Quanto dura normalmente l’episodio di un telefilm? Venti minuti, quaranta, un'ora? Su Internet, non più di sei minuti. Nell’era della “snack generation”, dei micro-filmati su YouTube, della nano-comunicazione su Twitter e via sms, delle duecento email a cui rispondere in un giorno, Sony e Honda si sono inventate un’iniziativa promozionale che sposa gli antichi miti della tv con le esigenze e la frenesia del Web: i “minisodes”. Raccolti nel Minisode Network, un canale apposito interno a MySpace, i “minisodes” sono versioni liofilizzate di vecchi e gloriosi telefilm come “Starsky & Hutch”, “Arnold”, “TJ Hooker”, “Charlie’s Angels”. Serie e personaggi che faranno battere il cuore a non pochi ragazzi degli anni Settanta e Ottanta. Dai titoli di testa a quelli di coda, ogni episodio non dura più di sei minuti. Una lunghezza tale che permette di fare un tuffo nella nostalgia e rivedere un episodio completo anche in ufficio, durante la pausa caffè o semplicemente quando il capo è girato dall’altra parte. Annunciato dal New York Times a fine aprile, il Minisode Network ha aperto ufficialmente i battenti a giugno. Sul sito sono già disponibili decine di episodi (per ora, tutti nella versione originale in inglese) e l’archivio viene arricchito quotidianamente. Le operazioni di montaggio e potatura sono effettuate dagli specialisti della Sony Pictures, che detiene i diritti sulle serie. La Honda sponsorizza il canale e inserisce degli spot (ovviamente brevissimi) in apertura di ogni episodio. Dal punto di vista del linguaggio televisivo, è una piccola grande rivoluzione taylorista. Tutte le sequenze di contorno, i panorami e i momenti di riflessione vengono tagliati via. Quello che rimane sono gli snodi narrativi essenziali. In un “minisode” di “Hooker” (telefilm poliziesco con William Shatner nel ruolo del protagonista) assistiamo a una rapina in un supermercato, a un inseguimento riuscito solo a metà, al ritrovamento di un anello legato alla rapina, a un altro inseguimento che questa volta culmina con l’arresto del colpevole. Il tutto in trecento secondi, senza fronzoli: il grado zero della narrazione.Il Minisode Network conferma un paio di tendenze-chiave della moderna società digitale. Innanzitutto, il gusto per il remix, la mutazione, la metamorfosi di qualsiasi materiale preesistente (canzoni che si fondono tra loro, trailer apocrifi che modificano la natura dei film, collage di immagini e sequenze tratte da fonti diverse). E’ un fenomeno senza confini, che ci permette di rielaborare un film horror come "Shining" in una commedia per famiglie , di ripercorrere cinque secoli di storia dell’arte in tre minuti, di sentire i Beatles che cantano assieme ai Nine Inch Nails. Anche i “minisodes”, a modo loro, propongono una versione diversa di qualcosa che già conoscevamo.In quanto alla seconda tendenza, è sotto gli occhi di tutti: con la decisiva complicità di Internet, ormai abbiamo a disposizione infiniti contenuti multimediali e troppo poco tempo per consumarli tutti. Per questo, non rimane che comprimerli. Lo fanno i produttori riducendo la lunghezza dei loro prodotti e lo facciamo noi consumatori limitando drasticamente la nostra attenzione. Ecco quindi che nella musica gli album lasciano spazio alle singole canzoni, ancora meglio se distribuite in minuscoli file MP3. E nel mondo dei video online dilaga la regola dei tre o sei minuti, tempo massimo che l’utente medio concede a un filmato. Da qui, la nascita dei bignamini del Minisode Network. Dopo il fast food, uno dei primi esempi concreti di fast tv.
(Articolo di Luca Castelli tratto da LaStampa.it)
(Articolo di Luca Castelli tratto da LaStampa.it)
2 commenti:
me pare nà strunzata!
Invece a me piace l'idea.
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