CORRIERE DELLA SERA
Altro che i telefilm, il bullismo a scuola non dipende da loro
"Il bullismo a scuola c' è ed è un male sociale piuttosto diffuso. Ma non è tutta colpa della tv, come di solito si crede. Bullismo viene da «bullo» che significa prepotente, teppistello, manesco e di bulli ce ne sono sempre stati. A scuola come nella vita. Basta rileggere una famosa pagina di «Cuore» di Edmondo De Amicis per stamparsi un ritratto immortale del fenomeno: «Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del Re, e Franti rise. Io detesto costui. E' malvagio. Quando viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figliuolo, egli ne gode; quando uno piange, egli ride. Trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo, tormenta Crossi perché ha il braccio morto; schernisce Precossi, che tutti rispettano; burla perfino Robetti, quello della seconda, che cammina con le stampelle per aver salvato un bambino. Provoca i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s' inferocisce e tira a far male. Ci ha qualcosa che mette ribrezzo su quella fronte bassa, in quegli occhi torbidi, che tien quasi nascosti sotto la visiera del suo berrettino di tela cerata. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno, si porta a scuola degli spilloni per punzecchiare i vicini...». Nei comportamenti di Franti si riconoscono infatti gli atteggiamenti tipici del deviante, dell' adolescente problematico, delle sopraffazioni in classe. La definizione di bullismo si richiama all' inglese bullying, indica cioè la messa in atto di una serie di episodi di reiterata, squilibrata e intenzionale prevaricazione a danno di coetanei che si sviluppano in ambiente scolastico tra soggetti di età compresa tra i 6 e i 19 anni e per la maggior parte in contesti di gruppo o di branco: mobbing in età evolutiva. Forte con i deboli, irrispettoso dell' autorità scolastica, Franti incarna anche fisicamente (fronte bassa, occhi torbidi), anzi fisiognomicamente, il modello del prevaricatore. La sua dettagliata descrizione in un romanzo di metà Ottocento ne fa una significativa immagine di proto-bullo, rassicurandoci sul fatto che l' emergenza educativa e i numerosissimi episodi di bullismo giovanile che in questi mesi hanno catturato l' interesse dell' occhio televisivo e occupato le pagine dei quotidiani non rappresentano un' esclusiva prerogativa delle giovani generazioni d' oggi. Il racconto di Franti ci spinge a qualche riflessione di ordine pedagogico: se in «Cuore» la sua vicenda si chiude definitivamente con l' allontanamento dalla scuola (con grande sollievo del diligente Enrico Bottini), gli episodi che in tempi recenti hanno visto protagonisti adolescenti dediti ad atti di bullismo e azioni al limite della legalità hanno scatenato una molteplicità di domande e riflessioni da parte degli educatori. Si sono chiesti come interpretare il fenomeno, e come porvi un freno anche con punizioni creative, messi di fronte a un fatto nuovo: la crescente mediatizzazione della sfera pubblica e della società ha reso quasi inevitabile l' estendersi del fenomeno bullismo anche al campo dei media, sempre più presenti nella vita dei più giovani. Il bullismo tradizionale si è dunque adeguato ai new media, alla crescente disponibilità di tecnologia digitale ad ampia accessibilità, che permette facilmente di produrre filmati con un oggetto di consumo di massa come il telefonino e di metterli in rete su siti come YouTube e Myspace. L' interattività e il profilo di un' utenza sempre più partecipe del contenuto offerto dai media è caratteristica del periodo della storia dei media che John Ellis ha definito età dell' abbondanza. Il cyberbullying è un fenomeno recente che ha avuto come diretta conseguenza la sovraesposizione in ambito mediale del mondo adolescenziale, sempre rappresentato nella sua dimensione più problematica e violenta soprattutto da generi televisivi improntati al realismo, come l' informazione e il talk show. Diventa dunque interessante chiedersi come si comporta un medium tradizionale come la tv nel mettere in scena l' adolescenza, con tutto il suo portato di nodi problematici e comportamenti difficili, e ancora domandarsi se la modalità di tale messa in scena può condizionare il comportamento dei teenager e incidere sul loro immaginario. La risposta che danno gli specialisti è molto interessante e per certi versi sorprendente. Tenuto conto che i giovani guardano poco la tv, il colpevole «esterno», se proprio lo si deve trovare, va ricercato nell' ambito dei programmi informativi più che in quello della fiction. Anzi, c' è tutto il filone dei teen drama (da «Beverly Hills» a «Dawson' s Creek» a «The O.C.») che spesso si fa carico di una riflessione sul mondo degli adolescenti e sembra in qualche modo tentare di arginare una deriva di autorità e di prospettiva valoriale. La più straordinaria sitcom animata degli ultimi anni, «I Simpson», è riuscita spesso a mettere in scena temi complessi e scottanti come quello del bullismo giovanile da un punto di vista ironico e dissacrante, reso possibile proprio dalla natura animata della serie. La presenza nella serie di due figli in età scolare fa sì che uno degli ambiti di vita quotidiana più di frequente messo in scena sia proprio la scuola frequentata da Bart e Lisa. In accordo al tono smaliziato della serie, il bullismo e le prevaricazioni ai danni dei secchioni sono raccontati con tono dissacrante, tentando di portarne in luce gli atteggiamenti più tipici per poi demolirli a colpi di ironia. In una scuola seria, «I Simpson» dovrebbero diventare un libro di testo. Ben diverso invece il discorso sull' informazione. Le news non innescano processi profondi e complessi come la serialità e quindi si può ragionevolmente sostenere che l' informazione è molto più «pericolosa» della fiction nello scatenamento dell' emulazione. Istruttivo esempio è quello di Studio aperto, dove l' invito a guardare uno spettacolo intrigante e sensazionale (per esempio un video di bullismo pubblicato su YouTube) si affianca sempre a uno stucchevole tono moralistico. Da genitore, per contenere il fenomeno, starei più attento a un programma come «Lucignolo» che a tutti i telefilm di Fox Crime".
(Aldo Grasso, 23.09.2007)
1 commento:
Grande Grasso, come sempre
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