L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"Stranger Things", macchina del tempo per nostalgici e per millenial che non hanno mai visto "Stand by me"
"La
scena imperdibile sta all'inizio del secondo episodio. Una ragazzina
piuttosto male in arnese - capelli rapati a zero, un numero tatuato
sull'avambraccio - viene accolta in casa da un ragazzino e da due
compagnucci che assieme a lui passano i pomeriggi a giocare quella mania
d'altri tempi che fu "Dungeons e Dragons". Ha addosso solo una
maglietta arancione - una divisa, non è chiaro di quale istituzione -
quindi le offrono una tuta. Lei fa la mossa di cambiarsi, i tre in preda
al terrore indicano il bagno e pretendono pure la porta chiusa. Siamo
nel territorio di Stephen King, geniale osservatore del momento
preadolescenziale in cui i maschi preferiscono stare tra loro, le
ragazze sono d'impiccio. Dura poco, lo racconta bene anche Wes Anderson
in "Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore". Susy e Sam, entrambi dodicenni
anche se lei ha gli occhi truccati come Françoise Hardy e lui il
cappello di Davy Crockett, scappano insieme. Lui sa che deve darle il
primo bacio, si fa così, e pure con la lingua. Lo fa, e poi sputa. In
"Inside Out" di Pete Docter, è l'allarme rosso che scatta nella testa:
"Aiuto, una ragazza!" (per l'antologia delle scene non basta lo spazio
della rubrica, usiamo l'ultima digressione per ricordare che nel romanzo
"Mr Mercedes" King raccontava un'auto assassina lanciata su una folla
di poveracci in fila per un lavoro). Gli ultimi - per ora - a inoltrarsi
nel territorio si chiamano Matt e Ross Duffer, con la serie "Stranger
Things" (gli otto episodi della prima stagione sono su Netflix). Per via
di "Stand By Me", il regno di Stephen King è presidiato in egual misura
da Steven Spielberg, che in proprio contribuisce
con "E. T.". Tra i due sì è solidamente inserito J. J. Abrams con "Super
8", prodotto appunto da Spielberg che ne approfitta per dar la sua
benedizione (o passare le consegne). Vuol dire che la prima bicicletta
con le ruotine entra in scena cinque minuti dopo i titoli di testa
(assieme alla prima madre divorziata). E' la serie di cui si
chiacchiera, segno che i nostalgici degli anni Ottanta sono una legione,
tra spettatori e critici (va aggiunta agli entusiasti una manciata di
millennial che si stupiscono di ogni cosa e reagiscono di conseguenza).
Gente che a sentire "Demogorgon" prova la stessa reazione di Marcel
Proust davanti a una madeleine (è il Principe dei Demoni nel gioco
"Dungeons e Dragons", attendiamo un bell'editoriale sul tema "i nostri
mostri erano migliori dei vostri Pokémon"). Figuriamoci che succede a
vedere un telefono da muro di bakelite giallina, con il filo
attorcigliato e il disco con le lettere, oltre che con i numeri. I
ragazzini giocatori erano in realtà quattro, altrettanti nerd
maltrattati dai bulli - allora essere nerd non era figo come pare oggi
che abbiamo visto "The Big Bang Theory". Uno di loro scompare tornando a
casa dopo un partitone. Siamo in una cittadina dell'Indiana, L'anno è
il 1983, nel prologo (lo chiamiamo così perché i titoli di testa
somigliano a copertine di Stephen King e gli episodi sembrano intitolati
come capitoli) uno scienziato passa un momentaccio. Nel laboratorio le
luci si accendono e si spengono. Lo sceriffo dorme in canottiera sul
divano (segno sicuro di un'altra famiglia che non ha funzionato
benissimo). E sì, certo, di nascosto dagli adulti si parla con il walkie
talkie. Per farsi un giro negli anni Ottanta, "Stranger Things" è una
perfetta macchina del tempo, c'è pure Wynona Ryder pettinata come
l'operaia Meryl Streep in "Silkwood". Talmente esagerata - e priva di
ironia - da sconfinare nella caricatura". (Mariarosa Mancuso, 27.07.2016)
venerdì 5 agosto 2016
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