venerdì 8 febbraio 2008

BOLLETTINO - Cinema in Iraq: i telefilm danno una...Mann
Il 2007 si è chiuso con un regalo inestimabile di fine anno. Più che il Natale, sono contati i natali di due giganti del piccolo schermo a permettere alla settima arte di iscrivere due convincenti capitoli sulla guerra in Iraq e sulle diverse culture tra Occidente e Medio Oriente. "La Valle di Elah" e "The Kingdom" recano le firme di due maestri del cinema di oggi, nati e cresciuti a scriver sceneggiature a puntate in lungo e in largo nei palinsesti tv: Paul Haggis e Michael Mann. Aldilà della qualità eccelsa di entrambe le pellicole, emerge quel "senso di colpa" che catapulta il cinema americano "là, dove nessun sceneggiatore era mai giunto prima". All'indomani della tragedia delle Torri Gemelle di quel fatidico 11 settembre 2001, molte pellicole si auto-censurarono rimandando l'uscita di immagini che contemplavano panoramiche sulle crollate Twin Towers. Nel contempo, la televisione, i telefilm in primis, organizzavano puntate ad hoc o serial a tema sul nuovo scenario ("Squadra Emergenza", "NYPD", "West Wing", "ER", "The Agency"...). Mentre il cinema conosceva il suo personalissimo Ground Zero, la televisione mise la freccia per uno storico sorpasso verso la realtà. Con la sua capacità di essere instant, il piccolo schermo superò il grande e inaugurò quella che una storica copertina di "Entertainment Weekly" di oltre un anno fa sancì a caratteri cubitali come "A New Golden Era". Quella degli anti-eroi, quella degli "Heroes" con gli scheletri nell'armadio, dei Clark Kent che vorrebbero "essere normali", dei Tony Soprano dall'analista, dei Presidenti d'America che piangono per aver firmato la pena di morte. E' stato proprio il florido humus telefilmico degli ultimi anni a permettere al cinema di risorgere. Il transito dalle serie tv alle sale cinematografiche di attori, registi e sceneggiatori ha donato nuovo sangue alla flebitica settima arte a "stelle e strisce", in preda a crisi d'asma quando c'era da raccontare storie di conflitti d'oltre confine e dell'anima. l'apporto di nomi telefilmici, che si erano fatti le ossa raccontando le evoluzioni e le involuzioni di personaggi quasi mai bianchi o neri ma più spesso grigi, ha permesso di seminare dubbi, di mettersi allo specchio, di cercare di capire colui che si etichetta come un nemico o un diverso. E scoprire che il più delle volte l'avversario è dentro casa. Dentro noi stessi.
(Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Febbraio)

1 commento:

Anonimo ha detto...

interessante come sempre

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