mercoledì 27 settembre 2006

L’EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri
Pagina a cura di Leo “Grant” Damerini, tratta dal "Telefilm Magazine" di Settembre

ITALIA OGGI
I telefilm sono per le fanzine (non per "Vanity Fair")
Domanda: Perchè vi occupate poco di telefilm?
Risposta: "Bisogna distinguere tra quello che la gente guarda e quello che vuole leggere. Noi non vogliamo portare 'Vanity Fair' in una nicchia, non vogliamo trasformarlo in una fanzine. Non trattiamo lettori e lettrici come se fossero in un ghetto".
(Luca Dini, direttore di "Vanity Fair", 26.05.2006)

CORRIERE DELLA SERA
"Prison break", suspense alla Hitchcock
"Instaurare il meccanismo hitchcockiano della suspense in un telefilm è impresa più che ardua, eppure 'Prison Break' ci riesce benissimo, tanto da lasciare lo spettatore con il fiato sospeso, settimana dopo settimana. La scadenza, che funziona da metronomo all' interno della prigione di Fox River, è l' esecuzione capitale di un condannato accusato di aver ucciso il fratello del vicepresidente degli Stati Uniti. Ma forse è tutta una montatura, un perverso complotto. Il tentativo di evasione si gioca su due scenari estremamente complicati e imprevedibili: quello tecnico (come fuggire, secondo la grande lezione di Fuga da Alcatraz) e quello u mano (con chi allearsi all' interno del carcere, con i bianchi o con gli afroamericani, con il direttore o con il compagno di cella?). È un telefilm che apparentemente sembra costruito con una certa rudezza, le psicologie scolpite con l' ascia, ma che invece si rivela attento ai dettagli più insignificanti, guidato da una perfetta macchina narrativa, ed è ingiustamente punito dalla collocazione di Italia 1".
(Aldo Grasso, 18.06.2006)

IO DONNA
Maestro Starsky
"Sono cresciuta con i telefilm americani. Il mio preferito era 'Starsky&Hutch': ero così fanatica che giravo sempre con un cardigan di lana simile al suo e mi facevo chiamare Starsky. I miei mi portarono da uno psichiatra".
(Mia Maestro, 17.06.2006)

CORRIERE DELLA SERA
Lorelai, mamma da fiaba
"Forse per scongiurare uno dei più grandi disastri dell'educazione familiare (la mamma per amica o il papà per amico), l'America ha da tempo serializzato la complessità dei rapporti parentali. L'aspetto più interessante della serie non è certo rappresentato dalla parte formativa (le sceneggiature sono vidimate da associazioni di tutela della famiglia) ma dai dialoghi: sempre brillanti e tanto più belli quanto più irreali".
(Aldo Grasso, 16.06.2006)

LIBERO
"Joey", pallone gonfiato di "Friends"
"Ho letto che la sit-com 'Joey' è stata realizzata pensando a coloro che avevano amato 'Friends'. Evidentemente perchè, avendo già amato abbastanza quella, ora possono tranquillamente permettersi di odiare questa. E in effetti già ad una prima annusatina preliminare l'odore di 'Friends' si avverte forte e acre. Le battute. I tempi comici. Le situazioni. Se mi fossi messo in visione senza sapere nulla in merito al programma proposto, certamente avrei pensato di assistere al frammento di un episodio della serie precedente. E manco mi sarei sbagliato di tanto. Perchè in 'Joey' si è prelevato un protagonista di 'Friends' e lo si è gonfiato a dismisura fino a renderlo del tutto autonomo. Che poi fosse il personaggio più intrigante, o simpatico, o amato, resta da stabilire. Personalmente, dovendo selezionarne uno, difficilmente avrei effettuato la medesima scelta, ma costui era disponibile e con tale soggetto occorre fare i conti. Che giammai potrebbero tornare avendo la produzione ripresentato l'identico menù, rinnovato solo attraverso la cancellazione di alcune portate. Così il congegno che, dopo essersi fatto apprezzare negli anni, aveva ormai rivelato gravi problemi di usura, ci viene di nuovo tristemente offerto. E quella varietà di caratteri che lo rendevano ancora in qualche misura accettabile, scompaiono. Lasciando il protagonista in balia di una situazione a metà tra la noia ereditata e quella di nuova concezione".
(Alessandro Rostagno, 21.06.2006)

LA STAMPA
Le banalità di "What about Brian"
"Se 'What about Brian' fosse stata un'occasione di crescita professionale avrei continuato. Non mi è sembrato: dialoghi banali, situazioni scontate, ovvietà".
(Raoul Bova, 06.07.06)

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