
In "Flesh and Bone" la professione della danza è una vocazione
«Il balletto è l’ultima delle illusioni ottiche: noi ballerini facciamo sembrare lo sforzo leggerezza, rendiamo la difficoltà divina, trasformiamo la gravità nella nostra schiavetta». È con queste parole che il personaggio di Paul Greyson, immaginario direttore artistico e coreografo dell’American Ballet, descrive nella prima puntata del telefilm «Flesh and Bone» quella che non è una semplice professione ma più una vocazione, una missione totalizzante. «Flesh and Bone» è una serie molto interessante, disponibile da qualche giorno nel portale di TimVision, il servizio di televisione on demand di Tim che ha già avuto il merito di distribuire in Italia le ultime stagioni del capolavoro «Mad Men». Diciamo subito che la firma principale della serie è quella di Moira Walley-Beckett, sceneggiatrice e produttrice al lavoro in passato su «Breaking Bad», una garanzia di qualità nella scrittura e nello sviluppo del racconto. La storia è quella di Claire Robbins (Sarah Hay, al suo debutto nella recitazione), una fragile quanto talentuosa giovane ballerina che muove i suoi primi passi da professionista in una compagnia importante di New York, tra invidie, veleni, protagonismi e spietata ricerca della perfezione nel movimento. Non è solo l’ambizione a muoverla, ma soprattutto la necessità di scappare da un inferno familiare fatto di abusi. Il talento e il fascino sembrano poter riscattare il suo passato, ma trovare posto sotto i riflettori non sarà facile: l’aspetto più interessante della serie è la sua capacità di raccontare senza alcun pudore le deformazioni e gli eccessi di un ambiente in cui la disciplina e il controllo si trasformano spesso in torture psicologiche. Per esempio, fino a che punto è giusto che un maestro «spinga» alla perfezione i propri allievi, con metodi anche molto rudi? In questo senso, «Flesh and Bone» racconta una storia simile a quella del giovane musicista protagonista del film Whiplash". (Aldo Grasso, 16.11.2015)
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