Intervista tratta da "La Repubblica"
Dal poster di Gypsy Naomi Watts incarna i colori pastello del volto di Betty in Mulholland Drive. La biondina scesa all'aeroporto di L.A. per diventare una stella nel film di David Lynch ha preso un'altra strada. Una nuova identità. Nella serie creata da Lisa Rubin, ora disponibile su Netflix, Naomi è Jean Holloway, terapeuta di Manhattan sposata con un avvocato (Billy Crudup), madre di una bambina. La loro casa dei sogni si trova in Connecticut ed è piena di cabine armadio ma a Jean i cartelli stradali e il caffè della mattina cominciano a dar noia. Così inventa un alter ego, Diane — giornalista single, "zingara" della psiche — che usa per manipolare i pazienti. Tra flirt, lesbismo e bourbon, nel mirino di Jean entrano un barista ossessivo-compulsivo e la sua ex. «È un personaggio vicino a Betty di Mulholland Drive», ci racconta la Watts, abito floreale coi boccioli cremisi, in un hotel di Nolita. «Dopo quasi vent' anni dal film di Lynch a cui devo gran parte della mia carriera da attrice, mi interessa esplorare il tema della dualità, del chi siamo quando nessuno ci vede e ci ascolta. Jean/Diane comincia a intessere rapporti pericolosi con le persone in cura. Parecchie donne della mia età arrivano a un punto in cui tutto appare "abbastanza". Un marito, dei figli, un bicchiere di vino... Poi subentrano panico ed autodistruzione». 48 anni, due nomination all'Oscar, Naomi guarda alla separazione dal marito (Liev Schreiber, un altro borderline in tv con Ray Donovan) e dice: «Sto attenta a tutto quello che perdo per strada, alle persone che lascio indietro e potrei non trovare più. Non mi spaventa invecchiare, però. Non volto le spalle al tempo». Qualche rimpianto? «Poteva esserlo The Ring, il remake horror del nipponico Ringu di Hideo Nakata. Quando il mio agente chiamò per propormelo gli dissi di no inizialmente e che sarebbe stato un fiasco. Chi poteva immaginare quel successo... Mio figlio più piccolo è un patito del terrore. Cerco di tenerlo alla larga dai mostri ma quando gli chiedono quale sia il film più spaventoso di tutti i tempi, lui, fiero, risponde: The Ring! Conosce la trama a memoria pur non avendolo visto per intero».
Secondo il New York Times, la perdizione di Naomi Watts in Gypsy somiglia a un mix di serie gettonate come The Affair, In Treatment e Big Little Lies ma senza nuance. Eppure, nel pedigree di Gypsy, compare un altro elemento caldo: la regista e produttrice esecutiva Sam Taylor-Johnson, già al timone di Cinquanta sfumature di grigio (circa mezzo miliardo di dollari d'incasso ). A David Lynch la legano un certo gusto estetico e la meditazione trascendentale; i suoi modelli sono Jane Campion e Kathryn Bigelow. Abbandonata dai genitori, è diventata un'esponente del movimento degli Young British Artists e ha composto un video ritratto di David Beckham per la National Portrait Gallery, insieme a un lavoro chiamato Crying Men che includeva Paul Newman e Robin Williams. «Jean Holloway non è l'equivalente di Anastasia Steele, protagonista del romanzo erotico di E. L. James», dice la regista con accanto il marito, la star Aaron Johnson, per cui ha perso la testa quando lui aveva diciott'anni e lei 42. «Naomi interpreta una donna forte, indipendente, dotata di un proprio senso del potere. La vita periferica e la famiglia se la mangiano viva. È tempo per Jean di godersi il sesso». «La serie è un ammonimento. Per liberare le fantasie più torbide c'è un prezzo da pagare» continua Watts. «Sedete comodi, guardate me, ma non mettevi nei guai. Io faccio da cavia». Il viaggio nell'identità di una donna, a cui non basta avere tutto ciò che desidera, ha conquistato Naomi: «Il mio mestiere è pura caccia di identità. Girare Gypsy con un team composto da sole donne, nella città dove abito con i miei figli, New York, è stato fantastico. Al pari della parte che mi ha offerto Lynch in Twin Peaks—Il ritorno. Sono la moglie di un uomo che ha l'aspetto dell'Agente Cooper ma potrebbe non esserlo. Mi piace andare a trovare David a casa, vederlo fumare, ascoltare le sue idee mentre dipinge. Siamo rimasti in contatto dal primo film insieme e abbiamo ancora tanto da dirci».
Secondo il New York Times, la perdizione di Naomi Watts in Gypsy somiglia a un mix di serie gettonate come The Affair, In Treatment e Big Little Lies ma senza nuance. Eppure, nel pedigree di Gypsy, compare un altro elemento caldo: la regista e produttrice esecutiva Sam Taylor-Johnson, già al timone di Cinquanta sfumature di grigio (circa mezzo miliardo di dollari d'incasso ). A David Lynch la legano un certo gusto estetico e la meditazione trascendentale; i suoi modelli sono Jane Campion e Kathryn Bigelow. Abbandonata dai genitori, è diventata un'esponente del movimento degli Young British Artists e ha composto un video ritratto di David Beckham per la National Portrait Gallery, insieme a un lavoro chiamato Crying Men che includeva Paul Newman e Robin Williams. «Jean Holloway non è l'equivalente di Anastasia Steele, protagonista del romanzo erotico di E. L. James», dice la regista con accanto il marito, la star Aaron Johnson, per cui ha perso la testa quando lui aveva diciott'anni e lei 42. «Naomi interpreta una donna forte, indipendente, dotata di un proprio senso del potere. La vita periferica e la famiglia se la mangiano viva. È tempo per Jean di godersi il sesso». «La serie è un ammonimento. Per liberare le fantasie più torbide c'è un prezzo da pagare» continua Watts. «Sedete comodi, guardate me, ma non mettevi nei guai. Io faccio da cavia». Il viaggio nell'identità di una donna, a cui non basta avere tutto ciò che desidera, ha conquistato Naomi: «Il mio mestiere è pura caccia di identità. Girare Gypsy con un team composto da sole donne, nella città dove abito con i miei figli, New York, è stato fantastico. Al pari della parte che mi ha offerto Lynch in Twin Peaks—Il ritorno. Sono la moglie di un uomo che ha l'aspetto dell'Agente Cooper ma potrebbe non esserlo. Mi piace andare a trovare David a casa, vederlo fumare, ascoltare le sue idee mentre dipinge. Siamo rimasti in contatto dal primo film insieme e abbiamo ancora tanto da dirci».
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