NEWS - La Bonelli sarà la Marvel italiana e produrrà le serie tv dei propri fumetti: "Dylan Dog", "Martin Mystère" e "Nathan Never" in carne ed ossa...
La Sergio Bonelli Editore ha annunciato la creazione di Bonelli Entertainment, "braccio produttivo" della casa editrice nato con lo scopo di sviluppare progetti cinematografici e televisivi basati sui propri personaggi e sulle proprie storie originali. Alla stregua dell'americana Marvel, editrice degli albi dei supereroi più famosi del mondo, anche la più importante casa editrice di fumetti italiana ha deciso di creare una sua sezione di produzione cinematografica e tv. La nuova unità sta attualmente sviluppando una serie tv horror live-action di dieci episodi basata su Dylan Dog, l'indagatore dell'incubo, e sono allo studio progetti per cinema e tv che coinvolgeranno "Martin Mystère", "Mister No", "Dampyr", "Dragonero", "II Confine" e l'universo legato a "Nathan Never". Dylan Dog, creato da Tiziano Sclavi, è uno dei nomi di maggior successo nella storia della Sergio Bonelli Editore; fu lanciato nel 1986 e da allora sono stati pubblicati oltre 500 differenti episodi a fumetti. II fumetto è stato distribuito in trenta Paesi e attualmente è venduto in undici nazioni.
sabato 4 agosto 2018
giovedì 2 agosto 2018
mercoledì 1 agosto 2018
L'EDICOLA DI LOU . Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL GIORNALE
"Good Girls", AAA cercasi modelli femminili migliori
"Sono tre brave ragazze perché nonostante rapinino un supermercato, il che non sarebbe comunque legale, avrebbero le loro giuste motivazioni, dunque se non assolverle almeno ce le prendiamo in simpatia. Good Girls, da alcuni giorni su Netflix, è la prima stagione di una nuova serie in otto episodi più un pilot, che riprende lo stereotipo della donna costretta a ribellarsi per il peso e l'ingiustizia della società. Un tema piuttosto battuto dalla tv americana, non a caso l'ideatrice Jenna Bans aveva lavorato alla sceneggiatura di Desperate Housewives. Beth (Christina Hendricks) è una bella quarantenne con quattro figli e un marito scemo, che oltre a tradirla con un'aspirante attrice di spot commerciali, ha sbagliato tutti gli investimenti e sta affogando in un mare di debiti. Sua sorella Ruby (Retta) combatte una strenua battaglia per l'affidamento della figlia, il cui tipo fisico è modellato su Shiloh, rampolla no gender di Brad Pitt - Angelina Jolie. Fa la commessa e ha un tatuaggio sul fondoschiena, ma i tatuaggi sono vivamente sconsigliati ai rapinatori. Annie (Mae Whitman) è una tonda signora di colore, sposa felice non fosse per la malattia della piccola figlia in attesa di un trapianto di rene. Non ci sono abbastanza soldi per operarla secondo il cinico sistema assistenziale americano. Se i denari non ci sono, vanno recuperati in ogni modo. La sit-com comica e sarcastica, che ironizza sul sesso e sulla famiglia, prende di mira i modelli consunti e falsi della famiglia felice, si sfoga contro il sistema maschilista arrivando persino a citare Thelma e Louise, trasformandosi, di episodio in episodio, in commedia nera con risvolti thriller. Un prodotto di genere neppure così male, anche se fortemente ancorato su quegli stereotipi americani così trash che noi europei stentiamo a capire fino in fondo. Good Girls strappa sorrisi e si fa seguire, ma c'è un ma: l'immagine della donna ne esce, se non devastata, almeno compromessa. Brave ragazze che per resistere sono costrette a inseguire il maschio nel territorio dove è padrone assoluto: la stupidità. E quando tre donne vogliono essere peggio dei colleghi uomini non c'è partita, vincono loro. Non un discorso degno di essere seguito, non uno scambio di battute che si elevi dalla più inutile medietà. Argomenti: le corna, la depilazione vaginale, la triste realtà della coppia, ex mariti bastardi e nulla più. Non un libro, un film, neppure una ricetta che ne riveli un qualche tratto distintivo particolare. Non ci saremmo aspettati personaggi con caratteri alla Gertrude Stein, Virginia Woolf, ci saremmo persino accontentati di una copia di Michelle Obama e invece nulla. Le tre Good Girls sono talmente vuote e superficiali da giustificarne gli abbandoni, a parte la Madre Coraggio che, per convenzione politicamene corretta, non può non essere nera. Cercasi modelli femminili migliori. Speriamo ne escano da qualche parte, nella mente di uno sceneggiatore illuminato e coraggioso". (Luca Beatrice)
IL GIORNALE
"Good Girls", AAA cercasi modelli femminili migliori
"Sono tre brave ragazze perché nonostante rapinino un supermercato, il che non sarebbe comunque legale, avrebbero le loro giuste motivazioni, dunque se non assolverle almeno ce le prendiamo in simpatia. Good Girls, da alcuni giorni su Netflix, è la prima stagione di una nuova serie in otto episodi più un pilot, che riprende lo stereotipo della donna costretta a ribellarsi per il peso e l'ingiustizia della società. Un tema piuttosto battuto dalla tv americana, non a caso l'ideatrice Jenna Bans aveva lavorato alla sceneggiatura di Desperate Housewives. Beth (Christina Hendricks) è una bella quarantenne con quattro figli e un marito scemo, che oltre a tradirla con un'aspirante attrice di spot commerciali, ha sbagliato tutti gli investimenti e sta affogando in un mare di debiti. Sua sorella Ruby (Retta) combatte una strenua battaglia per l'affidamento della figlia, il cui tipo fisico è modellato su Shiloh, rampolla no gender di Brad Pitt - Angelina Jolie. Fa la commessa e ha un tatuaggio sul fondoschiena, ma i tatuaggi sono vivamente sconsigliati ai rapinatori. Annie (Mae Whitman) è una tonda signora di colore, sposa felice non fosse per la malattia della piccola figlia in attesa di un trapianto di rene. Non ci sono abbastanza soldi per operarla secondo il cinico sistema assistenziale americano. Se i denari non ci sono, vanno recuperati in ogni modo. La sit-com comica e sarcastica, che ironizza sul sesso e sulla famiglia, prende di mira i modelli consunti e falsi della famiglia felice, si sfoga contro il sistema maschilista arrivando persino a citare Thelma e Louise, trasformandosi, di episodio in episodio, in commedia nera con risvolti thriller. Un prodotto di genere neppure così male, anche se fortemente ancorato su quegli stereotipi americani così trash che noi europei stentiamo a capire fino in fondo. Good Girls strappa sorrisi e si fa seguire, ma c'è un ma: l'immagine della donna ne esce, se non devastata, almeno compromessa. Brave ragazze che per resistere sono costrette a inseguire il maschio nel territorio dove è padrone assoluto: la stupidità. E quando tre donne vogliono essere peggio dei colleghi uomini non c'è partita, vincono loro. Non un discorso degno di essere seguito, non uno scambio di battute che si elevi dalla più inutile medietà. Argomenti: le corna, la depilazione vaginale, la triste realtà della coppia, ex mariti bastardi e nulla più. Non un libro, un film, neppure una ricetta che ne riveli un qualche tratto distintivo particolare. Non ci saremmo aspettati personaggi con caratteri alla Gertrude Stein, Virginia Woolf, ci saremmo persino accontentati di una copia di Michelle Obama e invece nulla. Le tre Good Girls sono talmente vuote e superficiali da giustificarne gli abbandoni, a parte la Madre Coraggio che, per convenzione politicamene corretta, non può non essere nera. Cercasi modelli femminili migliori. Speriamo ne escano da qualche parte, nella mente di uno sceneggiatore illuminato e coraggioso". (Luca Beatrice)
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martedì 31 luglio 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LA STAMPA
"Killing Eve", partita a scacchi tra le ossessioni femminili
"Killing Eve è una storia di ossessioni. Da una parte c'è Eve Polastri, agente dell'MIS, esperta di assassine; e all'altra c'è Villanelle, incontrollabile (per gli altri), sociopatica, sopra le righe. Una è interpretata da Sandra Oh (l'ex Cristina Yang di Grey's Anatomy), così brava da ricevere una nomination come miglior attrice in una serie drammatica agli Emmy Awards 2018, la prima volta in assoluto per un'asiatica. L'altra è Jodie Comer, venticinquenne inglese. Killing Eve è scritta da Phoebe Waller-Bridge, già autrice e protagonista di Fleabag, ed è basata sulla serie di romanzi Codename Villanelle di Luke Jennings. La notizia è che prossimamente, in autunno, arriverà anche qui in Italia, disponibile sulla piattaforma TimVision, che ha distribuito anche un altro successo e super favorito degli Emmy Awards, The Handmaid's Tale (di cui da poco s'è conclusa la seconda stagione). Killing Eve non è una semplice spy story, o un banalissimo thriller televisivo dai risvolti gialli. In questa serie, c'è tutta la complicatezza di due personaggi straordinari, appassionati e costruiti con attenzione e profondità. Mai banali ma rappresentati in un'intrigante spy story di ossessioni al femminile scrittura e dalle due attrici - nel migliore dei modi. Eve e Villanelle sviluppano una relazione morbosa, fatta di continui tira-e-molla. Una dipende dall'altra e viceversa. Si cercano, si inseguono e si desiderano. Finiscono per conoscersi, prima da lontano, poi sempre più vicino, e per rispettarsi. E un gioco rischioso, senza scrupoli, cerebrale. L'agente che cerca l'assassino, che si lascia incuriosire, che si appassiona e che alla fine, contro tutto e tutti, decide di andarlo a cercare e di confessarsi. Eve e Villanelle cambiano: ognuna a modo suo si trasforma dopo aver conosciuto l'altra, matura; vede qualcosa di cui, fino a poco prima, non sapeva niente. In otto episodi le due attraversano le mille sfumature del loro carattere e tutte le loro convinzioni; si abbandonano alle loro ossessioni e ne diventano quasi schiave. Paradossalmente, sono l'una la salvezza dell'altra". (Gianmaria Tammaro)
LA STAMPA
"Killing Eve", partita a scacchi tra le ossessioni femminili
"Killing Eve è una storia di ossessioni. Da una parte c'è Eve Polastri, agente dell'MIS, esperta di assassine; e all'altra c'è Villanelle, incontrollabile (per gli altri), sociopatica, sopra le righe. Una è interpretata da Sandra Oh (l'ex Cristina Yang di Grey's Anatomy), così brava da ricevere una nomination come miglior attrice in una serie drammatica agli Emmy Awards 2018, la prima volta in assoluto per un'asiatica. L'altra è Jodie Comer, venticinquenne inglese. Killing Eve è scritta da Phoebe Waller-Bridge, già autrice e protagonista di Fleabag, ed è basata sulla serie di romanzi Codename Villanelle di Luke Jennings. La notizia è che prossimamente, in autunno, arriverà anche qui in Italia, disponibile sulla piattaforma TimVision, che ha distribuito anche un altro successo e super favorito degli Emmy Awards, The Handmaid's Tale (di cui da poco s'è conclusa la seconda stagione). Killing Eve non è una semplice spy story, o un banalissimo thriller televisivo dai risvolti gialli. In questa serie, c'è tutta la complicatezza di due personaggi straordinari, appassionati e costruiti con attenzione e profondità. Mai banali ma rappresentati in un'intrigante spy story di ossessioni al femminile scrittura e dalle due attrici - nel migliore dei modi. Eve e Villanelle sviluppano una relazione morbosa, fatta di continui tira-e-molla. Una dipende dall'altra e viceversa. Si cercano, si inseguono e si desiderano. Finiscono per conoscersi, prima da lontano, poi sempre più vicino, e per rispettarsi. E un gioco rischioso, senza scrupoli, cerebrale. L'agente che cerca l'assassino, che si lascia incuriosire, che si appassiona e che alla fine, contro tutto e tutti, decide di andarlo a cercare e di confessarsi. Eve e Villanelle cambiano: ognuna a modo suo si trasforma dopo aver conosciuto l'altra, matura; vede qualcosa di cui, fino a poco prima, non sapeva niente. In otto episodi le due attraversano le mille sfumature del loro carattere e tutte le loro convinzioni; si abbandonano alle loro ossessioni e ne diventano quasi schiave. Paradossalmente, sono l'una la salvezza dell'altra". (Gianmaria Tammaro)
lunedì 30 luglio 2018
NEWS - HBO, attacco a Netflix! Nel 2019 contenuti on line per raggiungere il 40% del mercato
Atet vuole far grande Hbo. Il servizio streaming di Warner Media è destinato a espandersi secondo i piani di John Stankey, un manager di lungo corso di Atet che ora supervisiona Hbo, dopo l'acquisizione di Time Warner da parte del gigante delle telecomunicazioni. Secondo il New York Times, Stankey ha avvertito i dipendenti che quello a venire sarà un anno difficile perché c'è molto da lavorare sul servizio. La volontà di Atet sarebbe di portare Hbo a competere con Netflix e per questo serviranno molti contenuti rispetto all'approccio attuale, quello più di una boutique che di un grande mall. Hbo è comunque una macchina da soldi: a fronte di 2 miliardi di dollari di spesa nella programmazione (pari a 1,7 miliardi di euro), ha generato negli ultimi tre anni circa 6 miliardi di dollari di utili (pari a 5,1 miliardi di euro). Hbo dovrebbe raggiungere una penetrazione che va dal 35 al 40% delle case. Oggi ha 40 milioni di utenti negli Stati Uniti e 142 milioni nel mondo.
Atet vuole far grande Hbo. Il servizio streaming di Warner Media è destinato a espandersi secondo i piani di John Stankey, un manager di lungo corso di Atet che ora supervisiona Hbo, dopo l'acquisizione di Time Warner da parte del gigante delle telecomunicazioni. Secondo il New York Times, Stankey ha avvertito i dipendenti che quello a venire sarà un anno difficile perché c'è molto da lavorare sul servizio. La volontà di Atet sarebbe di portare Hbo a competere con Netflix e per questo serviranno molti contenuti rispetto all'approccio attuale, quello più di una boutique che di un grande mall. Hbo è comunque una macchina da soldi: a fronte di 2 miliardi di dollari di spesa nella programmazione (pari a 1,7 miliardi di euro), ha generato negli ultimi tre anni circa 6 miliardi di dollari di utili (pari a 5,1 miliardi di euro). Hbo dovrebbe raggiungere una penetrazione che va dal 35 al 40% delle case. Oggi ha 40 milioni di utenti negli Stati Uniti e 142 milioni nel mondo.
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sabato 28 luglio 2018
venerdì 27 luglio 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LA STAMPA
"The Chi" a metà tra "Atlanta" e "The Wire"
"The Chi, in onda dal 15 luglio su Fox Italia, è la serie tv creata da Lena Waithe, scrittrice, produttrice e attrice americana che agli Emmy Awards dell'anno scorso ha fatto la storia per essere stata la prima donna nera a vincere il premio per la miglior sceneggiatura di una comedy con il suo episodio, intitolato «Thanksgiving», in Master of None 2. È una bella serie, a metà tra The Wire, con questi toni sempre un po' neorealisti, e Atlanta, la creatura di Donald Glover. È ambientata a Chicago, racconta la comunità nera, e lo fa in un modo preciso, quasi documentaristico, tra pregiudizi, eventi comicamente surreali, spaccio di droga e storie di ragazzi. Ha dei momenti tesissimi, terribili per la loro verità. Altri, più leggeri e dosati, sono amalgamati perfettamente con tutto il resto. Non ha senso parlare di uno o più protagonisti, perché in The Chi c'è molto più di questo. C'è uno sguardo attento a una società particolare e a una città, ai più giovani e ai loro problemi, ai neri e a quello che - ogni giorno, ogni ora - devono subire. Nessuna retorica da romanzo rosa. Dura e cruda, come un pugno allo stomaco". (Gianmaria Tammaro)
LA STAMPA
"The Chi" a metà tra "Atlanta" e "The Wire"
"The Chi, in onda dal 15 luglio su Fox Italia, è la serie tv creata da Lena Waithe, scrittrice, produttrice e attrice americana che agli Emmy Awards dell'anno scorso ha fatto la storia per essere stata la prima donna nera a vincere il premio per la miglior sceneggiatura di una comedy con il suo episodio, intitolato «Thanksgiving», in Master of None 2. È una bella serie, a metà tra The Wire, con questi toni sempre un po' neorealisti, e Atlanta, la creatura di Donald Glover. È ambientata a Chicago, racconta la comunità nera, e lo fa in un modo preciso, quasi documentaristico, tra pregiudizi, eventi comicamente surreali, spaccio di droga e storie di ragazzi. Ha dei momenti tesissimi, terribili per la loro verità. Altri, più leggeri e dosati, sono amalgamati perfettamente con tutto il resto. Non ha senso parlare di uno o più protagonisti, perché in The Chi c'è molto più di questo. C'è uno sguardo attento a una società particolare e a una città, ai più giovani e ai loro problemi, ai neri e a quello che - ogni giorno, ogni ora - devono subire. Nessuna retorica da romanzo rosa. Dura e cruda, come un pugno allo stomaco". (Gianmaria Tammaro)
giovedì 26 luglio 2018
GOSSIP - Clamoroso al Cibali! La mamma di Cory Monteith ha saputo della morte del figlio da Lea Michele!
Cory Monteith‘s mom, Ann McGregor, is speaking about painfully hearing that her son had passed away in July of 2013. At the time, Cory had been dating his Glee co-star Lea Michele, and Ann says Lea called her “screaming” to ask her about the tragic news. “I got a call from Lea and she was screaming on the phone. She was yelling, ‘Is it true, is it true about Cory?’ and I said, ‘What about Cory?’ I had heard nothing. And then police knocked on my front door,” Ann recalled to People. “I went into a state of numbness. I just shut off all emotions, and I was numb.” “I knew it was real, but there were times when I could lie to myself and say, ‘He’s in L.A., he’ll call me soon.’ I’m still always hanging on edge. When you lose someone who is such a big part of you, you lose all purpose for living,” Ann added. Cory‘s mom spoke further about his tragic death, including what happened just before he died that may have contributed. If you don’t know, his cause of death was officially listed him as having “mixed drug toxicity, involving heroin and alcohol.”
Cory Monteith‘s mom, Ann McGregor, is speaking about painfully hearing that her son had passed away in July of 2013. At the time, Cory had been dating his Glee co-star Lea Michele, and Ann says Lea called her “screaming” to ask her about the tragic news. “I got a call from Lea and she was screaming on the phone. She was yelling, ‘Is it true, is it true about Cory?’ and I said, ‘What about Cory?’ I had heard nothing. And then police knocked on my front door,” Ann recalled to People. “I went into a state of numbness. I just shut off all emotions, and I was numb.” “I knew it was real, but there were times when I could lie to myself and say, ‘He’s in L.A., he’ll call me soon.’ I’m still always hanging on edge. When you lose someone who is such a big part of you, you lose all purpose for living,” Ann added. Cory‘s mom spoke further about his tragic death, including what happened just before he died that may have contributed. If you don’t know, his cause of death was officially listed him as having “mixed drug toxicity, involving heroin and alcohol.”
mercoledì 25 luglio 2018
NEWS - Fermi tutti! La spia russa Maria Butina che tramava contro la Casa Bianca ricorda (troppo) Simon Martin dell'ultima stagione di "Homeland"...solo un caso?
News tratta dal "Corriere della Sera"
Maria Butina, nonostante abbia solo 29 anni, ha già fatto molte cose. Ha aperto un negozio di mobili in Siberia, ad Alta Krai, quindi lo ha venduto per trasferirsi a Mosca dove si è lanciata nella politica. Due anni dopo avrebbe iniziato una nuova vita, più intrigante e densa di contatti, fino ad entrare nel grande gioco del Russiagate. Per gli investigatori statunitensi questa ragazza dai capelli rossi, tenace e intraprendente, è «un’agente di influenza» russa incaricata di aprire «un canale segreto» per arrivare fino a Donald Trump. Accusa severa che si è tramutata in un atto di incriminazione e nel successivo arresto, avvenuto di gran fretta nel timore che potesse scappare dagli Stati Uniti, il suo terreno di caccia. La giovane russa — se sono fondati gli addebiti — ricorda altre semi-spie sguinzagliate dal Cremlino in questi anni. Persone capaci di muoversi in ambienti diversi, abili nel tessere legami, costruire amicizie, agire in profondità. Molto humint, ossia molto fattore personale, e poca tecnologia. Tante feste e party, congressi e persino raduni di preghiera, incontri aperti, non missioni mascherate. L’importante è trovare il sentiero giusto, quello che conduce lontano. E nella terra delle Colt Maria Butina si è lanciata nelle braccia della lobby delle armi, la National Rifle Association. Ed ecco le foto che la ritraggono a fiere con pistole, fucili e cappello da cowboy. Coltivando relazioni con dirigenti dell’Nra, frequentando membri importanti come Paul Erickson del South Dakota, presenziando ad ogni occasione possibile la «rossa» sarebbe riuscita a far breccia. Non certo per sua unica iniziativa. Il sospetto dell’investigatore speciale Robert Mueller è che dietro la Butina ci sia innanzitutto Alexander Toshin, figura di rilievo della Banca centrale russa, suo boss e gancio diretto con il Cremlino. Esaminando computer e cellulare dell’arrestata l’Fbi ha trovato le tracce dei report con la quale informava il referente. Un aggiornamento costante di quanto combinava in riva al Potomac e nelle sue incursioni nei corridoi dell’establishment. Lavorando sotto la luce del sole e delle telecamere, Maria avrebbe lanciato una serie di passi per rinsaldare l’amicizia con ambienti repubblicani e in particolare con l’entourage del candidato più gradito a Putin, Donald Trump. Viaggi in Russia, cene, ma anche rapidi colloqui hanno fatto da cornice. Ma, insieme a questi aspetti non certo misteriosi, c’è un lato più oscuro, quello di possibili finanziamenti, fronte sul quale c’è ancora da scavare malgrado la pista dei soldi non sia sempre facile da dimostrare. Sono intrecci che si sommano ad altri, non meno complicati, sempre sull’asse Mosca-Washington, con molti intermediari impegnati nel far crescere l’asse Vladimir-Donald. Nei mesi scorsi si è parlato di un ruolo di un principe degli Emirati Arabi, insieme all’ex fondatore della Blackwater, Erik Prince. Giri con una tappa esotica alle Seychelles, prospettive di affari, amicizie interessate. Non scopriamo certo nulla, denaro e politica (alta o bassa) in questo caso procedono sullo stesso binario, qualsiasi gesto ha un costo. Sono favori uniti a investimenti sul futuro. Maria Butina ora è in mezzo a tutto ciò. Si difende sostenendo di essere una appassionata d’armi, nega azioni malevole, non vuole certo passare per una pericolosa Mata Hari. Magari potrà portare come prova le dichiarazioni di Trump per dimostrare che il capo della Casa Bianca non ha bisogno di essere condizionato dagli 007 russi, la sua «passione»per Putin è evidente. Se non ci riuscirà deve essere pronta ad una condanna: rischia cinque anni di prigione. E in quel caso dovrà sperare in un gesto di clemenza oppure in uno scambio di spie.
News tratta dal "Corriere della Sera"
Maria Butina, nonostante abbia solo 29 anni, ha già fatto molte cose. Ha aperto un negozio di mobili in Siberia, ad Alta Krai, quindi lo ha venduto per trasferirsi a Mosca dove si è lanciata nella politica. Due anni dopo avrebbe iniziato una nuova vita, più intrigante e densa di contatti, fino ad entrare nel grande gioco del Russiagate. Per gli investigatori statunitensi questa ragazza dai capelli rossi, tenace e intraprendente, è «un’agente di influenza» russa incaricata di aprire «un canale segreto» per arrivare fino a Donald Trump. Accusa severa che si è tramutata in un atto di incriminazione e nel successivo arresto, avvenuto di gran fretta nel timore che potesse scappare dagli Stati Uniti, il suo terreno di caccia. La giovane russa — se sono fondati gli addebiti — ricorda altre semi-spie sguinzagliate dal Cremlino in questi anni. Persone capaci di muoversi in ambienti diversi, abili nel tessere legami, costruire amicizie, agire in profondità. Molto humint, ossia molto fattore personale, e poca tecnologia. Tante feste e party, congressi e persino raduni di preghiera, incontri aperti, non missioni mascherate. L’importante è trovare il sentiero giusto, quello che conduce lontano. E nella terra delle Colt Maria Butina si è lanciata nelle braccia della lobby delle armi, la National Rifle Association. Ed ecco le foto che la ritraggono a fiere con pistole, fucili e cappello da cowboy. Coltivando relazioni con dirigenti dell’Nra, frequentando membri importanti come Paul Erickson del South Dakota, presenziando ad ogni occasione possibile la «rossa» sarebbe riuscita a far breccia. Non certo per sua unica iniziativa. Il sospetto dell’investigatore speciale Robert Mueller è che dietro la Butina ci sia innanzitutto Alexander Toshin, figura di rilievo della Banca centrale russa, suo boss e gancio diretto con il Cremlino. Esaminando computer e cellulare dell’arrestata l’Fbi ha trovato le tracce dei report con la quale informava il referente. Un aggiornamento costante di quanto combinava in riva al Potomac e nelle sue incursioni nei corridoi dell’establishment. Lavorando sotto la luce del sole e delle telecamere, Maria avrebbe lanciato una serie di passi per rinsaldare l’amicizia con ambienti repubblicani e in particolare con l’entourage del candidato più gradito a Putin, Donald Trump. Viaggi in Russia, cene, ma anche rapidi colloqui hanno fatto da cornice. Ma, insieme a questi aspetti non certo misteriosi, c’è un lato più oscuro, quello di possibili finanziamenti, fronte sul quale c’è ancora da scavare malgrado la pista dei soldi non sia sempre facile da dimostrare. Sono intrecci che si sommano ad altri, non meno complicati, sempre sull’asse Mosca-Washington, con molti intermediari impegnati nel far crescere l’asse Vladimir-Donald. Nei mesi scorsi si è parlato di un ruolo di un principe degli Emirati Arabi, insieme all’ex fondatore della Blackwater, Erik Prince. Giri con una tappa esotica alle Seychelles, prospettive di affari, amicizie interessate. Non scopriamo certo nulla, denaro e politica (alta o bassa) in questo caso procedono sullo stesso binario, qualsiasi gesto ha un costo. Sono favori uniti a investimenti sul futuro. Maria Butina ora è in mezzo a tutto ciò. Si difende sostenendo di essere una appassionata d’armi, nega azioni malevole, non vuole certo passare per una pericolosa Mata Hari. Magari potrà portare come prova le dichiarazioni di Trump per dimostrare che il capo della Casa Bianca non ha bisogno di essere condizionato dagli 007 russi, la sua «passione»per Putin è evidente. Se non ci riuscirà deve essere pronta ad una condanna: rischia cinque anni di prigione. E in quel caso dovrà sperare in un gesto di clemenza oppure in uno scambio di spie.
martedì 24 luglio 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LIBERO
Se la Rai osa d'estate con "The Good Doctor"...
"Prima ancora che good doctor è una good fiction. O almeno è un buon dottore, perché prova a curare la nostra tv da tanto, troppo tempo malata. La serie televisiva The Good Doctor, ieri in onda in prima assoluta su Rai Uno, arriva come una ventata di aria fresca in una programmazione del servizio pubblico paludata, ferma al palo, soprattutto d'estate, quando si accontenta dei Techetechetè. Stavolta la Rai ha avuto il coraggio di osare, non con le trite e tristi fiction nostrane, ma con un progetto dal respiro internazionale, nato per la prima volta in Corea nel 2013, poi ripreso e adattato a un pubblico globale nel 2017 negli Stati Uniti grazie al fiuto di David Shore, l'ideatore di Dr. House, e infine approdato nel nostro Paese, con tutti i crismi del predestinato. Negli Usa la serie tv, trasmessa su Abc, ha avuto un successo clamoroso, oltre 19 milioni di spettatori nell'episodio pilota, una media superiore ai 15 per tutti i 18 episodi. La forza di questa serie sta nel racconto, nella pregiatissima scrittura degli sceneggiatori, oltre che nella qualità degli attori e nell'efficacia del girato. E sta soprattutto nel messaggio che veicola, nella concretezza e nel valore simbolico della trama. La storia è incentrata sul personaggio di Shaun Murphy, interpretato dal bravo Freddie Highmore, un giovane chirurgo autistico con la sindrome del savant: la stessa patologia del protagonista del film Rain Man, che compensa disturbi cognitivi con qualità fuori dalla norma in alcuni ambiti. Nel primo episodio Shaun lascia il suo paese nado nel Wyoming e si trasferisce a San Jose, nel dipartimento di chirurgia del St. Bonaventure Hospital. Dove, nonostante le difficoltà di comunicazione e i problemi comportamentali, si mette in luce per le sue doti, che gli consentono di risolvere con intuizioni brillanti casi medici molto delicati. Si compie qui lo scarto rispetto al tradizionale rapporto medico-paziente: è proprio il «malato» Shaun a essere buon dottore, anzi il miglior dottore. La sua «intelligenza spaziale» coincide col suo essere diversamente sano: «Essere differente», recita il claim della serie, «può fare la differenza». E si badi all'uso non politicamente corretto del termine: perché gli autori, usando la parola «diverso», hanno l'intelligenza di connotarla come segno di contraddizione, rifiuto dei canoni usuali, capacità di andare controcorrente. Essere autistici, a volte, può significare essere geniali anticonformisti...Probabilmente però il merito principale della serie sta nel suo impatto emotivo dirompente, nel suo restituire carica sentimentale alle parole e alle immagini, nel rivolgersi all'anima dello spettatore e non solo alla sua testa, anche grazie a una colonna sonora da brividi, tale da commuoverlo. Suscita pathos e pietas, questa narrazione, facendoci sentire compartecipi del dramma umano che vi si consuma. E questo perché celebra la bellezza della vita in ogni suo stato e forma: la vita del giovane Shaun, che sembrava da buttare via per la sua sindrome e invece si rivela fonte di ricchezza, e le vite dei tanti uomini e donne che lui cura, le vite precarie o terminali a cui lui offre una speranza perché «il nostro compito è salvare la vita della gente». E un po' salva anche la nostra, questa serie, facendoci sentire appena migliori, alla fine dello show, rispetto a quando ci eravamo messi davanti alla tv". (Gianluca Veneziani)
lunedì 23 luglio 2018
NEWS - Clamoroso al Cibalesbo! Arriva la serie su "Batwoman" con la protagonista eroina dei diritti LGBTQ (firmano il papà dell'Arrowverse e la lesbica dichiarata Caroline Dries, già dietro le quinte di "TVD")
News tratta da Deadline
Batwoman is already scheduled to visit the Arrowverse for the annual crossover event in December; she may now become a permanent member of it, expanding the universe and breaking some TV ground in the process. The CW has put in development a Batwoman series for 2019 consideration. It hails from former The Vampire Diaries executive producer Caroline Dries and the architect of the CW Arrowverse, Greg Berlanti. In Batwoman, written by Dries based on the DC characters, armed with a passion for social justice and a flair for speaking her mind, Kate Kane soars onto the streets of Gotham as Batwoman, an out lesbian and highly trained street fighter primed to snuff out the failing city’s criminal resurgence. But don’t call her a hero yet. In a city desperate for a savior, Kate must overcome her own demons before embracing the call to be Gotham’s symbol of hope. Batwoman already has been a trailblazer for LGBTQ+ representation in comics. After a long hiatus, she was reintroduced to the DC comic universe in 2006 when she was established as a Jewish lesbian, becoming the first-ever lesbian superhero title DC character. Now Batwoman would become the first gay lead character — male or female — of a live-action superhero series. (DC, Berlanti and Warner Bros. Animation previously collaborated on the first animated show with a gay lead, Freedom Fighters: The Ray on CW Seed). Batwoman would join Arrowverse, which features a number of LGBT characters, including Arrow‘s Curtis Holt, The Flash‘s Captain Singh, Legends‘ Sara Lance and Supergirl‘s Alex Danvers. Batwoman comes from Berlanti Productions in association with Warner Bros. Television where the company recently extended its overall deal. Dries, who is lesbian, executive produces alongside Berlanti Prods.’ Berlanti and Sarah Schechter as well as former DC Entertainment president Geoff Johns (The Flash) via his new Mad Ghost Productions banner. Johns also has been producing the long-gestating Batgirl DC feature at Warner Bros., which switched writers this past spring. Casting is about to begin for an actress — likely lesbian — to play Batwoman in the DC crossover event in December. If Batwoman goes to pilot, the same actress will play the central character in it. Dries does not work on a CW DC series but is expected to be involved in some consulting capacity when the character of Batwoman is crafted for the crossover, which spans Arrow, The Flash, Legends of Tomorrow and Supergirl. (It is unclear yet which of the series would introduce her.) It was Arrow star Stephen Amell, along with the CW president Mark Pedowitz, who announced at the CW presentation in May that this year’s crossover event will feature Batwoman. “This is the first time ever that Batwoman will make a live-action appearance on any screen,” Pedowitz said, adding that, along with Batwoman, the City of Gotham also will be added to the ever-expanding Arrowverse. With Batwoman, the CW is following the strategy it used for The Flash, whose central character was introduced in a two-episode arc on Arrow in December 2013. While originally the network had planned a third Arrow episode later that season to serve as The Flash backdoor pilot, it ultimately opted for a standalone Flash pilot, which launched the series the following fall. Dries has superhero credentials — she started her writing career on the CW/WBTV Smallville before a seven-season run on The Vampire Diaries, on which she rose to executive producer and showrunner. The character Batwoman began appearing in DC Comics stories beginning with Detective Comics #233 in 1956, in which she was introduced as a love interest for Batman. On TV, Batwoman first appeared in animated series Batman: The Brave and the Bold, which premiered on Cartoon Network in 2008. On film, Batwoman appeared in Batman: Mystery of the Batwoman, voiced by Kyra Sedgwick, a 2002 direct-to-video animated film based on animated series The New Batman Adventures. Batwoman also made a cameo in direct-to-video superhero film Batman vs. Robin and appeared in 2016’s Batman: Bad Blood, voiced by Yvonne Strahovski.
News tratta da Deadline
Batwoman is already scheduled to visit the Arrowverse for the annual crossover event in December; she may now become a permanent member of it, expanding the universe and breaking some TV ground in the process. The CW has put in development a Batwoman series for 2019 consideration. It hails from former The Vampire Diaries executive producer Caroline Dries and the architect of the CW Arrowverse, Greg Berlanti. In Batwoman, written by Dries based on the DC characters, armed with a passion for social justice and a flair for speaking her mind, Kate Kane soars onto the streets of Gotham as Batwoman, an out lesbian and highly trained street fighter primed to snuff out the failing city’s criminal resurgence. But don’t call her a hero yet. In a city desperate for a savior, Kate must overcome her own demons before embracing the call to be Gotham’s symbol of hope. Batwoman already has been a trailblazer for LGBTQ+ representation in comics. After a long hiatus, she was reintroduced to the DC comic universe in 2006 when she was established as a Jewish lesbian, becoming the first-ever lesbian superhero title DC character. Now Batwoman would become the first gay lead character — male or female — of a live-action superhero series. (DC, Berlanti and Warner Bros. Animation previously collaborated on the first animated show with a gay lead, Freedom Fighters: The Ray on CW Seed). Batwoman would join Arrowverse, which features a number of LGBT characters, including Arrow‘s Curtis Holt, The Flash‘s Captain Singh, Legends‘ Sara Lance and Supergirl‘s Alex Danvers. Batwoman comes from Berlanti Productions in association with Warner Bros. Television where the company recently extended its overall deal. Dries, who is lesbian, executive produces alongside Berlanti Prods.’ Berlanti and Sarah Schechter as well as former DC Entertainment president Geoff Johns (The Flash) via his new Mad Ghost Productions banner. Johns also has been producing the long-gestating Batgirl DC feature at Warner Bros., which switched writers this past spring. Casting is about to begin for an actress — likely lesbian — to play Batwoman in the DC crossover event in December. If Batwoman goes to pilot, the same actress will play the central character in it. Dries does not work on a CW DC series but is expected to be involved in some consulting capacity when the character of Batwoman is crafted for the crossover, which spans Arrow, The Flash, Legends of Tomorrow and Supergirl. (It is unclear yet which of the series would introduce her.) It was Arrow star Stephen Amell, along with the CW president Mark Pedowitz, who announced at the CW presentation in May that this year’s crossover event will feature Batwoman. “This is the first time ever that Batwoman will make a live-action appearance on any screen,” Pedowitz said, adding that, along with Batwoman, the City of Gotham also will be added to the ever-expanding Arrowverse. With Batwoman, the CW is following the strategy it used for The Flash, whose central character was introduced in a two-episode arc on Arrow in December 2013. While originally the network had planned a third Arrow episode later that season to serve as The Flash backdoor pilot, it ultimately opted for a standalone Flash pilot, which launched the series the following fall. Dries has superhero credentials — she started her writing career on the CW/WBTV Smallville before a seven-season run on The Vampire Diaries, on which she rose to executive producer and showrunner. The character Batwoman began appearing in DC Comics stories beginning with Detective Comics #233 in 1956, in which she was introduced as a love interest for Batman. On TV, Batwoman first appeared in animated series Batman: The Brave and the Bold, which premiered on Cartoon Network in 2008. On film, Batwoman appeared in Batman: Mystery of the Batwoman, voiced by Kyra Sedgwick, a 2002 direct-to-video animated film based on animated series The New Batman Adventures. Batwoman also made a cameo in direct-to-video superhero film Batman vs. Robin and appeared in 2016’s Batman: Bad Blood, voiced by Yvonne Strahovski.
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venerdì 20 luglio 2018
NEWS - Clamoroso al Cibali! "The Good Doctor" è la serie più vista in Italia di quest'anno...e dell'ultima decade!
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giovedì 19 luglio 2018
mercoledì 18 luglio 2018
NEWS - Allarme Netflix! La piattaforma on demand di serie tv aumenta il prezzo abbonamenti (fino a +3 euro al mese) dopo un trimestre flop: un milione di abbonati in meno rispetto alle previsioni, toccato -14% in Borsa, concorrenza sempre più agguerrita
News tratta da "Italia Oggi"
Netflix delude le attese di crescita del mercato nel secondo trimestre di quest'anno ma non rilancia: nei tre mesi adesso in corso (il terzo trimestre fino a settembre) sono le sue stesse previsioni a essere più contenute sia sul fronte del conto economico sia su quello dei nuovi abbonati. Stime al ribasso che risentono, a giudizio degli addetti ai lavori, della concorrenza dei nuovi conglomerati come Atet+Time Warner col canale Hbo, di quelli a venire come la possibile fusione Disney e 21st Century Fox (o comunque 21st Century Fox e Comcast) e infine del dinamismo di operatori alla Amazon col suo servizio Prime Video. Ma si sente anche e soprattutto il peso dei costi sostenuti, per esempio, per le produzioni originali (con un budget da 8 miliardi di dollari, pari a 6,9 miliardi di euro). E così che, non a caso, la piattaforma tv on demand di Reed Hastings sta sperimentando (Italia compresa) una nuova offerta con un prezzo più alto di 3 euro al mese (16,99 euro) rispetto alla tariffa Premium, che costa 13,99 euro. Menù con un grado maggiore di alta definizione e numero di schermi a disposizione che, per esempio in Francia, viene testata anche a ridosso della soglia psicologica dei 20 euro (precisamente 19,99 euro). Si tratta solo di sperimentazioni, come ribadito dalla stessa Netflix, che pure segnano un cambio di strategia radicale per una piattaforma che ha abituato i consumatori a una spesa media sui 10 euro. E soprattutto ha imposto ai concorrenti di adeguarsi a questa soglia di prezzo. Eppure ora Netflix inverte la rotta visto che, secondo alcune indagini di mercato tra cui quella di Deutsche Bank, i suoi spettatori sono disposti a pagare, per l'appunto fino ai 15-20 euro. La necessità di un nuovo approccio commerciale nasce dagli ultimi risultati finanziari nel secondo trimestre 2018 i nuovi abbonati sono stati 5,14 milioni (670 mila nel mercato domestico Usa e 4,47 milioni all'estero) ma ne erano attesi 6,2 milioni. I ricavi complessivi toccano quota 3,9 miliardi di dollari (3,4 miliardi di euro), in crescita del 40,3% sullo stesso periodo del 2017 ma, ugualmente, le proiezioni erano più alte, sui 3,94 miliardi. Di riflesso il titolo quotato al Nasdaq ha perso il 14% nella notte italiana di lunedì (al momento dell'annuncio dei risultati finanziari negli Usa), recuperando poi nella seduta di ieri intorno al -4%. Sempre a livello di conto economico, il risultato operativo è stato di 462 milioni di dollari (margine all'11,8%), sopra i 128 milioni del secondo trimestre 2017 e sopra quello (pari a 447 milioni) registrato nel primo trimestre di quest'anno (ma con un margine al 12,1%). L'utile netto è stato invece di 384 milioni di euro (0,85 dollari per azione), superiore alle previsioni e a quello dei primi tre mesi del 2018 (290 milioni di euro, con un utile per azione di 64 centesimi). Per il terzo trimestre, in corso, la piattaforma on demand si aspetta un crescita contenuta dei ricavi che rimane sotto i 4 miliardi di dollari (+33,6%), un risultato operativo per la prima volta in contrazione a 420 milioni di dollari (10,5%) e, infine, un utile netto giù a 307 milioni (garantendo agli azionisti 0,68 dollari per azione). I nuovi abbonati limeranno, in linea teorica, sulla soglia dei 5 milioni (di cui 650 mila negli Usa e 4,35 milioni oltreconfine). Comunque, già i tre mesi conclusi a giugno sono stati definiti dalla stessa Netflix «forti ma non stellari».
News tratta da "Italia Oggi"
Netflix delude le attese di crescita del mercato nel secondo trimestre di quest'anno ma non rilancia: nei tre mesi adesso in corso (il terzo trimestre fino a settembre) sono le sue stesse previsioni a essere più contenute sia sul fronte del conto economico sia su quello dei nuovi abbonati. Stime al ribasso che risentono, a giudizio degli addetti ai lavori, della concorrenza dei nuovi conglomerati come Atet+Time Warner col canale Hbo, di quelli a venire come la possibile fusione Disney e 21st Century Fox (o comunque 21st Century Fox e Comcast) e infine del dinamismo di operatori alla Amazon col suo servizio Prime Video. Ma si sente anche e soprattutto il peso dei costi sostenuti, per esempio, per le produzioni originali (con un budget da 8 miliardi di dollari, pari a 6,9 miliardi di euro). E così che, non a caso, la piattaforma tv on demand di Reed Hastings sta sperimentando (Italia compresa) una nuova offerta con un prezzo più alto di 3 euro al mese (16,99 euro) rispetto alla tariffa Premium, che costa 13,99 euro. Menù con un grado maggiore di alta definizione e numero di schermi a disposizione che, per esempio in Francia, viene testata anche a ridosso della soglia psicologica dei 20 euro (precisamente 19,99 euro). Si tratta solo di sperimentazioni, come ribadito dalla stessa Netflix, che pure segnano un cambio di strategia radicale per una piattaforma che ha abituato i consumatori a una spesa media sui 10 euro. E soprattutto ha imposto ai concorrenti di adeguarsi a questa soglia di prezzo. Eppure ora Netflix inverte la rotta visto che, secondo alcune indagini di mercato tra cui quella di Deutsche Bank, i suoi spettatori sono disposti a pagare, per l'appunto fino ai 15-20 euro. La necessità di un nuovo approccio commerciale nasce dagli ultimi risultati finanziari nel secondo trimestre 2018 i nuovi abbonati sono stati 5,14 milioni (670 mila nel mercato domestico Usa e 4,47 milioni all'estero) ma ne erano attesi 6,2 milioni. I ricavi complessivi toccano quota 3,9 miliardi di dollari (3,4 miliardi di euro), in crescita del 40,3% sullo stesso periodo del 2017 ma, ugualmente, le proiezioni erano più alte, sui 3,94 miliardi. Di riflesso il titolo quotato al Nasdaq ha perso il 14% nella notte italiana di lunedì (al momento dell'annuncio dei risultati finanziari negli Usa), recuperando poi nella seduta di ieri intorno al -4%. Sempre a livello di conto economico, il risultato operativo è stato di 462 milioni di dollari (margine all'11,8%), sopra i 128 milioni del secondo trimestre 2017 e sopra quello (pari a 447 milioni) registrato nel primo trimestre di quest'anno (ma con un margine al 12,1%). L'utile netto è stato invece di 384 milioni di euro (0,85 dollari per azione), superiore alle previsioni e a quello dei primi tre mesi del 2018 (290 milioni di euro, con un utile per azione di 64 centesimi). Per il terzo trimestre, in corso, la piattaforma on demand si aspetta un crescita contenuta dei ricavi che rimane sotto i 4 miliardi di dollari (+33,6%), un risultato operativo per la prima volta in contrazione a 420 milioni di dollari (10,5%) e, infine, un utile netto giù a 307 milioni (garantendo agli azionisti 0,68 dollari per azione). I nuovi abbonati limeranno, in linea teorica, sulla soglia dei 5 milioni (di cui 650 mila negli Usa e 4,35 milioni oltreconfine). Comunque, già i tre mesi conclusi a giugno sono stati definiti dalla stessa Netflix «forti ma non stellari».
martedì 17 luglio 2018
GOSSIP - Clamoroso al Cibali! Evangeline Lilly shock: "dopo 'Lost' giurai di smettere di recitare! Esperienza orribile, sul set mi pettinavo e truccavo da sola...dopo la prima stagione ho pensato di mandare tutti a fanculo!"
Born Nicole Evangeline Lilly in Fort Saskatchewan, Alberta, the middle of three sisters in a Christian, working-class Canadian family, she was raised in Abbotsford, British Columbia, by a grocery store manager dad and childminder mum. At college, she was spotted by Ford modelling agency on the street, but she turned them down, keeping the number. A while later, she thought again and ended up landing small parts in TV shows, the kind which come with credits like “Girl in cinema”, “Benton’s girlfriend” or, even better, “Party guest – uncredited”. Then in 2004, with next to no relevant experience (and no acting training), her foot fitted a glass slipper, landing the role of Oceanic Airlines Flight 815 survivor Kate Austen. She arrived in Hawaii where she still lives today with her partner, Norman Kali. She met him on the show when he was working as a production assistant, and their two sons, to shoot the pilot. Initially, she loved it. “I told my parents, ‘Oh my God, I can’t believe they paid me to do that. I would do that for free!’ It was so much fun.” After becoming an overnight hit, with US audiences of 12 million and millions more worldwide, suddenly, it wasn’t fun anymore. “Living in paradise and becoming a famous TV star seems like a dream come true,” she reflects. “Unfortunately for me, it wasn’t. None of those things were my dreams. It was a struggle, and I had a very hard time adjusting to life as a public figure. I was isolated and alone, far from home, not knowing anybody and being one of the few single people on the cast.” She couldn’t even bear to watch herself. “I wanted to curl up in a ball and die because I thought I was terrible.” She found herself at odds with the production, a discord which manifested itself in her doing her own hair and make-up. “I just thought this is ridiculous,” she recalls. “Why would I have somebody else do something for me that I’m perfectly capable of doing myself? Not to mention that I found it very overwhelming to have people touching me all day. I wasn’t used to it. It’s a tolerance you build up over the years as you learn to be an actor and you get used to people pulling, poking, rubbing, grabbing, adjusting and constantly touching you. For me, at the beginning, that was intolerable. I couldn’t handle it, so I said, ‘No, no, no, I’ll do it myself’. “I did my own hair and make-up in 15 minutes, because I was supposed to be on a deserted island. I should have bedhead and no make-up! I figured I could get a couple of extra hours sleep in the morning. If I was in the hair and make-up trailer, it was two hours!” She did many interviews at the time and most US journalists commented on her “potty” mouth. But was she really so sweary? “I did have, and probably continue to have, a bit of a foul mouth,” she admits with a laugh. “Back then I would unabashedly not hide it from journalists as a rebellion, as a way of saying I’m not going to be the prim, proper, prissy actress you want me to be. I’m going to be me. I’m going to be the blue-collar girl I am. Over the years, I came to a place of realising that there’s nothing to be gained by throwing my roots in people’s faces.” “Before Lost aired, I was sat down on numerous occasions,” she continues. “I was specifically instructed on how to behave with the press and in the public eye. That not only pissed me off, but it really hurt my feelings because I felt I was being told who I was and how I am naturally is a liability; you need to suppress it, hide it, put it away because otherwise, you will damage this thing we’re building together. At the time I would have told you it pissed me off. In hindsight, I can see that what it really did was break my heart. I would sob into my pillow at night because I felt I was a social leper and that the way I was wasn’t acceptable. “Remember I had a sense of I’m not going to do that; I’m not going to be fake. I refuse to be fake, I refuse to conform to expectations of what a Hollywood actress is supposed to be. I don’t believe in ‘supposed to be’. I think we should all be individuals, all the different colours of who we are.” Things reached a crisis at the end of season one. There were tearful conversations with her parents, who told her to ‘tell them all to f*** off, come home and eat chicken noodle soup’. Touching though she found their support, she ignored them, knuckled down and committed to the project. By season three, she let them do her hair and make-up. By the end, she had a Golden Globe nomination and a SAG Award. And when it was done? “When Lost finished, I said I was done and I’d never act again,” she answers. “For two years I retreated into obscurity. I had a baby. Then, when my baby was one month old, my partner got a call. They said Peter Jackson has been trying to contact your wife for two months and nobody in Hollywood can reach her. Do you think you could get the message to her he would like her to play an elf in an upcoming Hobbit movie? And although I really didn’t want to be acting, I wanted to play an elf for Peter Jackson more.”
Born Nicole Evangeline Lilly in Fort Saskatchewan, Alberta, the middle of three sisters in a Christian, working-class Canadian family, she was raised in Abbotsford, British Columbia, by a grocery store manager dad and childminder mum. At college, she was spotted by Ford modelling agency on the street, but she turned them down, keeping the number. A while later, she thought again and ended up landing small parts in TV shows, the kind which come with credits like “Girl in cinema”, “Benton’s girlfriend” or, even better, “Party guest – uncredited”. Then in 2004, with next to no relevant experience (and no acting training), her foot fitted a glass slipper, landing the role of Oceanic Airlines Flight 815 survivor Kate Austen. She arrived in Hawaii where she still lives today with her partner, Norman Kali. She met him on the show when he was working as a production assistant, and their two sons, to shoot the pilot. Initially, she loved it. “I told my parents, ‘Oh my God, I can’t believe they paid me to do that. I would do that for free!’ It was so much fun.” After becoming an overnight hit, with US audiences of 12 million and millions more worldwide, suddenly, it wasn’t fun anymore. “Living in paradise and becoming a famous TV star seems like a dream come true,” she reflects. “Unfortunately for me, it wasn’t. None of those things were my dreams. It was a struggle, and I had a very hard time adjusting to life as a public figure. I was isolated and alone, far from home, not knowing anybody and being one of the few single people on the cast.” She couldn’t even bear to watch herself. “I wanted to curl up in a ball and die because I thought I was terrible.” She found herself at odds with the production, a discord which manifested itself in her doing her own hair and make-up. “I just thought this is ridiculous,” she recalls. “Why would I have somebody else do something for me that I’m perfectly capable of doing myself? Not to mention that I found it very overwhelming to have people touching me all day. I wasn’t used to it. It’s a tolerance you build up over the years as you learn to be an actor and you get used to people pulling, poking, rubbing, grabbing, adjusting and constantly touching you. For me, at the beginning, that was intolerable. I couldn’t handle it, so I said, ‘No, no, no, I’ll do it myself’. “I did my own hair and make-up in 15 minutes, because I was supposed to be on a deserted island. I should have bedhead and no make-up! I figured I could get a couple of extra hours sleep in the morning. If I was in the hair and make-up trailer, it was two hours!” She did many interviews at the time and most US journalists commented on her “potty” mouth. But was she really so sweary? “I did have, and probably continue to have, a bit of a foul mouth,” she admits with a laugh. “Back then I would unabashedly not hide it from journalists as a rebellion, as a way of saying I’m not going to be the prim, proper, prissy actress you want me to be. I’m going to be me. I’m going to be the blue-collar girl I am. Over the years, I came to a place of realising that there’s nothing to be gained by throwing my roots in people’s faces.” “Before Lost aired, I was sat down on numerous occasions,” she continues. “I was specifically instructed on how to behave with the press and in the public eye. That not only pissed me off, but it really hurt my feelings because I felt I was being told who I was and how I am naturally is a liability; you need to suppress it, hide it, put it away because otherwise, you will damage this thing we’re building together. At the time I would have told you it pissed me off. In hindsight, I can see that what it really did was break my heart. I would sob into my pillow at night because I felt I was a social leper and that the way I was wasn’t acceptable. “Remember I had a sense of I’m not going to do that; I’m not going to be fake. I refuse to be fake, I refuse to conform to expectations of what a Hollywood actress is supposed to be. I don’t believe in ‘supposed to be’. I think we should all be individuals, all the different colours of who we are.” Things reached a crisis at the end of season one. There were tearful conversations with her parents, who told her to ‘tell them all to f*** off, come home and eat chicken noodle soup’. Touching though she found their support, she ignored them, knuckled down and committed to the project. By season three, she let them do her hair and make-up. By the end, she had a Golden Globe nomination and a SAG Award. And when it was done? “When Lost finished, I said I was done and I’d never act again,” she answers. “For two years I retreated into obscurity. I had a baby. Then, when my baby was one month old, my partner got a call. They said Peter Jackson has been trying to contact your wife for two months and nobody in Hollywood can reach her. Do you think you could get the message to her he would like her to play an elf in an upcoming Hobbit movie? And although I really didn’t want to be acting, I wanted to play an elf for Peter Jackson more.”
lunedì 16 luglio 2018
PICCOLO GRANDE SCHERMO - "Downton Abbey", il cult prosegue al cinema!
II film di «Downton Abbey» si farà. Promessa da tempo, la trasposizione della celebre serie inglese in costume ambientata fra il 1912 e il 1926, ha finalmente ricevuto il via libera. Le riprese dovrebbero cominciare già quest'estate con tanti componenti del cast storico come Maggie Smith (la Minerva McGranitt di «Harry Potter»), Michelle Dockery e Hugh Bonneville. La sceneggiatura è di Julian Fellows, l'ideatore della serie, mentre dietro la macchina da presa ci sarà l'inglese Brian Percival, già noto per «About a Girl».
II film di «Downton Abbey» si farà. Promessa da tempo, la trasposizione della celebre serie inglese in costume ambientata fra il 1912 e il 1926, ha finalmente ricevuto il via libera. Le riprese dovrebbero cominciare già quest'estate con tanti componenti del cast storico come Maggie Smith (la Minerva McGranitt di «Harry Potter»), Michelle Dockery e Hugh Bonneville. La sceneggiatura è di Julian Fellows, l'ideatore della serie, mentre dietro la macchina da presa ci sarà l'inglese Brian Percival, già noto per «About a Girl».
La vera notizia delle nomination degli #Emmys è il primato di @netflix su tutti altri network/piattaforme con 112 candidature (+21 rispetto anno scorso).#EmmyNominations @NetflixIT
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 13 luglio 2018
venerdì 13 luglio 2018
NEWS - Le nomination agli Emmy Awards 2018: tutte le candidature e le scelte di Telefilm Cult (in verde)
Drama Series
“The Handmaid’s Tale”
“Game of Thrones”
“This Is Us”
“The Crown”
“The Americans”
“Stranger Things”
“Westworld”
“Game of Thrones”
“This Is Us”
“The Crown”
“The Americans”
“Stranger Things”
“Westworld”
Comedy Series
“Atlanta” (FX)
“Barry” (HBO)
“Black-ish” (ABC)
“Curb Your Enthusiasm” (HBO)
“GLOW” (Netflix)
“The Marvelous Mrs. Maisel” (Amazon)
“Silicon Valley” (HBO)
“The Unbreakable Kimmy Schmidt” (Netflix)
“Barry” (HBO)
“Black-ish” (ABC)
“Curb Your Enthusiasm” (HBO)
“GLOW” (Netflix)
“The Marvelous Mrs. Maisel” (Amazon)
“Silicon Valley” (HBO)
“The Unbreakable Kimmy Schmidt” (Netflix)
Lead Actor in a Drama Series:
Jason Bateman (“Ozark”)
Sterling K. Brown (“This Is Us”)
Ed Harris (“Westworld”)
Matthew Rhys (“The Americans”)
Milo Ventimiglia (“This Is Us”)
Jeffrey Wright (“Westworld”)
Sterling K. Brown (“This Is Us”)
Ed Harris (“Westworld”)
Matthew Rhys (“The Americans”)
Milo Ventimiglia (“This Is Us”)
Jeffrey Wright (“Westworld”)
Lead Actress in a Drama Series:
Claire Foy (“The Crown”)
Tatiana Maslany (“Orphan Black”)
Elisabeth Moss (“The Handmaid’s Tale”)
Sandra Oh (“Killing Eve”)
Keri Russell (“The Americans”)
Evan Rachel Wood (“Westworld”)
Tatiana Maslany (“Orphan Black”)
Elisabeth Moss (“The Handmaid’s Tale”)
Sandra Oh (“Killing Eve”)
Keri Russell (“The Americans”)
Evan Rachel Wood (“Westworld”)
Lead Actor in a Comedy Series:
Donald Glover (“Atlanta”)
Bill Hader (“Barry”)
Anthony Anderson (“Black-ish”)
William H. Macy (“Shameless”)
Larry David (“Curb Your Enthusiasm”)
Ted Danson (“The Good Place”)
Bill Hader (“Barry”)
Anthony Anderson (“Black-ish”)
William H. Macy (“Shameless”)
Larry David (“Curb Your Enthusiasm”)
Ted Danson (“The Good Place”)
Lead Actress in a Comedy Series:
Pamela Adlon (“Better Things”)
Rachel Brosnahan (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Tracee Ellis Ross (“Black-ish”)
Allison Janney (“Mom”)
Lily Tomlin (“Grace and Frankie”)
Issa Rae (“Insecure”)
Rachel Brosnahan (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Tracee Ellis Ross (“Black-ish”)
Allison Janney (“Mom”)
Lily Tomlin (“Grace and Frankie”)
Issa Rae (“Insecure”)
Supporting Actor in a Drama Series
Nikolaj Coster-Waldau (“Game of Thrones”)
Peter Dinklage (“Game of Thrones”)Joseph Fiennes (“The Handmaid’s Tale”)
David Harbour (“Stranger Things”)
Mandy Patinkin (“Homeland”)
Matt Smith (“The Crown”)
Peter Dinklage (“Game of Thrones”)Joseph Fiennes (“The Handmaid’s Tale”)
David Harbour (“Stranger Things”)
Mandy Patinkin (“Homeland”)
Matt Smith (“The Crown”)
Supporting Actress in a Drama Series
Alexis Bledel (“The Handmaid’s Tale”)
Millie Bobby Brown (“Stranger Things”)
Ann Dowd (“The Handmaid’s Tale”)
Lena Headey (“Game of Thrones”)
Vanessa Kirby (“The Crown”)
Thandie Newton (“Westworld”)
Yvonne Strahovski (“The Handmaid’s Tale”)
Millie Bobby Brown (“Stranger Things”)
Ann Dowd (“The Handmaid’s Tale”)
Lena Headey (“Game of Thrones”)
Vanessa Kirby (“The Crown”)
Thandie Newton (“Westworld”)
Yvonne Strahovski (“The Handmaid’s Tale”)
Supporting Actor in a Comedy Series
Louie Anderson (“Baskets”)Alec Baldwin (“Saturday Night Live”)
Tituss Burgess (“Unbreakable Kimmy Schmidt”)
Brian Tyree Henry (“Atlanta”)
Tony Shalhoub (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Kenan Thompson (“Saturday Night Live”)Henry Winkler (“Barry”)
Tituss Burgess (“Unbreakable Kimmy Schmidt”)
Brian Tyree Henry (“Atlanta”)
Tony Shalhoub (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Kenan Thompson (“Saturday Night Live”)Henry Winkler (“Barry”)
Supporting Actress in a Comedy Series
Zazie Beetz (“Atlanta”)
Alex Borstein (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Aidy Bryant (“Saturday Night Live”)
Betty Gilpin (“GLOW”)
Leslie Jones (“Saturday Night Live”)
Kate McKinnon (“Saturday Night Live”)
Laurie Metcalf (“Roseanne”)
Megan Mullally (“Will & Grace”)
Alex Borstein (“The Marvelous Mrs. Maisel”)
Aidy Bryant (“Saturday Night Live”)
Betty Gilpin (“GLOW”)
Leslie Jones (“Saturday Night Live”)
Kate McKinnon (“Saturday Night Live”)
Laurie Metcalf (“Roseanne”)
Megan Mullally (“Will & Grace”)
Limited Series
“The Alienist”
“The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story”
“Genius: Picasso”
“Godless”
“Patrick Melrose”
“The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story”
“Genius: Picasso”
“Godless”
“Patrick Melrose”
Lead Actor in a Limited Series or Movie:
Antonio Banderas (“Genius: Picasso”)
Darren Criss (“The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story”)
Benedict Cumberbatch (“Patrick Melrose”)
Jeff Daniels (“The Looming Tower”)
John Legend (“Jesus Christ Superstar”)
Jesse Plemons (“USS Callister”)
Darren Criss (“The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story”)
Benedict Cumberbatch (“Patrick Melrose”)
Jeff Daniels (“The Looming Tower”)
John Legend (“Jesus Christ Superstar”)
Jesse Plemons (“USS Callister”)
Lead Actress in a Limited Series or Movie:
Laura Dern (“The Tale”)
Jessica Biel (“The Sinner”)
Michelle Dockery (“Godless”)
Edie Falco (“The Menendez Murders”)
Regina King (“Seven Seconds”)
Sarah Paulson (“American Horror Story: Cult”)
Jessica Biel (“The Sinner”)
Michelle Dockery (“Godless”)
Edie Falco (“The Menendez Murders”)
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