CORRIERE DELLA SERA
"Gomorra", la serie meglio del film e del libro
"Nelle prime due puntate di «Gomorra.
La serie» si è ripetuto quello strano e coinvolgente fenomeno già
verificatosi in «Romanzo criminale»: il film è meglio del libro, la
serie è meglio del libro e del film. Come se la materia subisse un lento
lavoro di affinamento in una barrique mediatica. E il merito è ancora
di Stefano Sollima la cui regia (la fotografia è di Paolo Carnera)
riesce a valorizzare al massimo il lavoro di sceneggiatura coordinato da
Stefano Bises. Prodotta da Sky, insieme con Cattleya e Fandango (in
collaborazione con La7 e Beta Film), la serie ha questo di sconvolgente:
l’inchiesta di Roberto Saviano raccontava il male generato dalla
criminalità organizzata; qui, invece, il male perde i contorni
rassicuranti dell’estraneo e ne acquista di più familiari, quelli che ci
appartengono (Sky Atlantic, martedì, ore 21,10, 12 episodi). Tutto ciò è merito della scrittura capace di trasformare le vele di Scampia in
una lunga veglia nelle tenebre, in un’intollerabile monotonia del male.
Le vicende del boss Pietro Savastano (Fortunato Cerlino), di sua moglie
Imma (Maria Pia Calzone), di suo figlio Genny (Salvatore Esposito) e
del luogotenente Ciro (Marco D’Amore) coprono tre archi narrativi dove
sporcarsi le mani di sangue sembra una fatalità, più che un rifiuto
della legge. «Gomorra. La serie» è una corsa spettrale, livida, notturna,
che spaventa e seduce, come fosse il racconto di una civiltà esausta,
senza redenzione. Genny, unico figlio ed erede di Pietro, è tenuto ai
margini perché ritenuto non ancora pronto a gestire gli affari criminali
del clan. Eppure su di lui il Male lavora alacremente per svezzarlo,
per riconsegnarlo al suo destino. Bastano le note di «One day» di Asaf
Avidan per obnubilarlo, per trasformarlo in oggetto, per consegnarlo a
un’attesa funebre. Solo una scrittura corrosiva è in grado di farci
intravedere l’altra faccia della legalità". (Aldo Grasso, 07.05.2014)
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