sabato 11 maggio 2019
mercoledì 8 maggio 2019
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Un'altra serie italiana "tratta da": si riciccia sul serial "Le Fate Ignoranti"
News tratta dal "Corriere della Sera"
Diciotto anni dopo il grande successo di Le fate ignoranti, il film del regista Ferzan Ozpetek con protagonisti Stefano Accorsi e Margherita Buy, diventa una serie tv. Lo ha confermato ieri Fox Networks Group Italy, dopo l'anticipazione data dallo stesso Ozpetek da Palermo, dove ha ricevuto la laurea ad honorem e la cittadinanza onoraria. «Il film del 2001 ha conquistato il pubblico raccontando in modo originale il nuovo mondo delle relazioni — ha detto Alessandro Saba, vice president entertainment di Fox Italia —. Con il regista stiamo immaginando una serie tv che parta proprio da quel mondo e lo cali nella realta contemporanea. Una serie sull'accoglienza, sulla comunanza umanistica, sull'amicizia»
News tratta dal "Corriere della Sera"
Diciotto anni dopo il grande successo di Le fate ignoranti, il film del regista Ferzan Ozpetek con protagonisti Stefano Accorsi e Margherita Buy, diventa una serie tv. Lo ha confermato ieri Fox Networks Group Italy, dopo l'anticipazione data dallo stesso Ozpetek da Palermo, dove ha ricevuto la laurea ad honorem e la cittadinanza onoraria. «Il film del 2001 ha conquistato il pubblico raccontando in modo originale il nuovo mondo delle relazioni — ha detto Alessandro Saba, vice president entertainment di Fox Italia —. Con il regista stiamo immaginando una serie tv che parta proprio da quel mondo e lo cali nella realta contemporanea. Una serie sull'accoglienza, sulla comunanza umanistica, sull'amicizia»
martedì 7 maggio 2019
lunedì 6 maggio 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! Stop all'esclusiva delle serie tv Warner e Universal su Premium, Sky pronta a metterci le mani: Mediaset sempre più fuori dalla lotta pay tv
News tratta da "Italia Oggi"
Iniziato il conto alla rovescia per Premium di Mediaset. Il 31 maggio, come è noto, si spegnerà il segnale degli otto canali tv ancora presenti nell'offerta a pagamento sul digitale terrestre. Gli abbonati, ormai scesi ben sotto quota 500 mila unità, avranno tempo fino al 31 giugno per disdire l'abbonamento senza penali. La disdetta si potrà effettuare attraverso raccomandata, telefonicamente o dall'area clienti del sito Premium. Chi non disdice, invece, vedrà l'offerta dei canali lineari Premium e dell'on demand di Premium Play traslocare sulla piattaforma di Infinity (quindi solo in streaming), e riceverà le credenziali per l'accesso alla nuova offerta «Premium su Infinity» di Mediaset entro la fine di maggio a un costo complessivo di 7,99 euro al mese. Dal 1° al 10 giugno gli abbonati avranno comunque a disposizione 10 giorni di prova gratuita di Infinity, per capire se l'offerta interessa e, soprattutto, se sono dotati di televisori smart o dispositivi connessi in grado di accedere a quella app. Dal 1° giugno termina anche la promozione che offriva l'abbonamento congiunto a Dazn a tutti gli abbonati Premium con smart tv che in passato erano stati anche clienti di Premium Calcio. Da giugno, quindi, sarà necessario un nuovo contratto per accedere ai contenuti di Dazn, che non saranno inclusi per chi sottoscriverà un contratto Premium su Infinity. C'è poi un discorso più ampio da fare sul senso editoriale dei canali Premium nei prossimi mesi: per anni hanno avuto in esclusiva tutti i contenuti Universal e Warner, con film e serie tv molto caratterizzanti. I contratti in esclusiva con le due major, tuttavia, non verranno rinnovati. E Universal, peraltro, è di proprietà di Comcast, ovvero il nuovo azionista di maggioranza di Sky. I canali Premium, quindi, nei prossimi mesi perderanno buona parte dei contenuti esclusivi, col rischio di risultare un po' troppo generici e indistinti. A Sky, perciò, potrebbero non interessare più sulla pregiata piattaforma satellitare (che ha già molti canali di film e serie tv), mentre potrebbero conservare Universal e Warner un appeal per l'offerta più scarna e a buon prezzo che Sky ha apparecchiato per il digitale terrestre. Perché un conto è avere i canali di Fox, che adesso appartengono a Disney e quindi danno contenuti che, altrimenti, Sky non avrebbe. Un conto è invece ospitare i canali di Premium che di esclusivo, ormai, non hanno molto. Il processo di disimpegno di Mediaset dalla pay tv è iniziato nell'agosto del 2018, quando sono stati chiusi i canali Premium Sport e Premium Calcio; dal 1° gennaio 2019 si è spento Studio Universal; lo scorso 28 febbraio sono stati rescissi i contratti con Discovery Italia per i due canali di Eurosport e ID-Investigation Discovery; e, come detto, non verranno rinnovati i contratti in esclusiva con Warner e Universal che consegnavano alla piattaforma pay di Mediaset tanto prodotto di qualità. I ricavi di Premium nel 2018 si sono fermati a 407,3 milioni di euro, con costi a quota 450,3 milioni, di cui 175,4 milioni di ammortamenti e svalutazioni. Il risultato operativo, quindi, è stato negativo per 43 milioni di euro. Con un rosso parzialmente ridotto, poi, grazie a proventi da partecipazioni (10 milioni) e da attività finanziarie (7,6 milioni), per una perdita finale di 24,4 milioni di euro.
News tratta da "Italia Oggi"
Iniziato il conto alla rovescia per Premium di Mediaset. Il 31 maggio, come è noto, si spegnerà il segnale degli otto canali tv ancora presenti nell'offerta a pagamento sul digitale terrestre. Gli abbonati, ormai scesi ben sotto quota 500 mila unità, avranno tempo fino al 31 giugno per disdire l'abbonamento senza penali. La disdetta si potrà effettuare attraverso raccomandata, telefonicamente o dall'area clienti del sito Premium. Chi non disdice, invece, vedrà l'offerta dei canali lineari Premium e dell'on demand di Premium Play traslocare sulla piattaforma di Infinity (quindi solo in streaming), e riceverà le credenziali per l'accesso alla nuova offerta «Premium su Infinity» di Mediaset entro la fine di maggio a un costo complessivo di 7,99 euro al mese. Dal 1° al 10 giugno gli abbonati avranno comunque a disposizione 10 giorni di prova gratuita di Infinity, per capire se l'offerta interessa e, soprattutto, se sono dotati di televisori smart o dispositivi connessi in grado di accedere a quella app. Dal 1° giugno termina anche la promozione che offriva l'abbonamento congiunto a Dazn a tutti gli abbonati Premium con smart tv che in passato erano stati anche clienti di Premium Calcio. Da giugno, quindi, sarà necessario un nuovo contratto per accedere ai contenuti di Dazn, che non saranno inclusi per chi sottoscriverà un contratto Premium su Infinity. C'è poi un discorso più ampio da fare sul senso editoriale dei canali Premium nei prossimi mesi: per anni hanno avuto in esclusiva tutti i contenuti Universal e Warner, con film e serie tv molto caratterizzanti. I contratti in esclusiva con le due major, tuttavia, non verranno rinnovati. E Universal, peraltro, è di proprietà di Comcast, ovvero il nuovo azionista di maggioranza di Sky. I canali Premium, quindi, nei prossimi mesi perderanno buona parte dei contenuti esclusivi, col rischio di risultare un po' troppo generici e indistinti. A Sky, perciò, potrebbero non interessare più sulla pregiata piattaforma satellitare (che ha già molti canali di film e serie tv), mentre potrebbero conservare Universal e Warner un appeal per l'offerta più scarna e a buon prezzo che Sky ha apparecchiato per il digitale terrestre. Perché un conto è avere i canali di Fox, che adesso appartengono a Disney e quindi danno contenuti che, altrimenti, Sky non avrebbe. Un conto è invece ospitare i canali di Premium che di esclusivo, ormai, non hanno molto. Il processo di disimpegno di Mediaset dalla pay tv è iniziato nell'agosto del 2018, quando sono stati chiusi i canali Premium Sport e Premium Calcio; dal 1° gennaio 2019 si è spento Studio Universal; lo scorso 28 febbraio sono stati rescissi i contratti con Discovery Italia per i due canali di Eurosport e ID-Investigation Discovery; e, come detto, non verranno rinnovati i contratti in esclusiva con Warner e Universal che consegnavano alla piattaforma pay di Mediaset tanto prodotto di qualità. I ricavi di Premium nel 2018 si sono fermati a 407,3 milioni di euro, con costi a quota 450,3 milioni, di cui 175,4 milioni di ammortamenti e svalutazioni. Il risultato operativo, quindi, è stato negativo per 43 milioni di euro. Con un rosso parzialmente ridotto, poi, grazie a proventi da partecipazioni (10 milioni) e da attività finanziarie (7,6 milioni), per una perdita finale di 24,4 milioni di euro.
venerdì 3 maggio 2019
SGUARDO FETISH - Achtung, compagni! Se non scopate è colpa di Netflix!
Articolo tratto da "Il Foglio"
Nell'imbarazzato tentativo di spiegarci, senza offendere nessuno, perché il sesso nelle vite adulte ondeggi tra l'ossessione e il sottoscala del nostro interesse, e nel bisogno di romanzare la pigrizia demografica e la prudenza procreativa, andiamo sempre alla ricerca di un soggetto esterno a cui addossare la responsabilità di quel che accade ai nostri desideri sopra i nostri divani. Quindi adesso ecco a voi il maggiore indiziato in colpevolezza da stanchezza erotica e da esagerato successo nel controllo delle nascite: Netflix. La comodità e anche l'appagamento offerto da serie tivù senza interruzioni pubblicitarie (pare che le interruzioni pubblicitarie incitino al movimento, al dialogo, al bicchiere di vino, a manovre di avvicinamento fra esseri umani liberi e consenzienti), e anche quel meraviglioso senso di quasi infinito offerto dalla possibilità di accedere alla puntata successiva senza più lo sconforto e l'eccitazione data dall'attesa, la soddisfazione insomma, la varietà di scelta, la concentrazione, la solitudine ma anche eventualmente la condivisione dello spettacolo con la persona giusta (o sbagliata, non importa) creano una tale catena di intimità e vitalità che poi ci si addormenta senza alcun senso di omissione. Oppure si corre a casa, carichi di buone intenzioni, ma alla frase: "Stasera finiamo la terza stagione di Chiami il mio agente!", non si può resistere, e ci sarà sempre un'altra sera, e ci sarà sempre una nuova puntata di qualcosa anche di vecchio, ci sarà un documentario su Osho che finalmente ci aprirà gli occhi su Osho, sempre con l'euforizzante consapevolezza che non c'è soltanto Netflix. Sono stata al cinema tre volte in questa settimana, compreso il giorno di Pasquetta con la solita pioggia fuori, sono arrivata quasi in ritardo con la paura di trovare solo i posti in prima fila che mi fanno venire il torcicollo, e ogni volta in sala non eravamo più di quindici, tutti seduti vicinissimi a causa dei posti assegnati dal computer, e ci guardavamo sospettosi: non saremo dei pericolosi maniaci? Il pensiero successivo è stato: ma dove sono finiti tutti? A casa, sdraiati da qualche parte con Netflix in vena e in totale castità, è la risposta che danno i sondaggisti del Wall Street Journal, sempre nel tentativo di scovare un colpevole. Dei cinema deserti, delle culle vuote, dell'insonnia. Del resto, l'amministratore delegato di Netflix ha detto che uno dei suoi principali concorrenti, nel desiderio di occupare ogni momento libero dei suoi centoquarantanove milioni di abbonati, è il sonno. Non ha parlato di sesso, non ha parlato di vita: sa che non si possono fare due cose contemporaneamente. E' un problema, questo, che riguarda da sempre soprattutto i maschi. I sondaggisti non si sono ancora occupati dei pericolosi sconvolgimenti famigliari, coniugali e sentimentali di quando salta il wifi. Quando il film si blocca. Quando scopri che si è bloccato non per il wifi ma perché la ex del tuo fidanzato ha ancora le password di Netflix e le sta offrendo in giro per vendicarsi. In quei casi estremi può succedere di tutto, sesso compreso, tutto tranne la disdetta dell'abbonamento, che verrà più probabilmente allargato ai quattro schermi in contemporanea. Utili anche in caso di divorzio senza spargimento di sangue.
Articolo tratto da "Il Foglio"
Nell'imbarazzato tentativo di spiegarci, senza offendere nessuno, perché il sesso nelle vite adulte ondeggi tra l'ossessione e il sottoscala del nostro interesse, e nel bisogno di romanzare la pigrizia demografica e la prudenza procreativa, andiamo sempre alla ricerca di un soggetto esterno a cui addossare la responsabilità di quel che accade ai nostri desideri sopra i nostri divani. Quindi adesso ecco a voi il maggiore indiziato in colpevolezza da stanchezza erotica e da esagerato successo nel controllo delle nascite: Netflix. La comodità e anche l'appagamento offerto da serie tivù senza interruzioni pubblicitarie (pare che le interruzioni pubblicitarie incitino al movimento, al dialogo, al bicchiere di vino, a manovre di avvicinamento fra esseri umani liberi e consenzienti), e anche quel meraviglioso senso di quasi infinito offerto dalla possibilità di accedere alla puntata successiva senza più lo sconforto e l'eccitazione data dall'attesa, la soddisfazione insomma, la varietà di scelta, la concentrazione, la solitudine ma anche eventualmente la condivisione dello spettacolo con la persona giusta (o sbagliata, non importa) creano una tale catena di intimità e vitalità che poi ci si addormenta senza alcun senso di omissione. Oppure si corre a casa, carichi di buone intenzioni, ma alla frase: "Stasera finiamo la terza stagione di Chiami il mio agente!", non si può resistere, e ci sarà sempre un'altra sera, e ci sarà sempre una nuova puntata di qualcosa anche di vecchio, ci sarà un documentario su Osho che finalmente ci aprirà gli occhi su Osho, sempre con l'euforizzante consapevolezza che non c'è soltanto Netflix. Sono stata al cinema tre volte in questa settimana, compreso il giorno di Pasquetta con la solita pioggia fuori, sono arrivata quasi in ritardo con la paura di trovare solo i posti in prima fila che mi fanno venire il torcicollo, e ogni volta in sala non eravamo più di quindici, tutti seduti vicinissimi a causa dei posti assegnati dal computer, e ci guardavamo sospettosi: non saremo dei pericolosi maniaci? Il pensiero successivo è stato: ma dove sono finiti tutti? A casa, sdraiati da qualche parte con Netflix in vena e in totale castità, è la risposta che danno i sondaggisti del Wall Street Journal, sempre nel tentativo di scovare un colpevole. Dei cinema deserti, delle culle vuote, dell'insonnia. Del resto, l'amministratore delegato di Netflix ha detto che uno dei suoi principali concorrenti, nel desiderio di occupare ogni momento libero dei suoi centoquarantanove milioni di abbonati, è il sonno. Non ha parlato di sesso, non ha parlato di vita: sa che non si possono fare due cose contemporaneamente. E' un problema, questo, che riguarda da sempre soprattutto i maschi. I sondaggisti non si sono ancora occupati dei pericolosi sconvolgimenti famigliari, coniugali e sentimentali di quando salta il wifi. Quando il film si blocca. Quando scopri che si è bloccato non per il wifi ma perché la ex del tuo fidanzato ha ancora le password di Netflix e le sta offrendo in giro per vendicarsi. In quei casi estremi può succedere di tutto, sesso compreso, tutto tranne la disdetta dell'abbonamento, che verrà più probabilmente allargato ai quattro schermi in contemporanea. Utili anche in caso di divorzio senza spargimento di sangue.
martedì 30 aprile 2019
NEWS - Er Pupone sul serial! Se HBO gira un telefilm su Belushi, Sky mette in cantiere una serie tv su Totti! (Adani guest star e Ilary Blasi nei panni di se stessa?)
News tratta da "La Gazzetta dello Sport"
Metti una sera a cena in una elegante casa del centro di Roma. Metti che ad un certo punto uno dei commensali si alzi, si metta al pianoforte e gli altri comincino a ridere (e non certo perché suoni male, anzi). Metti che dopo una serata del genere un progetto cominci a prendere forma più strutturata. Ecco, prendete tutti insieme questi elementi, shakerateli e avrete un'idea del magico mondo in cui ormai galleggiano Francesco Totti e sua moglie llary. L'anfitrione della serata, infatti, era Pietro Valsecchi, uno dei più celebri produttori internazionali e proprio per questo mentore di uno dei maggiori talenti del cinema italiano contemporaneo, cioè quel Luca Pasquale Medici, al secolo dell'intrattenimento meglio noto come Checco Zalone. E allora avete capito: al pianoforte quella sera c'era proprio lui. I1 piatto forte, però, deve ancora arrivare. Dopo una lunga trattativa, infatti, è virtualmente concluso l'acquisto dei diritti della fortunata autobiografia, «Un campione», edita da Rizzoli e scritta insieme a Paolo Condò. Partendo da questo libro, infatti, da mesi si sta pensando di strutturare un prodotto intorno alla vita dell'ex stella della Roma. Ad occuparsi dell'operazione sarà la Wildside, la casa di produzione fondata nel 2009, guidata da Lorenzo Mieli e Paolo Gianani. Ma naturalmente anche la famiglia Valsecchi sarà della partita, con Virginia, attrice e produttrice, oltre che figlia di Pietro, cioè il padrone di casa di quella splendida serata d'autunno in cui il progetto ha cominciato a prendere forma. In questi mesi, le ipotesi su come costruire il prodotto sono oscillate dalla serie tv al film vero e proprio, ma a essere vincente sembra proprio che sarà la prima ipotesi, con Sky partner dell'avventura. Dopo aver accarezzato l'idea di rivolgersi a più registi (come accadrà per la serie su Maradona, ad esempio), per la storia di Totti ci sarà un'unica mano dietro la macchina da presa, anche se tutte le scelte devono essere ancora fatte. A cominciare dal casting, naturalmente. Le prime indiscrezioni parlano di un protagonista principale — quello che impersonerà Totti — relativamente sconosciuto al grande pubblico, mentre nei ruoli secondari si vorrebbe invece attori celebri. Comunque è ancora tutto da definire. La cosa certa è che la Wildside — produttrice di celebri serie tv (da «The young Pope» a «In Treatment») — intende lanciare la sfida a uno dei luoghi comuni nel mondo del cinema (ormai anche domestico), ovvero che le opere che trattano anche di calcio non sempre hanno successo. Totti, però, potrebbe essere speciale anche in questo. E chissà che tra Pallone d'Oro e Oscar, in fondo, non ci sia poi un'enorme differenza.
News tratta da "La Gazzetta dello Sport"
Metti una sera a cena in una elegante casa del centro di Roma. Metti che ad un certo punto uno dei commensali si alzi, si metta al pianoforte e gli altri comincino a ridere (e non certo perché suoni male, anzi). Metti che dopo una serata del genere un progetto cominci a prendere forma più strutturata. Ecco, prendete tutti insieme questi elementi, shakerateli e avrete un'idea del magico mondo in cui ormai galleggiano Francesco Totti e sua moglie llary. L'anfitrione della serata, infatti, era Pietro Valsecchi, uno dei più celebri produttori internazionali e proprio per questo mentore di uno dei maggiori talenti del cinema italiano contemporaneo, cioè quel Luca Pasquale Medici, al secolo dell'intrattenimento meglio noto come Checco Zalone. E allora avete capito: al pianoforte quella sera c'era proprio lui. I1 piatto forte, però, deve ancora arrivare. Dopo una lunga trattativa, infatti, è virtualmente concluso l'acquisto dei diritti della fortunata autobiografia, «Un campione», edita da Rizzoli e scritta insieme a Paolo Condò. Partendo da questo libro, infatti, da mesi si sta pensando di strutturare un prodotto intorno alla vita dell'ex stella della Roma. Ad occuparsi dell'operazione sarà la Wildside, la casa di produzione fondata nel 2009, guidata da Lorenzo Mieli e Paolo Gianani. Ma naturalmente anche la famiglia Valsecchi sarà della partita, con Virginia, attrice e produttrice, oltre che figlia di Pietro, cioè il padrone di casa di quella splendida serata d'autunno in cui il progetto ha cominciato a prendere forma. In questi mesi, le ipotesi su come costruire il prodotto sono oscillate dalla serie tv al film vero e proprio, ma a essere vincente sembra proprio che sarà la prima ipotesi, con Sky partner dell'avventura. Dopo aver accarezzato l'idea di rivolgersi a più registi (come accadrà per la serie su Maradona, ad esempio), per la storia di Totti ci sarà un'unica mano dietro la macchina da presa, anche se tutte le scelte devono essere ancora fatte. A cominciare dal casting, naturalmente. Le prime indiscrezioni parlano di un protagonista principale — quello che impersonerà Totti — relativamente sconosciuto al grande pubblico, mentre nei ruoli secondari si vorrebbe invece attori celebri. Comunque è ancora tutto da definire. La cosa certa è che la Wildside — produttrice di celebri serie tv (da «The young Pope» a «In Treatment») — intende lanciare la sfida a uno dei luoghi comuni nel mondo del cinema (ormai anche domestico), ovvero che le opere che trattano anche di calcio non sempre hanno successo. Totti, però, potrebbe essere speciale anche in questo. E chissà che tra Pallone d'Oro e Oscar, in fondo, non ci sia poi un'enorme differenza.
lunedì 29 aprile 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! La vita di John Belushi diventa una serie tv di HBO
News tratta da "La Repubblica"
Scervellato, sferico attore comico, noto per le sue imitazioni al Saturday Night Live, trovato senza vita in un bungalow a Hollywood". Così un trafiletto del New York Times, del 6 marzo 1982, dava notizia della morte di John Belushi, il comedian nascosto dietro gli occhiali spessi Ray Ban Wayfarer, divisa black, felpa da college, bottiglia di liquore di fichi in mano; l'attore che ha steso il mondo dalle risate con i film Animal House (1978) e The Blues Brothers (1980). Un libro, The Castle on Sunset, scritto dallo storico di cinema Shawn Levy e in uscita a maggio, cerca di far luce sugli ultimi giorni di Belushi allo Chateau Marmont, l'hotel anni Venti che ha ospitato su un'altura di Sunset Boulevard i divi James Dean e Marilyn Monroe. E ci ha restituito l'extra-corpo di Belushi impasticcato fmo alla morte. Overdose da eroina e cocaina, dirà il medico legale di Los Angeles County, mettendo un punto a giorni di speculazioni. Aveva 33 anni. Le ultime persone ad averlo visto furono Robert De Niro, Robin Williams e una donna di nome Cathy Evelyn Smith, colpevole di omicidio involontario. Ha iniettato lei la dose letale. Da un estratto di The Castle on Sunset ottenuto da Hollywood Reporter, a far discutere è il racconto di una notte piena zeppa di coca, poche ore prima della morte di Belushi, tra il comedian e i suoi amici De Niro e Williams. Il comico si era ritirato nel suo bungalow privato, il numero 3, a partire dal 28 febbraio. Voleva mettere un muro tra sé e i dietrologi, così non lo avrebbero infastidito mentre cercava di risalire la china dopo i flop degli ultimi anni. Il film che sognava di fare era Noble Rot, una commedia romantica su una rapina ambientata nei primi anni dell'industria del vino in California. Né il manager, Bernie Brillstein, né Paramount Pictures sembravano entusiasti. Michael Eisner, l'ex boss della Paramount, un giorno si presentò allo Chateau per dirgli di lasciar perdere e pensare a un adattamento di The Joy of Sex, ultima occasione con una major. Depresso, trasandato, ingestibile: John Belushi, il pomeriggio del 4 marzo, chiamò De Niro per far festa. Cocaina sparsa sul tavolo, tonnellate di scatole di pizza, chiazze di cafre, ritagli, immondizia e bottiglie di vino inacidito. De Niro e Robin Williams torneranno in quel posto verso le 3 del mattino per tirare un po' di coca. A mezzogiorno del 5 marzo, Belushi viene trovato privo di conoscenza dalla guardia del corpo, Bill Wallace. "La scena non solo era triste, era depravata" dirà il manager. "Non potevo credere che John avesse vissuto lì". "Dov'è John?" strilla l'indomani De Niro, al telefono con il manager dell'hotel. Riattaccherà in lacrime. La vedova e gli amici di John Belushi avevano già attaccato il volume del giornalista del Washington Post, Bob Woodward (co-autore degli articoli che portarono allo scandalo Watergate), Wired, uscito due anni dopo la morte. Con i retroscena di The Castle on Sunset e Belushi descritto da Levy come "un fallimento, uno spreco, sudato, ciccione, pingue", la polemica si riaccende. Hollywood ha già messo gli occhi sul libro: diventerà una serie HBO per mano di John Krasinski, la star della sitcom The Office che da sempre dice di dover tutto a John Belushi.
News tratta da "La Repubblica"
Scervellato, sferico attore comico, noto per le sue imitazioni al Saturday Night Live, trovato senza vita in un bungalow a Hollywood". Così un trafiletto del New York Times, del 6 marzo 1982, dava notizia della morte di John Belushi, il comedian nascosto dietro gli occhiali spessi Ray Ban Wayfarer, divisa black, felpa da college, bottiglia di liquore di fichi in mano; l'attore che ha steso il mondo dalle risate con i film Animal House (1978) e The Blues Brothers (1980). Un libro, The Castle on Sunset, scritto dallo storico di cinema Shawn Levy e in uscita a maggio, cerca di far luce sugli ultimi giorni di Belushi allo Chateau Marmont, l'hotel anni Venti che ha ospitato su un'altura di Sunset Boulevard i divi James Dean e Marilyn Monroe. E ci ha restituito l'extra-corpo di Belushi impasticcato fmo alla morte. Overdose da eroina e cocaina, dirà il medico legale di Los Angeles County, mettendo un punto a giorni di speculazioni. Aveva 33 anni. Le ultime persone ad averlo visto furono Robert De Niro, Robin Williams e una donna di nome Cathy Evelyn Smith, colpevole di omicidio involontario. Ha iniettato lei la dose letale. Da un estratto di The Castle on Sunset ottenuto da Hollywood Reporter, a far discutere è il racconto di una notte piena zeppa di coca, poche ore prima della morte di Belushi, tra il comedian e i suoi amici De Niro e Williams. Il comico si era ritirato nel suo bungalow privato, il numero 3, a partire dal 28 febbraio. Voleva mettere un muro tra sé e i dietrologi, così non lo avrebbero infastidito mentre cercava di risalire la china dopo i flop degli ultimi anni. Il film che sognava di fare era Noble Rot, una commedia romantica su una rapina ambientata nei primi anni dell'industria del vino in California. Né il manager, Bernie Brillstein, né Paramount Pictures sembravano entusiasti. Michael Eisner, l'ex boss della Paramount, un giorno si presentò allo Chateau per dirgli di lasciar perdere e pensare a un adattamento di The Joy of Sex, ultima occasione con una major. Depresso, trasandato, ingestibile: John Belushi, il pomeriggio del 4 marzo, chiamò De Niro per far festa. Cocaina sparsa sul tavolo, tonnellate di scatole di pizza, chiazze di cafre, ritagli, immondizia e bottiglie di vino inacidito. De Niro e Robin Williams torneranno in quel posto verso le 3 del mattino per tirare un po' di coca. A mezzogiorno del 5 marzo, Belushi viene trovato privo di conoscenza dalla guardia del corpo, Bill Wallace. "La scena non solo era triste, era depravata" dirà il manager. "Non potevo credere che John avesse vissuto lì". "Dov'è John?" strilla l'indomani De Niro, al telefono con il manager dell'hotel. Riattaccherà in lacrime. La vedova e gli amici di John Belushi avevano già attaccato il volume del giornalista del Washington Post, Bob Woodward (co-autore degli articoli che portarono allo scandalo Watergate), Wired, uscito due anni dopo la morte. Con i retroscena di The Castle on Sunset e Belushi descritto da Levy come "un fallimento, uno spreco, sudato, ciccione, pingue", la polemica si riaccende. Hollywood ha già messo gli occhi sul libro: diventerà una serie HBO per mano di John Krasinski, la star della sitcom The Office che da sempre dice di dover tutto a John Belushi.
domenica 28 aprile 2019
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Da Robot a (Ro)Bond: Rami Malek arruolato nel 25esimo film della saga di 007!
News tratta da "EOnline"
Bond 25 has officially kicked off production! On Thursday morning, the cast of the highly-anticipated James Bond film was revealed. Joining Daniel Craig in the upcoming film will be Rami Malek, Billy Magnussen, Ana De Armas, David Dencik, Lashana Lynch and Dali Benssalah. Additionally, Ralph Fiennes, Rory Kinnear, Ben Whishaw, Naomie Harris, Léa Seydouxand Jeffrey Wright are returning for the new film, directed by Cary Joji Fukunaga. The cast reveal took place during a livestream event from Jamaica, where part of the movie is set to be filmed. Malek, who will play the villain in Bond 25, joined the event via a video message as he was unable to make it to Jamaica for the launch. "I'm stuck here in New York in production, but I'm very much looking forward to joining the whole cast and crew so very soon," the Oscar winner, who is filming Mr. Robot, said in the message. "And I promise you all I will be making sure Mr. Bond does not have an easy ride of it in this, his 25th outing."
News tratta da "EOnline"
Bond 25 has officially kicked off production! On Thursday morning, the cast of the highly-anticipated James Bond film was revealed. Joining Daniel Craig in the upcoming film will be Rami Malek, Billy Magnussen, Ana De Armas, David Dencik, Lashana Lynch and Dali Benssalah. Additionally, Ralph Fiennes, Rory Kinnear, Ben Whishaw, Naomie Harris, Léa Seydouxand Jeffrey Wright are returning for the new film, directed by Cary Joji Fukunaga. The cast reveal took place during a livestream event from Jamaica, where part of the movie is set to be filmed. Malek, who will play the villain in Bond 25, joined the event via a video message as he was unable to make it to Jamaica for the launch. "I'm stuck here in New York in production, but I'm very much looking forward to joining the whole cast and crew so very soon," the Oscar winner, who is filming Mr. Robot, said in the message. "And I promise you all I will be making sure Mr. Bond does not have an easy ride of it in this, his 25th outing."
giovedì 25 aprile 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Game of Thrones", grandioso racconto allegorico sul potere
"Se non fosse che il mezzo di trasporto è inusuale, un drago, si potrebbe pensare a una fuga romantica tra Jon Snow e Daenerys Targaryen, come due fidanzatini. Se non fosse che a Grande Inverno siamo alla vigilia di una grande e decisiva battaglia fra i Sette Regni e gli Estranei, guidati dal Re della Notte, vivremmo come una soap le preoccupazione della Madre dei Draghi nei confronti dell'ostilità di Sansa. A tua sorella non piaccio» dice Daenerys a Jon e fortuna che i suoceri sono già stati tolti di mezzo. II primo episodio dell'ottava e ultima stagione di Games of Thrones è una sorta di reunion, un grande gioco di sguardi (per l'occasione è cambiata la sigla d'apertura). La grande barriera è aperta e le terre che circondano Grande Inverno sono ora un enorme accampamento: ogni giorno continuano ad arrivare alleati, carri, armi (Sky Atlantic, lunedì, ore 21,15). Così, tutti i protagonisti si ritrovano per fare fronte comune e assistere, quasi coralmente, all'unico vero colpo di scena: Sam svela a Jon la verità, cioè che lui è il figlio di Lyanna Mormont e Rhaegar Targaryen, cosa che fa di lui il legittimo erede al trono. Cosa farà l'ex Re del Nord? Lo dirà a Daenerys, di cui è palesemente innamorato? O sceglierà di tenere per sé questo segreto, per non rischiare di perdere l'alleata più preziosa e potente che ha? Come ogni saga che si rispetti, anche quella tratta dai libri di George RR Martin si disperde nei mille rivoli delle linee narrative ed eccita la fantasia allegorica, una vera ghiottoneria per i cacciatori di metafore. Games of Thrones è un grandioso racconto sul potere, capace di costruire un mondo complesso, ambiguo ma, nello stesso tempo, coerente, in cui tutti i sentimenti e i valori sono così estremi perché spesso vissuti come primordiali. Dietro la finzione del fantasy è come se le emozioni si depurassero per tornare a una loro scaturigine". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Game of Thrones", grandioso racconto allegorico sul potere
"Se non fosse che il mezzo di trasporto è inusuale, un drago, si potrebbe pensare a una fuga romantica tra Jon Snow e Daenerys Targaryen, come due fidanzatini. Se non fosse che a Grande Inverno siamo alla vigilia di una grande e decisiva battaglia fra i Sette Regni e gli Estranei, guidati dal Re della Notte, vivremmo come una soap le preoccupazione della Madre dei Draghi nei confronti dell'ostilità di Sansa. A tua sorella non piaccio» dice Daenerys a Jon e fortuna che i suoceri sono già stati tolti di mezzo. II primo episodio dell'ottava e ultima stagione di Games of Thrones è una sorta di reunion, un grande gioco di sguardi (per l'occasione è cambiata la sigla d'apertura). La grande barriera è aperta e le terre che circondano Grande Inverno sono ora un enorme accampamento: ogni giorno continuano ad arrivare alleati, carri, armi (Sky Atlantic, lunedì, ore 21,15). Così, tutti i protagonisti si ritrovano per fare fronte comune e assistere, quasi coralmente, all'unico vero colpo di scena: Sam svela a Jon la verità, cioè che lui è il figlio di Lyanna Mormont e Rhaegar Targaryen, cosa che fa di lui il legittimo erede al trono. Cosa farà l'ex Re del Nord? Lo dirà a Daenerys, di cui è palesemente innamorato? O sceglierà di tenere per sé questo segreto, per non rischiare di perdere l'alleata più preziosa e potente che ha? Come ogni saga che si rispetti, anche quella tratta dai libri di George RR Martin si disperde nei mille rivoli delle linee narrative ed eccita la fantasia allegorica, una vera ghiottoneria per i cacciatori di metafore. Games of Thrones è un grandioso racconto sul potere, capace di costruire un mondo complesso, ambiguo ma, nello stesso tempo, coerente, in cui tutti i sentimenti e i valori sono così estremi perché spesso vissuti come primordiali. Dietro la finzione del fantasy è come se le emozioni si depurassero per tornare a una loro scaturigine". (Aldo Grasso)
martedì 23 aprile 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! "Better Call Saul" finirà con la sesta stagione!
News tratta da "Deadline"
Giancarlo Esposito, who plays Gus Fring on AMC’s Better Call Saul, suggests an end may be in sight for the Breaking Bad prequel series,. But it’s a ways away. “It’s tricky with [co-creator Vince Gilligan],” Esposito told Collider. “If you look at the Breaking Bad model, he said five years, five seasons, but it was really five and six” with the split final season. As for Better Call Saul, “There will be six seasons,” Esposito said. “It seems like that’s the way, the comfortable way, to end this show.” AMC had no comment on Esposito’s remarks when reached by Deadline. The Breaking Bad prequel series from Vince Gilligan and Peter Gould is currently in production on Season 5. Better Call Saul garnered more than a dozen Emmy noms for its first two seasons, including Outstanding Drama Series both years along with acting mentions for star Bob Odenkirk and fellow Breaking Bad alum Jonathan Banks, who plays the don’t-mess-with-this-guy fixer/muscle Mike Ehrmantraut. ‘Better Call Saul’ Adds Tony Dalton As Series Regular For Season 5 expected on 2020.
News tratta da "Deadline"

domenica 21 aprile 2019
venerdì 19 aprile 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
L'importanza di Bernadette in "Game of Thrones"
"La donna che sussurrava a Jamie Lannister. L'attore Nikolaj Koster-Waldau era sull'orlo di una crisi di nervi, sul set di "Game of Thrones". Problemi personali, subito disinnescati da Bernadette Caulfied, produttrice esecutiva della serie (sì, ha lo stesso cognome del giovane Holden di Salinger, ma non sono parenti; il leggendario adolescente già odiava Hollywood, figuriamoci cosa penserebbe di Hbo). "La persona migliore che poteva capitarci", hanno scritto in una mail gli showrunner David Benioff e DB. Weiss. Il cast non è da meno, a cominciare dalla regina dei draghi Daenerys Targaryen — saldamente nel nostro cuore dalla prima notte di nozze con il Khan Drogo, quando insegnò al fascinoso bruto un po' di kamasutra. "Produttore esecutivo" non è un mestiere che fa sognare, in un paese di artisti e di aspiranti registi, già la sceneggiatura da noi viene considerata poco o nulla. Ma in un'impresa titanica come "Game of Thrones" — l'ultima stagione ha fatto il record di spettatori, negli Stati Uniti e in Italia dove va in onda su Sky Atlantic — è chi rende possibili le cose, trasportandole dalla pagina allo schermo. George R. R. Martin, che ha scritto la saga "Cronache del ghiaccio e del fuoco" all'origine della serie, non ha questi problemi. Scrive "draghi volanti sputafuoco" con la stessa facilità con cui l'abbiamo scritto noi, e lo stesso vale per i combattimenti con gli orsi, o per le scene di massa. Bernadette Caulflied deve trovare l'orso, convincere l'attrice a recitare con lui, far disegnare i dragoni (che non sono mica tutti uguali, qui sono particolarmente eleganti, si capiva dalle uova), ordinarne la costruzione nel reparto effetti speciali o inserirli in post produzione, dopo che la scena è stata girata con un segnaposto per il drago feroce. Deve organizzare fino a cinque unità di regia, al lavoro in Spagna, in Croazia, in Islanda sotto la tempesta di ghiaccio. Deve organizzare migliaia di comparse. Deve sussurrare all'orecchio degli attori, magari alle tre del mattino, dopo mesi di lavoro al freddo della notte: "Ci sarebbe da discutere la prossima battuta in lingua dothraki". Lo racconta Emilia Clarke al New York Times, che in vista dell'evento — oltre al solito riassunto delle puntata precedenti, alla guida per chi ha smarrito la trama, alle scommesse su chi alla fine conquisterà il Trono di Spade — dedica un ritratto "alla più grande produttrice vivente". Chi ha visto il primo episodio dell'ultima stagione sa già che almeno una delle ipotesi è caduta sotto il peso di una rivelazione. E sa cosa mangiano i draghi. Mangiano quel che vogliono, ma al momento stanno un po' a stecchetto. Sta per arrivare il momento in cui bisognerà scegliere tra un drago pasciuto e un esercito numeroso. Però volano, e Jon Snow ne approfitta per una romantica cavalcata, aggrappato alle scaglie. Per il titolo "serie che ha cambiato la storia della tv" gareggiano molte concorrenti. Di sicuro, dalla prima puntata di "Game of Thrones" (era il 2011) la storia della televisione è cambiata per conto suo, non solo per l'eccelsa qualità di certi prodotti. "House of Cards" di Beau Williamson (con Kevin Spacey, ne hanno cancellato anche la memoria) arriva su Netflix nel 2013 e butta all'aria la scansione settimanale — con il carico di ragionamenti e interpretazioni che avevano fatto la fortuna di "Lost". L'ottava stagione di "Game of Thrones" potrebbe essere l'ultimo appuntamento collettivo. Vale la pena di godersela, prima di tornare a chiudersi nella bolla dell'algoritmo". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
L'importanza di Bernadette in "Game of Thrones"
"La donna che sussurrava a Jamie Lannister. L'attore Nikolaj Koster-Waldau era sull'orlo di una crisi di nervi, sul set di "Game of Thrones". Problemi personali, subito disinnescati da Bernadette Caulfied, produttrice esecutiva della serie (sì, ha lo stesso cognome del giovane Holden di Salinger, ma non sono parenti; il leggendario adolescente già odiava Hollywood, figuriamoci cosa penserebbe di Hbo). "La persona migliore che poteva capitarci", hanno scritto in una mail gli showrunner David Benioff e DB. Weiss. Il cast non è da meno, a cominciare dalla regina dei draghi Daenerys Targaryen — saldamente nel nostro cuore dalla prima notte di nozze con il Khan Drogo, quando insegnò al fascinoso bruto un po' di kamasutra. "Produttore esecutivo" non è un mestiere che fa sognare, in un paese di artisti e di aspiranti registi, già la sceneggiatura da noi viene considerata poco o nulla. Ma in un'impresa titanica come "Game of Thrones" — l'ultima stagione ha fatto il record di spettatori, negli Stati Uniti e in Italia dove va in onda su Sky Atlantic — è chi rende possibili le cose, trasportandole dalla pagina allo schermo. George R. R. Martin, che ha scritto la saga "Cronache del ghiaccio e del fuoco" all'origine della serie, non ha questi problemi. Scrive "draghi volanti sputafuoco" con la stessa facilità con cui l'abbiamo scritto noi, e lo stesso vale per i combattimenti con gli orsi, o per le scene di massa. Bernadette Caulflied deve trovare l'orso, convincere l'attrice a recitare con lui, far disegnare i dragoni (che non sono mica tutti uguali, qui sono particolarmente eleganti, si capiva dalle uova), ordinarne la costruzione nel reparto effetti speciali o inserirli in post produzione, dopo che la scena è stata girata con un segnaposto per il drago feroce. Deve organizzare fino a cinque unità di regia, al lavoro in Spagna, in Croazia, in Islanda sotto la tempesta di ghiaccio. Deve organizzare migliaia di comparse. Deve sussurrare all'orecchio degli attori, magari alle tre del mattino, dopo mesi di lavoro al freddo della notte: "Ci sarebbe da discutere la prossima battuta in lingua dothraki". Lo racconta Emilia Clarke al New York Times, che in vista dell'evento — oltre al solito riassunto delle puntata precedenti, alla guida per chi ha smarrito la trama, alle scommesse su chi alla fine conquisterà il Trono di Spade — dedica un ritratto "alla più grande produttrice vivente". Chi ha visto il primo episodio dell'ultima stagione sa già che almeno una delle ipotesi è caduta sotto il peso di una rivelazione. E sa cosa mangiano i draghi. Mangiano quel che vogliono, ma al momento stanno un po' a stecchetto. Sta per arrivare il momento in cui bisognerà scegliere tra un drago pasciuto e un esercito numeroso. Però volano, e Jon Snow ne approfitta per una romantica cavalcata, aggrappato alle scaglie. Per il titolo "serie che ha cambiato la storia della tv" gareggiano molte concorrenti. Di sicuro, dalla prima puntata di "Game of Thrones" (era il 2011) la storia della televisione è cambiata per conto suo, non solo per l'eccelsa qualità di certi prodotti. "House of Cards" di Beau Williamson (con Kevin Spacey, ne hanno cancellato anche la memoria) arriva su Netflix nel 2013 e butta all'aria la scansione settimanale — con il carico di ragionamenti e interpretazioni che avevano fatto la fortuna di "Lost". L'ottava stagione di "Game of Thrones" potrebbe essere l'ultimo appuntamento collettivo. Vale la pena di godersela, prima di tornare a chiudersi nella bolla dell'algoritmo". (Mariarosa Mancuso)
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giovedì 18 aprile 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
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martedì 16 aprile 2019
NEWS - Netflix, missione Italia! La società americana investe 200 milioni di euro per i prossimi 3 anni in produzioni made in Italy (ma Moccia anche no, dai...). Al momento però solo la soprannaturale "Curon" è originale e non "tratta da"
News tratta da "Italia Oggi"
Duecento milioni di euro per le produzioni italiane nei prossimi tre anni: è l'investimento deciso da Netflix, il gigante del video streaming on demand, che in questo modo moltiplicherà i contenuti made in Italy e destinati anche al resto del mondo grazie alla propria piattaforma. La società guidata da Reed Hastings ha iniziato a produrre in Italia nel 2015, con Suburra, serie originale realizzata insieme con Cattleya e Rai Fiction di cui è stata annunciata la terza stagione, poi si sono succedute altre produzioni e diverse sono in lavorazione attualmente. Lo scorso anno, ha fatto sapere Netfiix, quasi 50 mila persone, contando cast e altro personale, hanno lavorato su produzioni originali e co-produzioni Netflix in Europa, e di queste circa 9 mila in Italia. «La comunità creativa italiana è molto ammirata in tutto il mondo per la qualità delle sue storie e per le sue capacità produttive», ha commentato Kelly Luegenbiehl, vice president of International Originals per Europa, Medio Oriente ed Africa. «E stato emozionante vedere show italiani e realizzati in Italia come Suburra - La Serie e Baby e film come Sulla mia pelle, raggiungere una platea globale. Questo investimento ci consentirà di realizzare un numero maggiore di produzioni qui in Italia, che ci auguriamo il pubblico globale apprezzerà, e ci consentirà anche di supportare in modo più ampio la comunità creativa italiana». Oltre alle produzioni, infatti, dovrebbero esserci altre iniziative che saranno dettagliate in seguito dal momento che Netflix è già in contatto con le associazioni del settore. Per Francesco Rutelli, presidente dell'Anice., «investimenti duraturi e in partnership con produttori originari italiani, sia per film che serie tv, porteranno effetti positivi nel nostro paese», mentre Giancarlo Leone, presidente dell'Apa (Associazione produttori audiovisivi), ha parlato di un annuncio «di grande importanza per l'intero settore dell'audiovisivo italiano». «Siamo certi», ha aggiunto Leone, «che i rafforzati rapporti tra i produttori indipendenti nazionali e Netflix contribuiranno ad una presenza sempre più significativa del servizio in Italia e ad una vetrina di successo internazionale per le produzioni italiane nel mondo, oltre che ad una ulteriore crescita dell'intera filiera creativa nel mercato globale». La notizia dell'investimento arriva poche ore prima del rilascio dei dati del primo trimestre, che dovrebbero vedere gli abbonati a livello globale arrivare a quota 150 milioni. Le stime della società parlavano di ulteriori 9 milioni di abbonati paganti attesi nei tre mesi, oltre a 8 milioni nel primo mese di test gratuito. La maggior parte dei nuovi abbonati, 1'80% circa, arriva dai mercati internazionali dove Netflix sta appunto investendo parecchio in termini di contenuti. Fra le ultime serie, per esempio, ci sono produzioni turche, polacche e del bacino mediorientale, per non parlare dell'hub produttivo aperto in Spagna. L'investimento in contenuti originali europei è stato di 1 miliardo di dollari lo scorso anno. Fra i progetti già annunciati o in lavorazione per quest'anno in Italia ci sono Luna Nera (Fandango), Curon (Indiana Productions); l'adattamento di Tre metri sopra il cielo di Moccia (Cattleya) e quello di Winx Club, oltre all'acquisizione dei diritti audiovisivi del libro Fedeltà di Marco Missiroli.
News tratta da "Italia Oggi"
Duecento milioni di euro per le produzioni italiane nei prossimi tre anni: è l'investimento deciso da Netflix, il gigante del video streaming on demand, che in questo modo moltiplicherà i contenuti made in Italy e destinati anche al resto del mondo grazie alla propria piattaforma. La società guidata da Reed Hastings ha iniziato a produrre in Italia nel 2015, con Suburra, serie originale realizzata insieme con Cattleya e Rai Fiction di cui è stata annunciata la terza stagione, poi si sono succedute altre produzioni e diverse sono in lavorazione attualmente. Lo scorso anno, ha fatto sapere Netfiix, quasi 50 mila persone, contando cast e altro personale, hanno lavorato su produzioni originali e co-produzioni Netflix in Europa, e di queste circa 9 mila in Italia. «La comunità creativa italiana è molto ammirata in tutto il mondo per la qualità delle sue storie e per le sue capacità produttive», ha commentato Kelly Luegenbiehl, vice president of International Originals per Europa, Medio Oriente ed Africa. «E stato emozionante vedere show italiani e realizzati in Italia come Suburra - La Serie e Baby e film come Sulla mia pelle, raggiungere una platea globale. Questo investimento ci consentirà di realizzare un numero maggiore di produzioni qui in Italia, che ci auguriamo il pubblico globale apprezzerà, e ci consentirà anche di supportare in modo più ampio la comunità creativa italiana». Oltre alle produzioni, infatti, dovrebbero esserci altre iniziative che saranno dettagliate in seguito dal momento che Netflix è già in contatto con le associazioni del settore. Per Francesco Rutelli, presidente dell'Anice., «investimenti duraturi e in partnership con produttori originari italiani, sia per film che serie tv, porteranno effetti positivi nel nostro paese», mentre Giancarlo Leone, presidente dell'Apa (Associazione produttori audiovisivi), ha parlato di un annuncio «di grande importanza per l'intero settore dell'audiovisivo italiano». «Siamo certi», ha aggiunto Leone, «che i rafforzati rapporti tra i produttori indipendenti nazionali e Netflix contribuiranno ad una presenza sempre più significativa del servizio in Italia e ad una vetrina di successo internazionale per le produzioni italiane nel mondo, oltre che ad una ulteriore crescita dell'intera filiera creativa nel mercato globale». La notizia dell'investimento arriva poche ore prima del rilascio dei dati del primo trimestre, che dovrebbero vedere gli abbonati a livello globale arrivare a quota 150 milioni. Le stime della società parlavano di ulteriori 9 milioni di abbonati paganti attesi nei tre mesi, oltre a 8 milioni nel primo mese di test gratuito. La maggior parte dei nuovi abbonati, 1'80% circa, arriva dai mercati internazionali dove Netflix sta appunto investendo parecchio in termini di contenuti. Fra le ultime serie, per esempio, ci sono produzioni turche, polacche e del bacino mediorientale, per non parlare dell'hub produttivo aperto in Spagna. L'investimento in contenuti originali europei è stato di 1 miliardo di dollari lo scorso anno. Fra i progetti già annunciati o in lavorazione per quest'anno in Italia ci sono Luna Nera (Fandango), Curon (Indiana Productions); l'adattamento di Tre metri sopra il cielo di Moccia (Cattleya) e quello di Winx Club, oltre all'acquisizione dei diritti audiovisivi del libro Fedeltà di Marco Missiroli.
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lunedì 15 aprile 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
AVVENIRE
"This Is Us" esempio riuscito di (buona) famiglia
"Cè una serie televisiva che ha coinvolto e commosso gli Stati Uniti e che da qualche tempo sta mettendo insieme molti appassionati anche da noi. C'è chi la segue su Fox Life, chi su Sky Go e chi sulla piattaforma on demand di Amazon. S'intitola This is us (letteralmente "Questi siamo noi"), è ideata da Dan Fogelman e racconta le vicende della famiglia Pearson tra figli naturali e adottati, bianchi e neri, sviluppandola su più livelli temporali. Si va dagli anni Ottanta, da dove la storia prende avvio, ai giorni nostri. I protagonisti sono una coppia di genitori e i loro tre figli. Storie diverse, con alcuni punti in comune, destinate tutte a intrecciarsi, mentre la continua altalena tra presente e passato, oltre a permettere qualche colpo di scena, favorisce l'analisi psicologica dei per In molti casi la televisione mette in ombra o in cattiva luce la famiglia tradizionale, ma non mancano le eccezioni interessanti sonaggi mettendo in evidenza i rapporti interpersonali, soprattutto tra figli e genitori, ma anche le insoddisfazioni peri sogni non realizzati o la ricerca di un cambiamento.
AVVENIRE
"This Is Us" esempio riuscito di (buona) famiglia
"Cè una serie televisiva che ha coinvolto e commosso gli Stati Uniti e che da qualche tempo sta mettendo insieme molti appassionati anche da noi. C'è chi la segue su Fox Life, chi su Sky Go e chi sulla piattaforma on demand di Amazon. S'intitola This is us (letteralmente "Questi siamo noi"), è ideata da Dan Fogelman e racconta le vicende della famiglia Pearson tra figli naturali e adottati, bianchi e neri, sviluppandola su più livelli temporali. Si va dagli anni Ottanta, da dove la storia prende avvio, ai giorni nostri. I protagonisti sono una coppia di genitori e i loro tre figli. Storie diverse, con alcuni punti in comune, destinate tutte a intrecciarsi, mentre la continua altalena tra presente e passato, oltre a permettere qualche colpo di scena, favorisce l'analisi psicologica dei per In molti casi la televisione mette in ombra o in cattiva luce la famiglia tradizionale, ma non mancano le eccezioni interessanti sonaggi mettendo in evidenza i rapporti interpersonali, soprattutto tra figli e genitori, ma anche le insoddisfazioni peri sogni non realizzati o la ricerca di un cambiamento.
o sfasamento temporale permette anche di aggiungere ogni volta dei tasselli che chiariscono le ragioni delle nuove dinamiche e dei nuovi equilibri che si sono venuti a creare nel corso degli anni. In altre parole, i momenti cruciali, le svolte e le scelte che hanno dato una direzione alla vita dei protagonisti in un verso anziché in un altro. Se poi sia stato giusto o sbagliato lo si valuta sulla lunga distanza pronti a rimediare. This is us è una serie realizzata con buona tecnica e intreccio coinvolgente, che ha il pregio di raccontare l'essere umano nel contesto della famiglia attraverso il matrimonio, il rapporto tra padri e figli o tra fratelli, la malattia e persino la morte. Lo fa senza sconti, raccontando la complessità della vita, con molto realismo, ma anche con molta umanità. Da una parte si può accusare un genitore di avere spezzato il sogno di un figlio. Dall'altra il figlio ammette che deve al genitore la propria forza. Nel frattempo tutti imparano a condividere gioie, perdono, coraggio e speranza, felicità e amore, guidati come nella vita reale da emozioni e sentimenti.
Evero che la tv tende a semplificare, ari durre al minimo comune denominatore i problemi, pur ingigantendoli o riducendoli a seconda delle necessità. E vero anche che non c'è in questa serie come in altre un riferimento esplicito alla trascendenza o a una morale più stringente e non mancano nemmeno elementi discutibili, ma almeno c'è la ricerca delle proprie radici, la fedeltà, l'apertura alla vita, la condivisione.Valori che se anche presentati in modo laico possono creare un humus positivo per una riflessione che può andare ben oltre la contingenza di una serie tv. Non va sottovalutato nemmeno lo spaccato sulla società americana che in qualche modo scorre sullo sfondo accennando a temi importanti come l'integrazione, i diritti civili, le ripercussioni interne delle guerre combattute fuori dai propri confini, le questioni etiche, quelle morali e quelle politiche.
Pur con tutti i limiti di una fiction televisiva, va dato atto a This is us di essere una delle non molte serie che affrontano senza particolari distorsioni il tema della famiglia. E non è un caso che negli Stati Uniti vada in onda sulla Nbc che già aveva trasmesso Parenthood dalla quale è stata esplicitamente tratta la nostra Tutto può succedere, altro caso di family drama innovativo, con una buona scrittura e un buon ritmo, che racconta le vicende di quattro fratelli (due maschi e due femmine), con i loro coniugi (in due casi), i loro figli (in tutti e quattro i casi) e i loro genitori, puntando sulla solidarietà familiare e il tentativo di dialogo tra le generazioni, ma anche sull'accettazione della gravidanza e della maternità. Anche in Tutto può succedere come in This is us è già tanto che si parta da famiglie con tre o più figli di fronte a una realtà come quella italiana in cui la media è di uno o poco più. Per cui se è vero che in molti casi la televisione a livello di fiction mette in ombra o addirittura in cattiva luce la famiglia cosiddetta (ingiustamente) tradizionale a beneficio di ben altre aggregazioni, è altrettanto vero che non mancano le eccezioni, senza andare a scomodare La famiglia Bradford della serie cult della fine degli anni Settanta e inizio Ottanta E sufficiente aggiungere, ancora come esempio, I Durrell - La mia famiglia e altri animali, al momento in onda su LaEffe. Una storia che inizia nel 1935, quando Louisa Durrell improvvisamente si trasferisce insieme ai suoi quattro figli da Bournemouth, in Inghilterra, a Corfu, in Grecia. Suo marito, Lawrence, è morto da alcuni anni e la famiglia sta attraversando un periodo difficile dal punto di vista economica Nell'isola greca, dove l'elettricità è ancora un lusso, ma la vita è molto meno costosa, i cinque trovano una nuova dimensione, mentre il piccolo di famiglia, Gerry, scopre l'amore per gli animali, che osserva nelle sue spedizioni e spesso decide di portare a casa con rocambolesche conseguenze. L'interessante della serie è l'analisi dei personaggi umani studiati quasi al pari degli animali (in senso positivo, ovviamente). A volte gli autori lo fanno con molta ironia, inventandosi anche qualche piccola perfidia da affidare alle parole e all'azione dei propri protagonisti. Non sono soltanto memorie, né soltanto osservazioni naturalistiche, bensì la storia di un paradiso terrestre e di un ragazzo che vi scorrazza instancabile, curioso di scoprire la vita, passando anche attraverso avventure, tensioni e turbamenti, ma sempre in un clima di sostanziale serenità. Una serie che descrive con l'occhio del bambino e al tempo stesso dello scienziato una famiglia disordinata e rissosa, ma felice, pronta a tutto pur di rimanere unita i sono anche le cosiddette sitcom che affrontano spesso il tema della famiglia con storie di padri, madri e figli a confronto, la maggior parte delle quali arriva dagli Stati Uniti. Tra le migliori, sempre per fare degli esempi, c'è senz'altro Speechless, che con ironica leggerezza e senza pietismi tratta anche il tema della disabilità. La serie segue le vicende della famiglia DiMeo: padre, madre e tre figli di cui il maggiore affetto da paralisi cerebrale infantile. Accettabile anche The Middle, che narra di una famiglia composita, nel carattere e non solo. Si potrebbe definire una famiglia ad altezza variabile: il padre altissimo, la madre piccoletta, un figlio quasi nano e gli altri due nella media. Anche il fisico, al pari dell'arredamento e dei colori della casa, ha un senso nel caotico gruppo familiare le cui vicende sono narrate dal punto di vista della mamma. Quella di The Middle è una comicità surreale non proprio nelle nostre corde, e il doppiaggio non aiuta, ma lo stile è sostanzialmente garbato, la famiglia gioca pur sempre un ruolo positivo e qualche sorriso, se non proprio una risata, ci scappa. Insomma, la famiglia sarà anche in crisi, ma perla tv resta una grande fonte di ispirazione: ci pesca a piene mani e a volte con buoni risultati".
Evero che la tv tende a semplificare, ari durre al minimo comune denominatore i problemi, pur ingigantendoli o riducendoli a seconda delle necessità. E vero anche che non c'è in questa serie come in altre un riferimento esplicito alla trascendenza o a una morale più stringente e non mancano nemmeno elementi discutibili, ma almeno c'è la ricerca delle proprie radici, la fedeltà, l'apertura alla vita, la condivisione.Valori che se anche presentati in modo laico possono creare un humus positivo per una riflessione che può andare ben oltre la contingenza di una serie tv. Non va sottovalutato nemmeno lo spaccato sulla società americana che in qualche modo scorre sullo sfondo accennando a temi importanti come l'integrazione, i diritti civili, le ripercussioni interne delle guerre combattute fuori dai propri confini, le questioni etiche, quelle morali e quelle politiche.
Pur con tutti i limiti di una fiction televisiva, va dato atto a This is us di essere una delle non molte serie che affrontano senza particolari distorsioni il tema della famiglia. E non è un caso che negli Stati Uniti vada in onda sulla Nbc che già aveva trasmesso Parenthood dalla quale è stata esplicitamente tratta la nostra Tutto può succedere, altro caso di family drama innovativo, con una buona scrittura e un buon ritmo, che racconta le vicende di quattro fratelli (due maschi e due femmine), con i loro coniugi (in due casi), i loro figli (in tutti e quattro i casi) e i loro genitori, puntando sulla solidarietà familiare e il tentativo di dialogo tra le generazioni, ma anche sull'accettazione della gravidanza e della maternità. Anche in Tutto può succedere come in This is us è già tanto che si parta da famiglie con tre o più figli di fronte a una realtà come quella italiana in cui la media è di uno o poco più. Per cui se è vero che in molti casi la televisione a livello di fiction mette in ombra o addirittura in cattiva luce la famiglia cosiddetta (ingiustamente) tradizionale a beneficio di ben altre aggregazioni, è altrettanto vero che non mancano le eccezioni, senza andare a scomodare La famiglia Bradford della serie cult della fine degli anni Settanta e inizio Ottanta E sufficiente aggiungere, ancora come esempio, I Durrell - La mia famiglia e altri animali, al momento in onda su LaEffe. Una storia che inizia nel 1935, quando Louisa Durrell improvvisamente si trasferisce insieme ai suoi quattro figli da Bournemouth, in Inghilterra, a Corfu, in Grecia. Suo marito, Lawrence, è morto da alcuni anni e la famiglia sta attraversando un periodo difficile dal punto di vista economica Nell'isola greca, dove l'elettricità è ancora un lusso, ma la vita è molto meno costosa, i cinque trovano una nuova dimensione, mentre il piccolo di famiglia, Gerry, scopre l'amore per gli animali, che osserva nelle sue spedizioni e spesso decide di portare a casa con rocambolesche conseguenze. L'interessante della serie è l'analisi dei personaggi umani studiati quasi al pari degli animali (in senso positivo, ovviamente). A volte gli autori lo fanno con molta ironia, inventandosi anche qualche piccola perfidia da affidare alle parole e all'azione dei propri protagonisti. Non sono soltanto memorie, né soltanto osservazioni naturalistiche, bensì la storia di un paradiso terrestre e di un ragazzo che vi scorrazza instancabile, curioso di scoprire la vita, passando anche attraverso avventure, tensioni e turbamenti, ma sempre in un clima di sostanziale serenità. Una serie che descrive con l'occhio del bambino e al tempo stesso dello scienziato una famiglia disordinata e rissosa, ma felice, pronta a tutto pur di rimanere unita i sono anche le cosiddette sitcom che affrontano spesso il tema della famiglia con storie di padri, madri e figli a confronto, la maggior parte delle quali arriva dagli Stati Uniti. Tra le migliori, sempre per fare degli esempi, c'è senz'altro Speechless, che con ironica leggerezza e senza pietismi tratta anche il tema della disabilità. La serie segue le vicende della famiglia DiMeo: padre, madre e tre figli di cui il maggiore affetto da paralisi cerebrale infantile. Accettabile anche The Middle, che narra di una famiglia composita, nel carattere e non solo. Si potrebbe definire una famiglia ad altezza variabile: il padre altissimo, la madre piccoletta, un figlio quasi nano e gli altri due nella media. Anche il fisico, al pari dell'arredamento e dei colori della casa, ha un senso nel caotico gruppo familiare le cui vicende sono narrate dal punto di vista della mamma. Quella di The Middle è una comicità surreale non proprio nelle nostre corde, e il doppiaggio non aiuta, ma lo stile è sostanzialmente garbato, la famiglia gioca pur sempre un ruolo positivo e qualche sorriso, se non proprio una risata, ci scappa. Insomma, la famiglia sarà anche in crisi, ma perla tv resta una grande fonte di ispirazione: ci pesca a piene mani e a volte con buoni risultati".
domenica 14 aprile 2019
venerdì 12 aprile 2019
GOSSIP - Mad(den) Man! Dopo "GOT" tocca diventare...super-eroi!
Richard Madden gets down and dirty on the cover of Interview Magazine‘s Spring 2019 issue.
Richard Madden gets down and dirty on the cover of Interview Magazine‘s Spring 2019 issue.
The 32-year-old actor, who stars in the movie Rocketman, chatted with the film’s subject Elton John for his interview. Here’s what he shared:
On moving to Los Angeles: “I’ve been rather disinterested in living in L.A. for most of my career, but I’ve recently spent a lot more time here. It suits me more, it’s a much more proactive place. I can be lazier in London than I can be in L.A.”
On where he wants to be in five years: “I have no idea. I want to be happy. I want to be settled, calmer than I have been in my twenties. I want to be in a solid place where I can keep trying to get better at what I’m doing.”
On baring his soul on stage: “Nothing is more terrifying to me than standing up in front of a room of ten people. I was presenting at an awards ceremony the other week, physically shaking onstage, so much that I was sweating. But I can get naked onstage in front of 2,000 people as another character and it’s not an issue.”
On possibly playing a superhero: “You learn different skills from doing different things. Slam me in a bunch of Lycra and ask me to be a superhero, okay. Let’s work out how to do that and be honest within it.”
mercoledì 10 aprile 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
Occhio a "Fosse/Verdon", biografia di coppia sulla grande Broadway che non c'è più
"Bob Fosse lo conosciamo, per "Cabaret", per "Lenny" e per "All That Jazz - Lo spettacolo comincia": l'autobiografia con l'angelo della morte che aspetta il suo tributo, dopo un infarto. Gwen Verdon la conosciamo meno. Prima che cominci la litania "grandi uomini arrampicati sulle spalle di una grande donna" va chiarito che lavorava a Broadway, che fu lei la prima Roxie - l'assassina in cerca di celebrità -nel musical teatrale "Chicago". Bob Fosse lo aveva costruito sulla bravura di Gwen Verdon, come "Sweet Charity", molto liberamente tratto da "Le notti di Cabiria" di Federico Fellini. Per agevolare il delicato passaggio da Broadway a Hollywood, i produttori pretesero un'attrice e ballerina conosciuta da chi andava al cinema. La parte della "ragazza che voleva essere amata", (come suggerisce il titolo italiano del film, toccò a Shirley MacLaine. E non fu un gran successo. Speriamo che la miniserie "Fosse/Verdon" (8 episodi, dal 18 aprile su Fox Life, con pochi giorni di ritardo rispetto all'uscita americana su FX) non insista sulle amanti di lui - non c'era ballerina che gli sfuggisse - e sulle sofferenze di lei, che continuò a far coppia nelle coreografie anche quando non stavano più insieme. In tempi di #Metoo non si è mai abbastanza diffidenti. E il filone "artisti vampiri, compagne che si fanno mordere sul collo" era già stato ampiamente sfruttato. Speriamo, perché la storia da raccontare ripercorre gli anni d'oro di Broadway, dove succedevano cose più interessanti dei tradimenti (le corna succedono in tutti i luoghi di lavoro, anche tra le scrivanie). Lin-Manuel Miranda di "Hamilton" sarà il produttore esecutivo, da uno che ha saputo scrivere un musical sulla Costituzione americana e il padre fondatore che sta sul biglietto di dieci dollari aspettiamo grandi cose. Ci aspettiamo grandi cose anche da Sam Rockwell e Michelle Williams, gli attori scelti nei ruoli di Bob Fosse e Gwen Verdon. Con uso di tip tap, certo, mischiato con la danza moderna e il jazz. Segni particolari: le ginocchia a spigolo, e quel lavorio di mani che si riconosce all'istante. Gli attori americani sanno far tutto e non temono di apparire calvi. Bob Fosse si era fatto notare nel film "Kiss me Kate" (le musiche erano di Cole Porter) tratto da "La bisbetica domata" di Shakespeare. I bisticci tra Caterina e Petruccio erano raddoppiati nella trama dai litigi tra gli attori, coniugi rissosamente divorziati, mentre due gangster venuti a riscuotere un debito di gioco pretendevano un posticino sul palco (per cantare "Brush up Your Shakespeare", a quel tempo anche il recupero crediti frequentava scuole decenti). Ma appunto era calvo, aveva più possibilità dietro le quinte, come coreografo (8 Tony Award) e regista (un altro Tony Award). Gwen Verdon era già una star, quando incontrò il coreografo: fu lei a intercedere per una seconda possibilità cinematografica, dopo l'insuccesso della prima. Il film era "Cabaret", fruttò a Bob Fosse il successo e la bellezza di otto Oscar (la Palma d'oro a Cannes arriverà per "All That Jazz", a pari merito con Akira Kurosawa per "Rashomon", presidente di giuria era Kirk Douglas, cose che succedevano nel 1980). E siamo al secondo grande rischio che la miniserie ha scelto di correre: trovare due attori in grado di rendere giustizia a Liza Minnelli e al maestro di cerimonie Joel Grey. Bob Fosse ballò il tip tap al funerale dell'amico sceneggiatore Paddy Chayefsky, glielo aveva promesso e mantenne la parola. Son queste le scene che aspettiamo: le corna e le ripicche coniugali gira e rigira sono sempre le stesse". (Mariarosa Mancuso)
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Occhio a "Fosse/Verdon", biografia di coppia sulla grande Broadway che non c'è più
"Bob Fosse lo conosciamo, per "Cabaret", per "Lenny" e per "All That Jazz - Lo spettacolo comincia": l'autobiografia con l'angelo della morte che aspetta il suo tributo, dopo un infarto. Gwen Verdon la conosciamo meno. Prima che cominci la litania "grandi uomini arrampicati sulle spalle di una grande donna" va chiarito che lavorava a Broadway, che fu lei la prima Roxie - l'assassina in cerca di celebrità -nel musical teatrale "Chicago". Bob Fosse lo aveva costruito sulla bravura di Gwen Verdon, come "Sweet Charity", molto liberamente tratto da "Le notti di Cabiria" di Federico Fellini. Per agevolare il delicato passaggio da Broadway a Hollywood, i produttori pretesero un'attrice e ballerina conosciuta da chi andava al cinema. La parte della "ragazza che voleva essere amata", (come suggerisce il titolo italiano del film, toccò a Shirley MacLaine. E non fu un gran successo. Speriamo che la miniserie "Fosse/Verdon" (8 episodi, dal 18 aprile su Fox Life, con pochi giorni di ritardo rispetto all'uscita americana su FX) non insista sulle amanti di lui - non c'era ballerina che gli sfuggisse - e sulle sofferenze di lei, che continuò a far coppia nelle coreografie anche quando non stavano più insieme. In tempi di #Metoo non si è mai abbastanza diffidenti. E il filone "artisti vampiri, compagne che si fanno mordere sul collo" era già stato ampiamente sfruttato. Speriamo, perché la storia da raccontare ripercorre gli anni d'oro di Broadway, dove succedevano cose più interessanti dei tradimenti (le corna succedono in tutti i luoghi di lavoro, anche tra le scrivanie). Lin-Manuel Miranda di "Hamilton" sarà il produttore esecutivo, da uno che ha saputo scrivere un musical sulla Costituzione americana e il padre fondatore che sta sul biglietto di dieci dollari aspettiamo grandi cose. Ci aspettiamo grandi cose anche da Sam Rockwell e Michelle Williams, gli attori scelti nei ruoli di Bob Fosse e Gwen Verdon. Con uso di tip tap, certo, mischiato con la danza moderna e il jazz. Segni particolari: le ginocchia a spigolo, e quel lavorio di mani che si riconosce all'istante. Gli attori americani sanno far tutto e non temono di apparire calvi. Bob Fosse si era fatto notare nel film "Kiss me Kate" (le musiche erano di Cole Porter) tratto da "La bisbetica domata" di Shakespeare. I bisticci tra Caterina e Petruccio erano raddoppiati nella trama dai litigi tra gli attori, coniugi rissosamente divorziati, mentre due gangster venuti a riscuotere un debito di gioco pretendevano un posticino sul palco (per cantare "Brush up Your Shakespeare", a quel tempo anche il recupero crediti frequentava scuole decenti). Ma appunto era calvo, aveva più possibilità dietro le quinte, come coreografo (8 Tony Award) e regista (un altro Tony Award). Gwen Verdon era già una star, quando incontrò il coreografo: fu lei a intercedere per una seconda possibilità cinematografica, dopo l'insuccesso della prima. Il film era "Cabaret", fruttò a Bob Fosse il successo e la bellezza di otto Oscar (la Palma d'oro a Cannes arriverà per "All That Jazz", a pari merito con Akira Kurosawa per "Rashomon", presidente di giuria era Kirk Douglas, cose che succedevano nel 1980). E siamo al secondo grande rischio che la miniserie ha scelto di correre: trovare due attori in grado di rendere giustizia a Liza Minnelli e al maestro di cerimonie Joel Grey. Bob Fosse ballò il tip tap al funerale dell'amico sceneggiatore Paddy Chayefsky, glielo aveva promesso e mantenne la parola. Son queste le scene che aspettiamo: le corna e le ripicche coniugali gira e rigira sono sempre le stesse". (Mariarosa Mancuso)
martedì 9 aprile 2019
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