cologno Monzese è stata discretamente inviata ad alcune tra le maggiori società di consulenza strategica la richiesta di proporre un progetto sulla base di uno schema molto dettagliato di quello che il Biscione vuole fare nei prossimi 12 mesi: di qui a novembre 2010. Stando ai ‘si dice’ il progetto è già stato assegnato e da alcune settimane gli uomini di Accenture stanno mettendo a punto il piano per far sbarcare Mediaset su Internet. E ci sarebbe anche un nome più o meno ufficiale: Cube. Gli obiettivi sono molto ambiziosi (e sono spiegati in dettaglio nell’articolo in basso) e se tutto andrà come nei piani avranno un forte impatto sullo scenario italiano dei media e delle tlc. Ma l’obiettivo numero uno è quello di rafforzare Premium, l’offerta a pagamento di Mediaset sul digitale terrestre. Si tratta da una parte di rafforzare la fedeltà degli utenti già acquisiti, dall’altra di conquistarne dei nuovi. E per questo viene ritenuto strategico integrare i canali televisivi con un’offerta di tv on demand via Web. Un’offerta su cui ci sono già le idee chiare: due le linee fondamentali. La prima è la cosiddetta catch up tv: una specie di videoregistratore online. Gli utenti potranno richiedere la visione di un qualsiasi programma trasmesso dai palinsesti Mediaset, in chiaro o a pagamento. La seconda è la proposizione di un catalogo di contenuti (film, serie tv) da cui poter ‘pescare’ a piacimento in qualsiasi momento. E c’è anche una fase due, un po’ più in là nel tempo: realizzare una specie di vero e proprio iPod online per la tv. Gli utenti dovranno poter creare una propria playlist di contenuti, organizzarli e riceverli a casa, o magari anche sul cellulare, come se fossero un vero e proprio canale tv virtuale. Condizione esplicitamente scritta nel piano è che tutto questo viaggi su Internet sì, ma su una rete a banda larga «unmanaged», ossia non gestita. Ossia senza fare accordi con le telecom. Il passaggio merita una chiosa. Mediaset potrebbe fare queste stesse cose sulla rete Iptv di Telecom Italia o di Fastweb oppure di Wind. Le telecom ci hanno sperato a lungo e hanno infatti ripetutamente bussato alla porta del Biscione per offrire di gestire la catch up tv. E non sarebbe stata nemmeno un’offerta dell’uno a esclusione degli altri concorrenti. Telecom, Fastweb e Wind da alcuni mesi vanno di conserva. Hanno capito che per sviluppare l’Iptv non conviene farsi concorrenza in questa fase. Ma Mediaset vuol fare da sola. Se mettesse il suo potenziale di marketing sull’Iptv potrebbe fruire di una rete a banda larga di buona qualità e soprattutto di qualità garantita (dalle telecom). Preferisce invece andare da sola. Si possono ipotizzare per questo ragioni diverse. Potrebbe aver pesato l’idea di non dover lasciare neanche una quota minima di ricavi alle telecom come avviene nella Iptv con il modello del revenue sharing in cambio del trasporto del segnale a qualità garantita. O magari Mediaset ha pensato di adottare il modello britannico del progetto Canvas che presuppone un certo scetticismo sul futuro della Iptv. Potrebbe invece aver prevalso la prospettiva di non dover condividere con le telecom i i profili di consumo degli utenti che verrà man mano a scoprire in base ai programmi che ciascuno comprerà. Profili che valgono oro se venduti al mercato pubblicitario. Ma il modello britannico è comunque un modello di sistema, che mette assieme tutti gli operatori e che creerà uno standard condiviso. Perché Mediaset si accolla tutti i rischi di procedere da sola? Potrebbe far gioco la vecchia strategia di fare la lepre, impostare il proprio standard e poi imporlo agli altri grazie alla sua forza di mercato e al suo peso politico e la soggezione della politica italiana alla tv (e a Berlusconi) per cui le leggi e le norme hanno sempre ratificato a posteriori lo stato di fatto. Ma stavolta il rischio è grosso. Senza il coinvolgimento delle telecom, di Telecom Italia, di Fastweb, di Wind, di Vodafone, la rete potrebbe collassare, se il progetto Cube avesse successo, così come è collassata quella britannica dopo che la Bbc ha messo online i suoi palinsesti. La sola grande certezza è che Mediaset ha fretta. E tanta. Perché? Forse perché lo scenario del mercato tv è radicalmente mutato e le sta sfuggendo di mano. Non è un mistero che Mediaset abbia spinto con forza per accelerare il passaggio al digitale terrestre nella speranza di riuscire a ‘governare’ il trasloco del duopolio sulla nuova piattaforma. Ma l’innovazione, così come il mercato, quando è quello vero, non sono facili da indirizzare e controllare così come è stato fatto per quasi un trentennio con il vecchio settore tv: chiuso nei confini nazionali, a basso livello tecnologico e soprattutto governato da una politica sempre molto sensibile alle ‘esigenze’ dell’impero mediatico della famiglia Berlusconi. Accade così che i nuovi canali si stanno moltiplicando in modo ancora più rapido di quanto previsto e accelerano la frantumazione dell’audience. E accade poi, come ha recentemente ricordato il presidente Paolo Garimberti, che nelle zone già passate al digitale la Rai stia riguadagnando ascolti. E intanto il satellite di Sky continua a crescere nelle rilevazioni Auditel e perfino La7 passa sempre più spesso la quota del 5% di share, cosa che prima accadeva ad ogni morte di papa. E soprattutto, quel che fa più paura a Cologno Monzese, si fa sempre più fatica a portare in cassa i ricchi investimenti in spot dei prodotti di fascia medio alta. Insomma, se non fosse per la ‘moral suasion’ prodotta dal solo nome ‘Berlusconi’, di spot di Mercedes e Bmw per dire sui canali del Biscione se ne vedrebbero sempre di meno: stanno già ora tutti spostandosi verso Sky. Un’altra ragione non secondaria va poi ricercata nel prossimo sviluppi del mercato tv: l’alta definizione. Quella attuale, che però non ha avuto grande successo, viaggia anche sul digitale terrestre. Ma la prossima, quella su cui sta scommettendo l’industria mondiale della produzione video, quasi certamente no. Già si fanno i primi test di 4K e anche di 8 K. Le sigle sono semplicissime: vogliono dire rispettivamente 4 volte e 8 volte lo standard dell'alta definizione attuale. A quanto se ne sa oggi potranno andare solo via satellite o Iptv. Il futuro, insomma, va sempre più verso la Rete. Ed è un futuro per il quale Mediaset non vuole pagare dazi a nessuno. E soprattutto non vuole aspettare i tempi lenti di ogni progetto di sistema in Italia. In questi casi farebbe gioco avere accanto una Rai meno letargica di quella prodotta dallo spoil sistem berlusconiano. Ma tant’è: non si può avere tutto. Intanto però questa strategia di Mediaset fa probabilmente giustizia in modo definitivo delle ipotesi di un suo interesse diretto alla rete di Telecom Italia".
"Rivoluzione in casa Mediaset. E non è solo Fedele Confalonieri che cita gli Inti Illimani (e indirettamente il Che, come gli ha fatto notare Franco Bernabè mercoledì scorso alla presentazione dello stato dell’arte dello switch off del digitale terrestre). C’è molto di più. Mediaset ha deciso che il suo futuro è la pay tv. Che deve accelerare, e pure in fretta. Insomma, deve convincere sempre più gli italiani a mettersi le mani nelle tasche da soli per pagare un numero crescente di contenuti tv: film, sport, serie tv ed eventi. Non solo: si è convinta che questo futuro passa per Internet e senza bisogno di fare accordi con Telecom Italia. La cosa è partita in silenzio lo scorso luglio, quando da Cologno Monzese è stata discretamente inviata ad alcune tra le maggiori società di consulenza strategica la richiesta di proporre un progetto sulla base di uno schema molto dettagliato di quello che il Biscione vuole fare nei prossimi 12 mesi: di qui a novembre 2010. Stando ai ‘si dice’ il progetto è già stato assegnato e da alcune settimane gli uomini di Accenture stanno mettendo a punto il piano per far sbarcare Mediaset su Internet. E ci sarebbe anche un nome più o meno ufficiale: Cube. Gli obiettivi sono molto ambiziosi (e sono spiegati in dettaglio nell’articolo in basso) e se tutto andrà come nei piani avranno un forte impatto sullo scenario italiano dei media e delle tlc. Ma l’obiettivo numero uno è quello di rafforzare Premium, l’offerta a pagamento di Mediaset sul digitale terrestre. Si tratta da una parte di rafforzare la fedeltà degli utenti già acquisiti, dall’altra di conquistarne dei nuovi. E per questo viene ritenuto strategico integrare i canali televisivi con un’offerta di tv on demand via Web. Un’offerta su cui ci sono già le idee chiare: due le linee fondamentali. La prima è la cosiddetta catch up tv: una specie di videoregistratore online. Gli utenti potranno richiedere la visione di un qualsiasi programma trasmesso dai palinsesti Mediaset, in chiaro o a pagamento. La seconda è la proposizione di un catalogo di contenuti (film, serie tv) da cui poter ‘pescare’ a piacimento in qualsiasi momento. E c’è anche una fase due, un po’ più in là nel tempo: realizzare una specie di vero e proprio iPod online per la tv. Gli utenti dovranno poter creare una propria playlist di contenuti, organizzarli e riceverli a casa, o magari anche sul cellulare, come se fossero un vero e proprio canale tv virtuale. Condizione esplicitamente scritta nel piano è che tutto questo viaggi su Internet sì, ma su una rete a banda larga «unmanaged», ossia non gestita. Ossia senza fare accordi con le telecom. Il passaggio merita una chiosa. Mediaset potrebbe fare queste stesse cose sulla rete Iptv di Telecom Italia o di Fastweb oppure di Wind. Le telecom ci hanno sperato a lungo e hanno infatti ripetutamente bussato alla porta del Biscione per offrire di gestire la catch up tv. E non sarebbe stata nemmeno un’offerta dell’uno a esclusione degli altri concorrenti. Telecom, Fastweb e Wind da alcuni mesi vanno di conserva. Hanno capito che per sviluppare l’Iptv non conviene farsi concorrenza in questa fase. Ma Mediaset vuol fare da sola. Se mettesse il suo potenziale di marketing sull’Iptv potrebbe fruire di una rete a banda larga di buona qualità e soprattutto di qualità garantita (dalle telecom). Preferisce invece andare da sola. Si possono ipotizzare per questo ragioni diverse. Potrebbe aver pesato l’idea di non dover lasciare neanche una quota minima di ricavi alle telecom come avviene nella Iptv con il modello del revenue sharing in cambio del trasporto del segnale a qualità garantita. O magari Mediaset ha pensato di adottare il modello britannico del progetto Canvas che presuppone un certo scetticismo sul futuro della Iptv. Potrebbe invece aver prevalso la prospettiva di non dover condividere con le telecom i i profili di consumo degli utenti che verrà man mano a scoprire in base ai programmi che ciascuno comprerà. Profili che valgono oro se venduti al mercato pubblicitario. Ma il modello britannico è comunque un modello di sistema, che mette assieme tutti gli operatori e che creerà uno standard condiviso. Perché Mediaset si accolla tutti i rischi di procedere da sola? Potrebbe far gioco la vecchia strategia di fare la lepre, impostare il proprio standard e poi imporlo agli altri grazie alla sua forza di mercato e al suo peso politico e la soggezione della politica italiana alla tv (e a Berlusconi) per cui le leggi e le norme hanno sempre ratificato a posteriori lo stato di fatto. Ma stavolta il rischio è grosso. Senza il coinvolgimento delle telecom, di Telecom Italia, di Fastweb, di Wind, di Vodafone, la rete potrebbe collassare, se il progetto Cube avesse successo, così come è collassata quella britannica dopo che la Bbc ha messo online i suoi palinsesti. La sola grande certezza è che Mediaset ha fretta. E tanta. Perché? Forse perché lo scenario del mercato tv è radicalmente mutato e le sta sfuggendo di mano. Non è un mistero che Mediaset abbia spinto con forza per accelerare il passaggio al digitale terrestre nella speranza di riuscire a ‘governare’ il trasloco del duopolio sulla nuova piattaforma. Ma l’innovazione, così come il mercato, quando è quello vero, non sono facili da indirizzare e controllare così come è stato fatto per quasi un trentennio con il vecchio settore tv: chiuso nei confini nazionali, a basso livello tecnologico e soprattutto governato da una politica sempre molto sensibile alle ‘esigenze’ dell’impero mediatico della famiglia Berlusconi. Accade così che i nuovi canali si stanno moltiplicando in modo ancora più rapido di quanto previsto e accelerano la frantumazione dell’audience. E accade poi, come ha recentemente ricordato il presidente Paolo Garimberti, che nelle zone già passate al digitale la Rai stia riguadagnando ascolti. E intanto il satellite di Sky continua a crescere nelle rilevazioni Auditel e perfino La7 passa sempre più spesso la quota del 5% di share, cosa che prima accadeva ad ogni morte di papa. E soprattutto, quel che fa più paura a Cologno Monzese, si fa sempre più fatica a portare in cassa i ricchi investimenti in spot dei prodotti di fascia medio alta. Insomma, se non fosse per la ‘moral suasion’ prodotta dal solo nome ‘Berlusconi’, di spot di Mercedes e Bmw per dire sui canali del Biscione se ne vedrebbero sempre di meno: stanno già ora tutti spostandosi verso Sky. Un’altra ragione non secondaria va poi ricercata nel prossimo sviluppi del mercato tv: l’alta definizione. Quella attuale, che però non ha avuto grande successo, viaggia anche sul digitale terrestre. Ma la prossima, quella su cui sta scommettendo l’industria mondiale della produzione video, quasi certamente no. Già si fanno i primi test di 4K e anche di 8 K. Le sigle sono semplicissime: vogliono dire rispettivamente 4 volte e 8 volte lo standard dell'alta definizione attuale. A quanto se ne sa oggi potranno andare solo via satellite o Iptv. Il futuro, insomma, va sempre più verso la Rete. Ed è un futuro per il quale Mediaset non vuole pagare dazi a nessuno. E soprattutto non vuole aspettare i tempi lenti di ogni progetto di sistema in Italia. In questi casi farebbe gioco avere accanto una Rai meno letargica di quella prodotta dallo spoil sistem berlusconiano. Ma tant’è: non si può avere tutto. Intanto però questa strategia di Mediaset fa probabilmente giustizia in modo definitivo delle ipotesi di un suo interesse diretto alla rete di Telecom Italia".
9 commenti:
è il primo passo dell'eutanasia della tv generalista...
Era ora! Ormai vedere i telefilm su Mediaset è impossibile
concordo
Possibile che nessuno dica che per vedere Mediaset Premium c'è bisogno, oltre che della tv con l'entrata per il digitale terrestre, anche della fantomatica CAM, che costa ben 70 euro? E' uno scandalo che le associazioni dei consumatori non dicano nulla...è tutto un magna magna...W SKY!
concordo con carletto, è una truffa bella e buona!
meno male che me l'avete detto...nel weekend volevo abbonarmi, ma al costo di 70 euro se lo scordano...trovo incredibile però che quando compri una tv con l'ingresso dtt nessuno te lo dica, io l'ho comprata un mese fa e ho chiesto, mi hanno detto che bastava inserire la scheda, ma non è così evidentemente...che fragatura!
jimmy
è solo una fregatura per far pagare di più: non ti dicono che devi comprare la CAM e tel fanno semplice...secondo me c'è un giro dietro con i rivendiotori di CAM, fatto sta che quasi nessun giornale ne ha parlato, anche per il fatto che i giornali ormai scrivono di cose di cui non sanno un cazzo, "ammaestrati" come sono dal Padrone di turno...è uno schifo
70 euro? Mediaset Premium non mi vedrà mai (e io non vedrò mai lei...)
W SKY
abbasso Mediaset Premium (la cui programmazione, diciamolo, fa pena)
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