DOSSIER - AUDITEL: LA GRANDE ILLUSIONE?
E se il metodo di rilevamento degli ascolti fosse "drogato"?
Viaggio tra dubbi, proteste e sentenze sull'Auditel, il vero "Grande Fratello" della tv.
Immaginatevi di vivere in una società da "Grande Fratello" (non quello del reality-show di Canale 5 ma quello originale di Orwell in "1984", che tutto controlla e tutto governa). Protagonisti di una società effimera che si basa su certezze che un giorno si scopre siano illusioni, come in "Brazil" di Terry Gilliam, "The Truman Show" di Peter Weir o, se siete giovanissimi, come in "The Island" con la coppia di fuggitivi Ewan McGregor-Scarlett Johansson. Oppure, visto che siamo un giornale di telefilm, immaginate di essere il Numero 6 de "Il Prigioniero", il quale per essere libero dall'isola che lo tiene segregato, deve scoprire chi sia il Numero 1. In effetti quest'ultimo esempio calza a pennello, visto che proprio di numeri si tratta. Nel "Telefilm Magazine" di novembre l'avevamo buttata un pò sull'ironico col pezzo intitolato "Noi, i Rex dei palinsesti", dove si prefigurava che i continui spostamenti o tagli dei telefilm sulle tv in chiaro fosse solo un metodo "per metterci alla prova", per verificare la nostra fedeltà da telefilmaniaci. Ora però, anche alla luce ad esempio della valanga di proteste per lo spostamento di "Veronica Mars", s'impone un'analisi più critica, alla radice del problema. Cos'è che provoca nella maggior parte dei casi lo spostamento (slittamento, soppressione) di una serie tv? La risposta, sempre nella maggior parte dei casi, sono gli ascolti troppo bassi. Tanto vero quanto il fatto che la tv satellitare - non ancora monitorizzata negli ascolti rete per rete - rispetto a quella generalista in chiaro che invece lo è, permette una filologia pressochè perfetta. La domanda successiva, che in realtà è un dubbio legittimo e guai se periodicamente non venisse posto, è: ma i rilevamenti degli ascolti sono attendibili? Sono lo specchio fedele di quello che guarda il pubblico italiano? Attorno a questa domanda ruotano i destini non solo dei telefilm, ma di tutta la televisione. Attori, registi, pubblicitari, direttori di reti, presentatori, giornalisti, addetti stampa, fiction e reality-show, quiz e partite di calcio, tv in chiaro e via satellite. Tutti in coda, alle 10 del mattino a scrutare le "pagelle" e i "verdetti" degli ascolti dai quali dipendono giubilo o sconforto, comunicati stampa entusiastici, analisi delle sovrapposizioni tra due programmi (quando le trasmissioni vanno in onda nello stesso periodo), profili d'ascolto (il pubblico "sezionato" per sesso, fasce d'età, regioni, scolarità), curve e picchi (le salite e le discese dell'audience, i momenti più visti), i contatti (quante persone si sono collegate per almeno un minuto sul tale programma), la penetrazione (che non è l'atto preferito da Rocco Siffredi ma si riferisce all'ascolto percentuale del target di riferimento della rete tv). Insomma, un gruppo di "feticisti", un club di maniaci del "minuto per minuto" che visto da fuori fa lo stesso effetto dei guardoni che s'infrattano nei club privè: non fanno del male a nessuno ma farebbero bene a trovarsi un partner prima o poi...Eppure da tutto questo - più in generale dagli ascolti - dipende sempre più la programmazione televisiva e, di riflesso, la sua qualità. Se i reality-show vanno forte, porte aperte ai reality show; se la musica fa poco audience, trasmettiamola a mezzanotte, non in prima serata. Se fa boom di ascolti un concorrente che s'ingolla un occhio di bue, la prossima puntata proviamo con la testa di una rana...Se una rete televisiva ha già raggiunto i propri obiettivi d'ascolto, perchè dovrebbe "sprecare" il telefilm attesissimo e già annunciato nella prima parte della stagione? Meglio tenerselo per la primavera. Scelte che non intendiamo giudicare in quanto a noi interessa il ragionamento successivo (o antecedente, dipende dai punti di vista). Qual è il campione scelto per rispecchiare tutto il pubblico italiano davanti al piccolo schermo? E' davvero rappresentativo? Davvero impazziscono tutti per la lite Zequila-Pappalardo o s'appassionano all'infinita telenovela Albano-Lecciso? Domande che negli ultimi tempi vengono poste sempre più spesso - non solo tra gli addetti ai lavori - che hanno portato a proteste, provvedimenti, richieste di soppressione, prese di posizione dell'Authority per le Telecomunicazioni e, addirittura, sentenze giuridiche clamorose. Nato il 3 luglio 1984 con l'intenzione manifesta di essere "la sola fonte riconosciuta dei dati d' ascolto televisivi in Italia" e avente come scopo ultimo "la rilevazione oggettiva e imparziale degli indici di ascolto, a fine pubblicitario, delle trasmissioni televisive", Auditel si è sempre tirata dietro critiche e dissensi. Se possiamo fare un paragone quantomai attuale, come gli arbitri di calcio. Solo che ultimamente, forse a causa dell'utilizzo sempre più schizofrenico e spregiudicato dei dati d'ascolto da parte dei media tout court (in sede analitica, critica e politica) - non più come originariamente erano concepiti "a fine pubblicitario" - si è passati dai dubbi alle ordinanze giudiziarie. Fa ridere la confessione del signore che faceva parte del campione Auditel il quale per barare inseriva il codice della nonna ottuagenaria e si collegava con gli spot hard alle 3 del mattino. Fa meno ridere la presa di posizione del 10 novembre 2004 dell'Autorita' per le garanzie nelle Comunicazioni che ha chiesto modifiche al sistema di rilevazione degli ascolti tv Auditel: ''Dopo un'approfondita analisi compiuta con l'apporto dei tecnici dell'Istat, l'Autorita' ha rilevato delle criticita' sulla composizione del campione e sulla modalita' di estrazione dei componenti del panel ed ha convocato i responsabili dell'Auditel per un incontro per chiarire gli aspetti delle criticita' individuate e predisporre successivamente una delibera di indirizzo che riguardi le eventuali modifiche da proporre. Cambieranno anche le modalita' nella diffusione dei dati di ascolto televisivo che non si limiteranno soltanto alla quantita' ma anche a dati di comportamento a garanzia dei cittadini". Una prima picconata (passata quasi sotto silenzio della stampa: non fate dietrologie, il fatto che la Federazione editori dei giornali abbia firmato la lettera di varo dell'Auditel non c'entra affatto), alla quale è seguita la seconda. Il 14 luglio 2005 l'Autorita' per le Garanzie nelle Comunicazioni, presieduta da Corrado Calabro', ha adottato ''un atto di indirizzo di portata generale che individui regole di governance rivolte ad assicurare l'indipendenza e la neutralita' delle rilevazioni'' dell'Auditel. E visto che non c'è 2 senza 3, ha fatto scalpore ad aprile 2005, un'ordinanza della Corte d'Appello di Milano, su istanza di un gruppo di televisioni, che ha inibito la diffusione di tutti idati di ascolto relativi al mercato tv satellitare definendoli "non congrui e non rappresentativi della realtà". I detrattori dell'Auditel hanno cantato vittoria per una sentenza "storica". In pratica, sempre se ci permettete il paragone, è come se si fosse sottoscritta la promessa di avere due arbitri in campo invece di uno solo (a patto che non siano corrotti, ovviamente). Ultimo capitolo recente e lampante: il 16 maggio 2006, l'Autorita' per le Garanzie nelle Comunicazioni presieduta da Corrado Calabro', ha ufficialmente "giudicato il sistema dell'Auditel inadeguato alle esigenze attuali del mercato e ha dettato principi generali che riguardano in particolare la governance delle societa' di rilevazione e i criteri metodologici d'indagine basati sui 'campioni statistici' e sulla rappresentativita' dei risultati". In pratica, una sorta di ristrutturazione annunciata. Ma al di là degli iter giuridici, appare evidente che l'Auditel, basandosi fedelmente sul rapporto Istat che denuncia un' Italia sempre più anziana, registri il suo campione di conseguenza. Un pubblico rappresentativo (virtuale) in gran parte anziano che ha sempre più premiato show come "Ballando con le stelle" e fiction di santi e papi, che elegge Pippo Baudo e la sua classicissima "Domenica In" come re della domenica, ma che non aspettiamoci innalzi in vetta telefilm piuttosto sovversivi e destabilizzanti come "Nip/Tuck" o "Desperate Housewives". Il telefilm delle casalinghe disperate ha sfiorato una media del 13% di share sul totale degli individui, ma ha segnato il 16% di media nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 64 anni. Un'audience contestatissima se si pensa che tempo fa "Affari Tuoi" era in testa nella sua fascia oraria vincendo solamente nel target d'età over 65 anni, mentre perdeva sistematicamente in tutte quelle comprese tra i 15 e i 64 anni in entrambi i sessi: bastava attirare gli anziani per aggiudicarsi la partita. Appare più facile incontrare persone che ti chiedano chi sia il Macellaio di "Nip/Tuck" che i fans di Terence Hill in "Don Matteo"; si parla di più delle imitazioni dei concorrenti del "Grande Fratello" presentate dalla Gialappa's Band che degli originali del reality-show di Canale 5. Emerge una società "fantasma", parallela, sotterranea; "Compagni di Baal"* che emergono ogni mattina alle 10 e poi scompaiono, si rintanano in casa di fianco all'infermiera che gli tiene il catetere - come ha immaginato Gianni Boncompagni - rischiano la vita ad ogni soprassalto di novità. Tra l'altro, ai pubblicitari per i quali Auditel era stato inizialmente concepito, interessa per gli investimenti solo la fascia d'oro 15-64 anni, quella del cosiddetto "pubblico attivo" che la Rai ha aspramente contestato recentemente quando è stata accolta da Auditel la richiesta di Mediaset di rendere pubblica anche questa fascia (salvo poi fare marcia indietro sommersa dalle polemiche, anche politiche, pochi giorni prima delle elezioni). In soldoni: lo spot dell'ultimo modello di auto extra-lusso o di cellulare, secondo voi, troverà più aspiranti acquirenti tra il pubblico di "Dr. House" e "Lost" oppure tra quello che non perde una puntata de "I raccomandati"? Forse è brutto parlare di vil denaro, di numeri, di percentuali e di share, ma finchè vale il detto inglese "money is the root of all evil", bisogna tenerne conto.
Accademia dei Telefilm
(Articolo tratto dal "Telefilm Magazine" di Luglio)
* "I Compagni di Baal": telefilm cult francese del 1968 che raccontava di una società segreta fondata da Nostradamus verso il 1550. Si veda il Nuovo "Dizionario dei Telefilm" (Garzanti), pag. 195.
giovedì 13 luglio 2006
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9 commenti:
E' tutta una bufala!!!!
Dopo Calciopoli e Vallettopoli, dovrebbe esserci AUDITELOPOLI
Bell'articolo, interessante, ma che sfiora soltanto il reale problema: l'ETA' media del campione d'ascolto è soltanto una PARTE del problema.
Il vero problema è lo squilibrio nella rappresentatività del campione, il suo PESO per categoria.
C'è chi guarda la TV 10 ore al giorno (pensionati, casalinghe, disccupati...), c'è chi la guarda un'ora la settimana: per l'Auditel contano solo i COATTI della Tv.
E' come se alle elezioni qualcuno potesse votare 100 volte e la maggior parte 1 o zero.
Possibile che gli sponsor non si accorgano di questo colossale errore concettuale?
Possibile che non si accorgano di vendere lo spot 100 volte al giorno allo stesso pubblico?
Qualcuno gli spieghi il concetto Auditel di 'PENETRAZIONE'.
Caro Vampy, tu dimentichi una cosa: alle elezioni c'è anche chi si astiene. Non tutti vorrebbero votare 100 volte, quindi...
il tuo discorso non regge, anche se penso che ormai l'hanno capito anche le pietre che l'Auditel è una buffonata dove ci si spartisce la torta pubblicitaria (oggi a me, domani a te)...
Martino: fortunatamente, e sottolineo FORTUNATAMENTE, alle elezioni NON si può votare più di una volta.
Purtroppo Auditel non ha ancora capito questo elementare concetto.
O forse l'ha capito e gli sta bene.
Quello che è veramente assurdo, è che non l'hanno capito nemmeno gli sponsor!
Auditel = truffa legalizzata
e poi ricordiamoci ke nn tutti sono "catturati" dall'auditel,per citare un esempio,gli scolti del telefilm 24 si aggirano sul milione e 700mila,ki lo dice ke la gran parte delle persone ke nn possiedono l'apparekkio per la segnalazione dell'auditel nn l ha seguito?
Nice colors. Keep up the good work. thnx!
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