giovedì 29 agosto 2019
lunedì 26 agosto 2019
NEWS - The Apple Show! La casa della Mela morsicata aumenta il budget per serie tv originali da 1 miliardo di dollari a 6 (sempre meno della metà di Netflix) e investe tutto su "The Morning Show" con Jennifer Aniston per il lancio entro 2 mesi di Tv+ (un episodio costato più di uno di "Game of Thrones"!)
Ammonta a oltre 6 miliardi di dollari l'investimento di Apple per la produzione di serie tv e film originali in vista del lancio del suo nuovo servizio di streaming video, TV+, con il quale la casa della Mela lancia la sfida a Netflix, Disney e HBO. Lo scrive il Financial Times ricordando come l'investimento sia esploso, passando da un miliardo di dollari previsto inizialmente alla somma attuale, frutto della scommessa su star di Hollywood come Jennifer Aniston, Reese Witherspoon e Steve Carell protagonisti di The Morning Show, che avrebbe - secondo fonti del FT - un costo per episodio più elevato rispetto persino all'impegnativo Trono di Spade. L'investimento di Apple - che punta a creare un catalogo di prodotti originali - resta comunque ben inferiore ai 15 miliardi di dollari che quest'anno saranno spesi da Netflix per i contenuti. Il nuovo servizio TV+ sarà operativo entro i prossimi due mesi, in tempo per contrastare il lancio di Disney Plus, che dovrebbe debuttare negli Stati Uniti il 12 novembre. Sia Apple e Disney hanno diffuso nuovi trailer per i loro servizi. Dalla casa di Cupertino ancora nessuna indicazione tuttavia su costi dell'abbonamento o altri dettagli chiave sul servizio, che rappresenta una scommessa per rendere il colosso fondato da Steve Jobs sempre meno dipendente dalle vendite dell'iPhone.
Ammonta a oltre 6 miliardi di dollari l'investimento di Apple per la produzione di serie tv e film originali in vista del lancio del suo nuovo servizio di streaming video, TV+, con il quale la casa della Mela lancia la sfida a Netflix, Disney e HBO. Lo scrive il Financial Times ricordando come l'investimento sia esploso, passando da un miliardo di dollari previsto inizialmente alla somma attuale, frutto della scommessa su star di Hollywood come Jennifer Aniston, Reese Witherspoon e Steve Carell protagonisti di The Morning Show, che avrebbe - secondo fonti del FT - un costo per episodio più elevato rispetto persino all'impegnativo Trono di Spade. L'investimento di Apple - che punta a creare un catalogo di prodotti originali - resta comunque ben inferiore ai 15 miliardi di dollari che quest'anno saranno spesi da Netflix per i contenuti. Il nuovo servizio TV+ sarà operativo entro i prossimi due mesi, in tempo per contrastare il lancio di Disney Plus, che dovrebbe debuttare negli Stati Uniti il 12 novembre. Sia Apple e Disney hanno diffuso nuovi trailer per i loro servizi. Dalla casa di Cupertino ancora nessuna indicazione tuttavia su costi dell'abbonamento o altri dettagli chiave sul servizio, che rappresenta una scommessa per rendere il colosso fondato da Steve Jobs sempre meno dipendente dalle vendite dell'iPhone.
sabato 24 agosto 2019
GOSSIP - BisexWorld! Evan Rachel Wood rivendica ancora la sua bisessualità
Visualizza questo post su InstagramUn post condiviso da Telefilm Cult (@telefilmcult) in data:
mercoledì 21 agosto 2019
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Un secondo film di "Downton Abbey"? "Porte aperte" (Michelle Dockery dixit)
Michelle Dockery is on the cover of InStyle magazine’s September 2019 subscribers issue cover. Here’s what the 37-year-old actress had to share with the mag…

On returning to her Downton accent: “I’d been so used to playing Americans [accents] that when we filmed Downton Abbey [the upcoming movie, out on September 20], I think [my character] Lady Mary started off being a little too posh.”
On returning to Downton: “Three years, but it felt like no time had passed at all. [I realized] I’d taken some things for granted. Like driving up to that house [the setting for Downton Abbey], it honestly took my breath away. But I think the three-year gap was perfect, because we’d all been off doing our own thing, and it was enough time to really, really miss it.”
On Downton doing more than one movie:“I mean, we’ll see. As Elizabeth McGovern, who plays my mother, just said, ‘All doors are left open.’”
martedì 20 agosto 2019
giovedì 15 agosto 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
In "The Boys" i supereroi tra populismo e reputazione da difendere
"Fatemi dire una cosa. Sono felice di essere qui, davvero. Una tragedia ha colpito il nostro paese questa settimana. Non usiamo mezzi termini: l'America è sotto attacco. Qualcuno vorrebbe che io salissi su questo palco a dire banalità con un discorso di circostanza, istituzionale. Ma non voglio, non posso. Sapete perché? Perché credo che quello che Dio vuole da me è che io vada là fuori, trovi i luridi bastardi che hanno organizzato l'attacco in qualunque grotta si nascondano e li porti di fronte a una cosa chiamata giustizia divina! Questo è quello che penso! E' la cosa più americana che si possa fare, la cosa giusta che va fatta! E invece no, perché sembra che io debba chiedere il permesso al Congresso! Giusto? Io dico no! Io rispondo a una legge superiore!". Non è difficile immaginare il presidente americano pronunciare un discorso simile, o per restare più vicini, diciamo a casa nostra, pensare che possa essere stato qualcuno che brandisce il rosario al termine dei comizi come fosse, appunto, la testimonianza di una legge superiore alla quale risponde. A pronunciare quel le parole e invece il Patriota, personaggio principale di "The Boys", serie tv da poco su Prime Video. L'attacco di cui parla il biondo, fighissimo supereroe interpretato da Antony Starr è un dirottamento aereo da parte di alcuni estremisti islamici. Essendo supereroe volante e dotato di sguardo inceneritore, qualche ora prima aveva raggiunto l'aereo di linea insieme con la sua compagna, Queen Maeve (l'attrice Dominique McElligott), aveva fatto fuori gli estremisti e poi, tra un sorriso a trentadue denti e l'altro, ops!, aveva incenerito pure la plancia di comando con comandante. Mentre l'aereo precipita, Queen Maeve - presa da un raro momento di empatia-supplica: "Almeno salviamo la bambina!", e il Patriota replica: "Così che racconti al mondo come li abbiamo lasciati morire tutti? Non se ne parla!". "The Boys" è il populismo applicato ai supereroi, che non sono per niente buoni: sono influencer, e l'unica cosa di cui si preoccupano "è la loro reputazione". Tratta dall'omonimo fumetto scritto da Garth Ennis e disegnato da Darick Robertson nel 2006, oltre al plot tradizionale degli anti eroi che combattono i finti eroi in un modernissimo cortocircuito in cui non si salva nessuno - gli otto episodi della prima stagione della serie tv sono ambientati ai tempi di Facebook, di Instagram e Twitter, dei ricatti sessuali con video rubati, ai tempi dell'hate speech strumentalizzato, degli accordi di riservatezza quando i supereroi si mettono nei guai (come quando "l'uomo più veloce del mondo" investe una ragazza su un marciapiede e la disintegra, in una delle migliori sequenze slow motion/splatter del cinema). Un gruppo di ex mercenari della Cia ha capito il gioco dei supereroi evorrebbe demolire l'aura di intoccabilità che si sono costruiti, ma deve far fronte all'opinione pubblica contraria, che preferisce di gran lunga i vendicatori alle noiose regole della democrazia e dello stato di diritto. Il colosso che gestisce i "Sette", cioè l'élite dei supereroi, produce una montagna di soldi grazie ai diritti di film, merchandise, comparsate e bagni di folla. Un ufficio di "monitoraggio crimini" li indirizza verso i delitti più televisivi, costruisce l'immagine di ognuno e la narrazione del personaggio. In sostanza i supereroi sono eterodiretti, il loro mestiere è soltanto quello di apparire e sorridere durante le lunghe sessioni di selfie. Il giustizialismo è l'arma segreta del supereroe-leader, la macchina perfetta per aumentare l'indice di gradimento. Ricorda qualcosa?". (Giulia Pompili)

In "The Boys" i supereroi tra populismo e reputazione da difendere
"Fatemi dire una cosa. Sono felice di essere qui, davvero. Una tragedia ha colpito il nostro paese questa settimana. Non usiamo mezzi termini: l'America è sotto attacco. Qualcuno vorrebbe che io salissi su questo palco a dire banalità con un discorso di circostanza, istituzionale. Ma non voglio, non posso. Sapete perché? Perché credo che quello che Dio vuole da me è che io vada là fuori, trovi i luridi bastardi che hanno organizzato l'attacco in qualunque grotta si nascondano e li porti di fronte a una cosa chiamata giustizia divina! Questo è quello che penso! E' la cosa più americana che si possa fare, la cosa giusta che va fatta! E invece no, perché sembra che io debba chiedere il permesso al Congresso! Giusto? Io dico no! Io rispondo a una legge superiore!". Non è difficile immaginare il presidente americano pronunciare un discorso simile, o per restare più vicini, diciamo a casa nostra, pensare che possa essere stato qualcuno che brandisce il rosario al termine dei comizi come fosse, appunto, la testimonianza di una legge superiore alla quale risponde. A pronunciare quel le parole e invece il Patriota, personaggio principale di "The Boys", serie tv da poco su Prime Video. L'attacco di cui parla il biondo, fighissimo supereroe interpretato da Antony Starr è un dirottamento aereo da parte di alcuni estremisti islamici. Essendo supereroe volante e dotato di sguardo inceneritore, qualche ora prima aveva raggiunto l'aereo di linea insieme con la sua compagna, Queen Maeve (l'attrice Dominique McElligott), aveva fatto fuori gli estremisti e poi, tra un sorriso a trentadue denti e l'altro, ops!, aveva incenerito pure la plancia di comando con comandante. Mentre l'aereo precipita, Queen Maeve - presa da un raro momento di empatia-supplica: "Almeno salviamo la bambina!", e il Patriota replica: "Così che racconti al mondo come li abbiamo lasciati morire tutti? Non se ne parla!". "The Boys" è il populismo applicato ai supereroi, che non sono per niente buoni: sono influencer, e l'unica cosa di cui si preoccupano "è la loro reputazione". Tratta dall'omonimo fumetto scritto da Garth Ennis e disegnato da Darick Robertson nel 2006, oltre al plot tradizionale degli anti eroi che combattono i finti eroi in un modernissimo cortocircuito in cui non si salva nessuno - gli otto episodi della prima stagione della serie tv sono ambientati ai tempi di Facebook, di Instagram e Twitter, dei ricatti sessuali con video rubati, ai tempi dell'hate speech strumentalizzato, degli accordi di riservatezza quando i supereroi si mettono nei guai (come quando "l'uomo più veloce del mondo" investe una ragazza su un marciapiede e la disintegra, in una delle migliori sequenze slow motion/splatter del cinema). Un gruppo di ex mercenari della Cia ha capito il gioco dei supereroi evorrebbe demolire l'aura di intoccabilità che si sono costruiti, ma deve far fronte all'opinione pubblica contraria, che preferisce di gran lunga i vendicatori alle noiose regole della democrazia e dello stato di diritto. Il colosso che gestisce i "Sette", cioè l'élite dei supereroi, produce una montagna di soldi grazie ai diritti di film, merchandise, comparsate e bagni di folla. Un ufficio di "monitoraggio crimini" li indirizza verso i delitti più televisivi, costruisce l'immagine di ognuno e la narrazione del personaggio. In sostanza i supereroi sono eterodiretti, il loro mestiere è soltanto quello di apparire e sorridere durante le lunghe sessioni di selfie. Il giustizialismo è l'arma segreta del supereroe-leader, la macchina perfetta per aumentare l'indice di gradimento. Ricorda qualcosa?". (Giulia Pompili)
lunedì 12 agosto 2019
domenica 11 agosto 2019
mercoledì 7 agosto 2019
NEWS - Il trailer della 3° stagione di "Westworld" con i new entry Aaron Paul e Vincent Cassel!
Nuovi e inquietanti scenari e nuovi, straordinari ingressi nel cast per la terza stagione di "Westworld", la serie firmata HBO che arriverà in esclusiva per l’Italia su Sky nel 2020. Creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy e prodotta – fra gli altri – da J. J. Abrams, la nuova stagione si svela per la prima volta nell’affascinante, enigmatico e per certi versi spiazzante trailer ufficiale. I nuovi episodi vedranno nel cast due new entry di altissimo livello, Aaron Paul nei panni di Caleb, un operaio che avrà una grande influenza su Dolores (Evan Rachel Wood), e Vincent Cassel nei panni di un nuovo villain.
Nuovi e inquietanti scenari e nuovi, straordinari ingressi nel cast per la terza stagione di "Westworld", la serie firmata HBO che arriverà in esclusiva per l’Italia su Sky nel 2020. Creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy e prodotta – fra gli altri – da J. J. Abrams, la nuova stagione si svela per la prima volta nell’affascinante, enigmatico e per certi versi spiazzante trailer ufficiale. I nuovi episodi vedranno nel cast due new entry di altissimo livello, Aaron Paul nei panni di Caleb, un operaio che avrà una grande influenza su Dolores (Evan Rachel Wood), e Vincent Cassel nei panni di un nuovo villain.
lunedì 5 agosto 2019
sabato 3 agosto 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"La Casa di carta" delude: meno ritmo e buchi nella trama
"Rintracciati per l'uso sconsiderato di un telefono satellitare. Ma no! Ma chi ci crede? Sono entrati nella Zecca Reale a Madrid, infagottati nelle tute rosse stile Guantánamo, i volti coperti dalle maschere con i baffi all'insù di Salvador Dali. Hanno stampato mucchi di denaro ("noi non rubiamo, siamo Robin Hood 2.0"). Hanno preso ostaggi, e sedotto l'ispettrice di polizia che seguiva il loro caso. Sono usciti con due miliardi e mezzo di euro in banconote non segnate (valgono bene qualche perdita umana, rubricata alla voce "danni collaterali"). Se li godono in posti esotici sconosciuti all'Interpol. Tutto benissimo, se non per un telefono satellitare comprato — sapremo poi — dai libici traditori. E usato con il più sciocco dei pretesti. C'entrano Tokyo e Rio, se servono altri dettagli. Produzione spagnola per la tv generalista (lo showrunner chiama Alex Pina) "La casa di carta" è la serie non in lingua inglese più vista su Netflix. Ha avuto successo ovunque, radunando scontenti, resistenti, arrabbiati con il sistema. La maschera di Salvador Dall ha sostituito nelle manifestazioni di protesta quella di Guy Fakes — dal film "V come vendetta", tratto dai fumetti di Alan Moore. Era difficile resistere alla tentazione di ricominciare — anche se la storia aveva completato il suo arco narrativo. Il capitale deve rendere, dopo un successo grandioso quanto inaspettato. In questo caso, i personaggi con nomi di città (all'inizio erano otto, gente che non aveva niente da perdere) e un colpo impossibile. Si ricomincia dal telefono satellitare, e quel che segue non è molto meglio. Almeno a giudicare dalle prime puntate di questa terza parte, che ne prevede otto. Già disponibili dopo un lancio che a Milano, in Piazza Affari, ha prestato al giustiziere con la maschera del surrealista spagnolo il dito eretto di Maurizio Cattelan. E quale potrebbe essere l'escalation, dopo la Zecca Reale di Spagna? Facile: le riserve auree che garantiscono il valore delle banconote medesime. Le prime due parti — rimontate da Netflix per avere episodi di 50 minuti, e non quasi-film di 75 — erano a presa rapida sullo spettatore, ma viste di seguito verso la fine avevano qualche buco nella trama. Meno ritmo, troppe complicazioni a danno della credibilità. Sarebbe stato saggio godersi il successo, e pensare ad altro. Cosa si può aggiungere a una rapina miliardaria che riesce, a un crimine che paga, perfino alle storie d'amore nate durante la forzata convivenza (nessuno si ritrova ricco ma solo e infelice, nel suo rifugio, quindi incline alle imprudenze). E dunque rieccoli, gli scolaretti agli ordini del Professore che scrive sulla lavagna "Benvenuti", come la prima volta. Spiega che le riserve stanno nei sotterranei, e che il sistema di sicurezza al primo allarme allaga il caveau, servirà un sommozzatore. Per entrare, serve una manovra diversiva: dirigibili con la faccia di Salvador Dall che sganciano banconote sulla folla madrilena. L'effetto è assicurato, al resto provvede l'aikido, arte marziale che il professore illustra così: sfruttare la forza del nemico per fare quel che da solo non riesci a fare. Per esempio, sgombrare l'edificio dagli impiegati. La cronologia impazzisce, bisogna raccontare certi retroscena che ignoravamo. Si comincia 77 giorni prima dell'Ora Zero, si torna indietro a tre anni prima, si salta a meno 3 ore dell'attacco (grazie, scritte in sovrimpressione). Saper chiudere al momento giusto è un'arte poco praticata. Per incrudelire, hanno annunciato una "Casa di carta 4"". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
"La Casa di carta" delude: meno ritmo e buchi nella trama
"Rintracciati per l'uso sconsiderato di un telefono satellitare. Ma no! Ma chi ci crede? Sono entrati nella Zecca Reale a Madrid, infagottati nelle tute rosse stile Guantánamo, i volti coperti dalle maschere con i baffi all'insù di Salvador Dali. Hanno stampato mucchi di denaro ("noi non rubiamo, siamo Robin Hood 2.0"). Hanno preso ostaggi, e sedotto l'ispettrice di polizia che seguiva il loro caso. Sono usciti con due miliardi e mezzo di euro in banconote non segnate (valgono bene qualche perdita umana, rubricata alla voce "danni collaterali"). Se li godono in posti esotici sconosciuti all'Interpol. Tutto benissimo, se non per un telefono satellitare comprato — sapremo poi — dai libici traditori. E usato con il più sciocco dei pretesti. C'entrano Tokyo e Rio, se servono altri dettagli. Produzione spagnola per la tv generalista (lo showrunner chiama Alex Pina) "La casa di carta" è la serie non in lingua inglese più vista su Netflix. Ha avuto successo ovunque, radunando scontenti, resistenti, arrabbiati con il sistema. La maschera di Salvador Dall ha sostituito nelle manifestazioni di protesta quella di Guy Fakes — dal film "V come vendetta", tratto dai fumetti di Alan Moore. Era difficile resistere alla tentazione di ricominciare — anche se la storia aveva completato il suo arco narrativo. Il capitale deve rendere, dopo un successo grandioso quanto inaspettato. In questo caso, i personaggi con nomi di città (all'inizio erano otto, gente che non aveva niente da perdere) e un colpo impossibile. Si ricomincia dal telefono satellitare, e quel che segue non è molto meglio. Almeno a giudicare dalle prime puntate di questa terza parte, che ne prevede otto. Già disponibili dopo un lancio che a Milano, in Piazza Affari, ha prestato al giustiziere con la maschera del surrealista spagnolo il dito eretto di Maurizio Cattelan. E quale potrebbe essere l'escalation, dopo la Zecca Reale di Spagna? Facile: le riserve auree che garantiscono il valore delle banconote medesime. Le prime due parti — rimontate da Netflix per avere episodi di 50 minuti, e non quasi-film di 75 — erano a presa rapida sullo spettatore, ma viste di seguito verso la fine avevano qualche buco nella trama. Meno ritmo, troppe complicazioni a danno della credibilità. Sarebbe stato saggio godersi il successo, e pensare ad altro. Cosa si può aggiungere a una rapina miliardaria che riesce, a un crimine che paga, perfino alle storie d'amore nate durante la forzata convivenza (nessuno si ritrova ricco ma solo e infelice, nel suo rifugio, quindi incline alle imprudenze). E dunque rieccoli, gli scolaretti agli ordini del Professore che scrive sulla lavagna "Benvenuti", come la prima volta. Spiega che le riserve stanno nei sotterranei, e che il sistema di sicurezza al primo allarme allaga il caveau, servirà un sommozzatore. Per entrare, serve una manovra diversiva: dirigibili con la faccia di Salvador Dall che sganciano banconote sulla folla madrilena. L'effetto è assicurato, al resto provvede l'aikido, arte marziale che il professore illustra così: sfruttare la forza del nemico per fare quel che da solo non riesci a fare. Per esempio, sgombrare l'edificio dagli impiegati. La cronologia impazzisce, bisogna raccontare certi retroscena che ignoravamo. Si comincia 77 giorni prima dell'Ora Zero, si torna indietro a tre anni prima, si salta a meno 3 ore dell'attacco (grazie, scritte in sovrimpressione). Saper chiudere al momento giusto è un'arte poco praticata. Per incrudelire, hanno annunciato una "Casa di carta 4"". (Mariarosa Mancuso)
mercoledì 31 luglio 2019
lunedì 29 luglio 2019
NEWS - Sotto sotto batte il cuore seriale di laF: in arrivo in anteprima "La guerra dei mondi" e "Stockholm Requiem"
La ricerca di un’offerta originale e inedita di intrattenimento culturale, insieme alle più attese serie TV internazionali ispirate alla grande letteratura classica e contemporanea, guida sempre di più la ricca proposta autunnale di laF, la pay TV di Feltrinelli (Sky 135, Sky on Demand e Sky Go). “Le anteprime assolute di Victoria 3, de La guerra dei mondi di BBC e del crime Stockholm Requiem confermano anche per il prossimo autunno l’ormai storico presidio di laF sulle grandi serie tv tratte dai classici della letteratura e dai bestseller mondiali. A queste si affiancano nuovi format originali e reportage internazionali che rendono ancora più ricco il nostro inedito racconto televisivo tra cultura e società, capace di intrattenere e allo stesso tempo stimolare domande, illuminare storie e raccontare passioni. Senza timore di sperimentare nuovi format e nuovi volti". Dopo il clamoroso successo delle prime 2 stagioni, a settembre arriva in prima visione assoluta “Victoria 3”, il costume drama che racconta la storia pubblica della leggendaria Regina inglese, ma anche e soprattutto la sorprendente e inedita vita privata emersa grazie all’accurato studio dei diari originali realizzato dalla sceneggiatrice Daisy Goodwin. Nella nuova stagione, che vede nel cast conferme come gli amati protagonisti Jenna Coleman e Tom Hughes e nuovi ingressi come Kate Fleetwood, Laurence Fox e Lily Travers, la Regina e il suo amato Albert sono alle prese con le rivoluzioni che stanno scuotendo le monarchie europee e con l’esposizione universale del 1851, mentre la loro famiglia si allargherà fino ad accogliere il loro settimo figlio.
La ricerca di un’offerta originale e inedita di intrattenimento culturale, insieme alle più attese serie TV internazionali ispirate alla grande letteratura classica e contemporanea, guida sempre di più la ricca proposta autunnale di laF, la pay TV di Feltrinelli (Sky 135, Sky on Demand e Sky Go). “Le anteprime assolute di Victoria 3, de La guerra dei mondi di BBC e del crime Stockholm Requiem confermano anche per il prossimo autunno l’ormai storico presidio di laF sulle grandi serie tv tratte dai classici della letteratura e dai bestseller mondiali. A queste si affiancano nuovi format originali e reportage internazionali che rendono ancora più ricco il nostro inedito racconto televisivo tra cultura e società, capace di intrattenere e allo stesso tempo stimolare domande, illuminare storie e raccontare passioni. Senza timore di sperimentare nuovi format e nuovi volti". Dopo il clamoroso successo delle prime 2 stagioni, a settembre arriva in prima visione assoluta “Victoria 3”, il costume drama che racconta la storia pubblica della leggendaria Regina inglese, ma anche e soprattutto la sorprendente e inedita vita privata emersa grazie all’accurato studio dei diari originali realizzato dalla sceneggiatrice Daisy Goodwin. Nella nuova stagione, che vede nel cast conferme come gli amati protagonisti Jenna Coleman e Tom Hughes e nuovi ingressi come Kate Fleetwood, Laurence Fox e Lily Travers, la Regina e il suo amato Albert sono alle prese con le rivoluzioni che stanno scuotendo le monarchie europee e con l’esposizione universale del 1851, mentre la loro famiglia si allargherà fino ad accogliere il loro settimo figlio.
A ottobre prende il via “La guerra dei mondi”, il nuovo attesissimo adattamento in 2 puntate del classico della fantascienza di Herbert George Wells firmato BBC, già venduto in oltre 169 Paesi in tutto il mondo. La prima storia in letteratura a raccontare un’invasione aliena rivive ora sugli schermi con un mix di fantascienza, costume drama e horror fedele allo scenario europeo originale e ambientato in epoca edoardiana con un cast di attori d’eccezione: Rafe Spall, Eleanor Tomlinson, Robert Carlyle e Rupert Graves.
Per il ciclo Bestseller in Tv, a novembre arriva invece “Stockholm Requiem” (STHLM Requiem) basata sulla trilogia bestseller di Kristina Ohlsson, che segna un nuovo capitolo nelle serie scandinave crime proposte in esclusiva da laF. Protagonista l’affascinante e misteriosa criminologa Fredrika Bergman, che dovrà faticare non poco per risolvere il mistero di alcuni bambini scomparsi e per entrare nelle grazie del Dipartimento della polizia di Stoccolma: 5 casi da 90 minuti, ognuno conclusivo ma con un’indagine più grande che li coinvolge tutti. La serie, prodotta dall’acclamato Piodor Gustafsson, già all’opera con i film Border – Creature di confine e L’Uomo Di Neve (tratto da Jo Nesbø), è interpretata da Liv Mjönes (Modus), Jonas Karlsson(L’Uomo Di Neve) e Alexej Manvelov (Chernobyl).
mercoledì 24 luglio 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! La Rai ha sponsorizzato con uno speciale "La casa di carta" di Netflix (non per soldi ma per denaro)
Articolo tratto da "la Repubblica"
Una cosa così non si era vista mai. Una televisione pubblica, finanziata coi soldi dei cittadini, che dedica uno speciale in seconda serata per lanciare non uno dei suoi programmi di punta, bensì la più seguita serie (straniera) della concorrenza. E neppure un concorrente qualsiasi, bensì il colosso americano Netflix: la piattaforma streaming che con le sue produzioni e una compagna commerciale superaggressiva sta sottraendo share e pubblicità alle emittenti nazionali in tutto il mondo, Italia compresa. Possibile da guardare solo abbonandosi, cioè pagando. Alla faccia del canone che ora i 5S vorrebbero abolire (per rimettere soldi in tasca alle famiglie) e della creatività nostrana che si dice di voler valorizzare. La spericolata iniziativa è opera della cosiddetta Rai del cambiamento. La quale, non contenta di aver confezionato uno speciale di mezz'ora trasmesso l'altra sera su Rai 2 per reclamizzare la terza attesissima stagione de La casa di carta, ne ha affidato la conduzione al volto più noto del canale: Simona Ventura. E stata lei, dalle 23 alle 23.30, ad anticipare all'affezionato pubblico della tv di Stato storia e personaggi dell'avvincente banda di rapinatori che, sopravvissuta al colpo del secolo — violare la Zecca di Madrid per stampare 2 miliardi di euro perfettamente legali e sparire con l'ingente malloppo — prepara un'altra ambiziosissima impresa. Tutti sempre vestiti di rosso, con la maschera di Salvador Dalì a celarne le identità, il nome di una città assegnato in dote — Tokyo, Rio, Berlino, Mosca, Denver — e un personaggio, chiamato "il professore", a coordinare la squadra dall'esterno: tutti intervistati m seconda serata dalla Rai. Un traino formidabile per il titolo spagnolo, il più visto fra quelli in lingua non inglese, che per Netflix rappresenta una specie di gallina dalle uova d'oro. Disponibile però solo mettendo mano al portafogli sulla piattaforma che conta già 150 milioni di abbonati in 190 paesi: esattamente il modello che RaiPlay ambisce (in sedicesimo) a eguagliare. Ma cosa vuoi che sia la mission del servizio pubblico se ci si può guadagnare? E infatti Viale Mazzini ha firmato un accordo commerciale che frutterà la bellezza di 600 mila euro: 20 mila euro al minuto, calcolando la durata. Non finisce qui. Per lanciare la serie, Netflix ha investito molto sulla Rai. E l'emittente non si è fatta pregare. Non solo ha programmato la messa in onda di una serie di trailer incassando altri 400 mila euro. Ma per evitare che lo speciale passasse inosservato ha pure predisposto una batteria di spot per ricordare l'appuntamento di ieri sera. Quaranta secondi psichedelici con musica rock in sottofondo in cui si vedono i protagonisti togliersi la maschera e promettere: "Stiamo tornando e faremo le cose in grande". Per chiudere con la scritta in sovrimpressione: "Solo su Netflix dal 19 luglio". Cioè ieri, giorno dal quale La casa di carta è disponibile sulla piattaforma. Mai vista una tv che fa concorrenza a se stessa. Ormai specializzata nell'occupazione sistematica delle poltrone.
Articolo tratto da "la Repubblica"
Una cosa così non si era vista mai. Una televisione pubblica, finanziata coi soldi dei cittadini, che dedica uno speciale in seconda serata per lanciare non uno dei suoi programmi di punta, bensì la più seguita serie (straniera) della concorrenza. E neppure un concorrente qualsiasi, bensì il colosso americano Netflix: la piattaforma streaming che con le sue produzioni e una compagna commerciale superaggressiva sta sottraendo share e pubblicità alle emittenti nazionali in tutto il mondo, Italia compresa. Possibile da guardare solo abbonandosi, cioè pagando. Alla faccia del canone che ora i 5S vorrebbero abolire (per rimettere soldi in tasca alle famiglie) e della creatività nostrana che si dice di voler valorizzare. La spericolata iniziativa è opera della cosiddetta Rai del cambiamento. La quale, non contenta di aver confezionato uno speciale di mezz'ora trasmesso l'altra sera su Rai 2 per reclamizzare la terza attesissima stagione de La casa di carta, ne ha affidato la conduzione al volto più noto del canale: Simona Ventura. E stata lei, dalle 23 alle 23.30, ad anticipare all'affezionato pubblico della tv di Stato storia e personaggi dell'avvincente banda di rapinatori che, sopravvissuta al colpo del secolo — violare la Zecca di Madrid per stampare 2 miliardi di euro perfettamente legali e sparire con l'ingente malloppo — prepara un'altra ambiziosissima impresa. Tutti sempre vestiti di rosso, con la maschera di Salvador Dalì a celarne le identità, il nome di una città assegnato in dote — Tokyo, Rio, Berlino, Mosca, Denver — e un personaggio, chiamato "il professore", a coordinare la squadra dall'esterno: tutti intervistati m seconda serata dalla Rai. Un traino formidabile per il titolo spagnolo, il più visto fra quelli in lingua non inglese, che per Netflix rappresenta una specie di gallina dalle uova d'oro. Disponibile però solo mettendo mano al portafogli sulla piattaforma che conta già 150 milioni di abbonati in 190 paesi: esattamente il modello che RaiPlay ambisce (in sedicesimo) a eguagliare. Ma cosa vuoi che sia la mission del servizio pubblico se ci si può guadagnare? E infatti Viale Mazzini ha firmato un accordo commerciale che frutterà la bellezza di 600 mila euro: 20 mila euro al minuto, calcolando la durata. Non finisce qui. Per lanciare la serie, Netflix ha investito molto sulla Rai. E l'emittente non si è fatta pregare. Non solo ha programmato la messa in onda di una serie di trailer incassando altri 400 mila euro. Ma per evitare che lo speciale passasse inosservato ha pure predisposto una batteria di spot per ricordare l'appuntamento di ieri sera. Quaranta secondi psichedelici con musica rock in sottofondo in cui si vedono i protagonisti togliersi la maschera e promettere: "Stiamo tornando e faremo le cose in grande". Per chiudere con la scritta in sovrimpressione: "Solo su Netflix dal 19 luglio". Cioè ieri, giorno dal quale La casa di carta è disponibile sulla piattaforma. Mai vista una tv che fa concorrenza a se stessa. Ormai specializzata nell'occupazione sistematica delle poltrone.
lunedì 22 luglio 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Stranger Things", il riuscito mix di generi e citazioni
"Rinnovare rimanendo fedeli a sé stessi. L'insegnamento di Stranger Things, una delle serie culto di questi ultimi anni, sta tutto qui, nella sua capacità di rigenerarsi e riprodursi senza mai deragliare da un impianto consolidato. Il risultato è una macchina quasi perfetta, in cui ogni dettaglio s'incastona al posto giusto e l'aggiunta di nuovi elementi non disorienta, ma arricchisce. Come le precedenti, anche la terza stagione della serie dei «Duffer Brothers» (i fratelli Matt e Ross) è un vortice continuo di avventure ordinarie e soprannaturali, di estetica anni 8o e citazioni cinematografiche del periodo (Netflix). Ritroviamo tutti i personaggi della serie in una calda estate del 1985; c'è maggiore luminosità, ci sono più colori (quelli dei vestiti, della piscina, del centro commerciale), ma anche horror e angoscia dietro l'angolo, improvvisi e mai annunciati. I personaggi sono cresciuti e Stranger Things ne segue l'evoluzione virando verso situazioni «teen», per la verità un po' ingenue e scontate, come i primi innamoramenti e le gelosie interne al gruppo d'amici. Inoltre, la serie introduce un elemento caro al cinema americano di fantascienza degli anni 8o, quello della contrapposizione con l'Urss e la minaccia della Guerra fredda dietro gli esperimenti che sconvolgono la cittadina di Hawkins. La scrittura, la fotografia, gli effetti speciali: tutto concorre verso un prodotto riuscito e articolato, in cui la mescolanza dei generi, il sistema dei rimandi e delle citazioni, le differenti storylines si tengono senza sbavature né ridondanze". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Stranger Things", il riuscito mix di generi e citazioni
"Rinnovare rimanendo fedeli a sé stessi. L'insegnamento di Stranger Things, una delle serie culto di questi ultimi anni, sta tutto qui, nella sua capacità di rigenerarsi e riprodursi senza mai deragliare da un impianto consolidato. Il risultato è una macchina quasi perfetta, in cui ogni dettaglio s'incastona al posto giusto e l'aggiunta di nuovi elementi non disorienta, ma arricchisce. Come le precedenti, anche la terza stagione della serie dei «Duffer Brothers» (i fratelli Matt e Ross) è un vortice continuo di avventure ordinarie e soprannaturali, di estetica anni 8o e citazioni cinematografiche del periodo (Netflix). Ritroviamo tutti i personaggi della serie in una calda estate del 1985; c'è maggiore luminosità, ci sono più colori (quelli dei vestiti, della piscina, del centro commerciale), ma anche horror e angoscia dietro l'angolo, improvvisi e mai annunciati. I personaggi sono cresciuti e Stranger Things ne segue l'evoluzione virando verso situazioni «teen», per la verità un po' ingenue e scontate, come i primi innamoramenti e le gelosie interne al gruppo d'amici. Inoltre, la serie introduce un elemento caro al cinema americano di fantascienza degli anni 8o, quello della contrapposizione con l'Urss e la minaccia della Guerra fredda dietro gli esperimenti che sconvolgono la cittadina di Hawkins. La scrittura, la fotografia, gli effetti speciali: tutto concorre verso un prodotto riuscito e articolato, in cui la mescolanza dei generi, il sistema dei rimandi e delle citazioni, le differenti storylines si tengono senza sbavature né ridondanze". (Aldo Grasso)
mercoledì 17 luglio 2019
NEWS - Fermi tutti! Maggie potrebbe tornare a sparare in "The Walking Dead". Ma non per esigenze di copione: dopo il flop di "Whiskey Cavalier", Lauren Cohan è "walking around"...
News tratta da "TvLine"
It’s a good thing The Walking Dead didn’t kill off Maggie when Lauren Cohan left the AMC drama to star in Whiskey Cavalier. Since ABC cancelled its well-liked spy yarn, the actress can now go back to fighting zombies — and she might do just that. “I’m not sure if I can say much about it right now, actually,” showrunner Angela Kang tells Entertainment Weekly. “I’ll just say that we’re working on it.” Dead heads will recall that when Cohan left the series, Maggie was said to have departed Hilltop during Season 9’s time jump with her and Glenn’s son Hershel and gone on the road with Georgie to offer A Key to a Future to other emerging communities. Certainly, fans would be glad to have the long-running heroine back in the fold, what with Andrew Lincoln having split as Rick to star in Walking Dead movies and Danai Gurira set to make her last appearance as Michonne during Season 10. For her part, Cohan has already told TVLine that “there may have been some conversations” about her future among the undead, including the possibility of her appearing in offshoot movies a la Lincoln. “But everything is so early-days ambiguous.”
News tratta da "TvLine"
It’s a good thing The Walking Dead didn’t kill off Maggie when Lauren Cohan left the AMC drama to star in Whiskey Cavalier. Since ABC cancelled its well-liked spy yarn, the actress can now go back to fighting zombies — and she might do just that. “I’m not sure if I can say much about it right now, actually,” showrunner Angela Kang tells Entertainment Weekly. “I’ll just say that we’re working on it.” Dead heads will recall that when Cohan left the series, Maggie was said to have departed Hilltop during Season 9’s time jump with her and Glenn’s son Hershel and gone on the road with Georgie to offer A Key to a Future to other emerging communities. Certainly, fans would be glad to have the long-running heroine back in the fold, what with Andrew Lincoln having split as Rick to star in Walking Dead movies and Danai Gurira set to make her last appearance as Michonne during Season 10. For her part, Cohan has already told TVLine that “there may have been some conversations” about her future among the undead, including the possibility of her appearing in offshoot movies a la Lincoln. “But everything is so early-days ambiguous.”
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