martedì 3 maggio 2011

L'EDICOLA DI LOU - stralci e commenti sui telefilm tratti dai giornali italiani e stranieri
In merito alla diatriba tra Jovanotti e i fans di "Happy Days", ecco cosa scriveva sul telefilm Aldo Grasso poco tempo fa...

CORRIERE DELLA SERA
"Happy days", l'allegoria è ancora viva (e lotta insieme a noi)
"Tempo fa, durante una visita in Italia di Henry Winkler, l'indimenticabile Fonzie, qualcuno tirò in ballo una celebre battuta di Nanni Moretti. Che in «Aprile», mentre assiste allo sbarco di albanesi a Brindisi, si rammaricava per l'assenza dei dirigenti della sinistra: «Io me li ricordo alla Fgci, sono cresciuti vedendo "Happy Days". È la loro formazione politica, morale, culturale». Ma davvero il telefilm è stato così deleterio per la formazione delle future classi dirigenti? Niente di più sbagliato. «Happy Days» (1974, 255 puntate) è un teen drama ambientato negli anni ' 50, in un'improbabile provincia americana non ancora sfiorata dai problemi delle società avanzate. Il telefilm ha per protagonisti tre bravi ragazzi, la famiglia di uno di loro e l'amico «ribelle» dal cuore d'oro, Arthur «Fonzie» Fonzarelli. I tre ragazzi sono Richie Cunningham (Ron Howard, il futuro regista), ragazzo timido e dai buoni sentimenti, cresciuto in una famiglia per bene con papà Howard (Tom Bosley), proprietario di un negozio di ferramenta, mamma Marion (Marion Ross), casalinga, e Joanie, (Erin Moran), la piccola sorella dispettosa di 12 anni, affettuosamente chiamata «sottiletta»; Potsie Weber «l'amico chiacchierone» (Anson Williams) e Ralph Malph (Donny Most) «il buffone». Richie, Potsie e Ralph studiano alla Jefferson High School di Milwaukee e spesso si ritrovano alla tavola calda Arnold's. «Happy Days» affronta i problemi di una qualsiasi famiglia americana piccolo-borghese: dalle incertezze economiche a quelle adolescenziali, dai primi amori alle cattive compagnie. Papà e mamma Cunningham vengono continuamente coinvolti nelle vicende dei giovani, sono disponibili, ma sanno farsi obbedire e rispettare. Non c'è violenza, contestazione, cattiveria: l'amore è ancora un sentimento, l'amicizia un valore, la moto un oggetto leggendario, il giubbotto di pelle solo un vezzo; la middle class vive la sua apologia. Dalla puntata pilota, George Lucas ha tratto l'idea di «American Graffiti». Alla predica, gli americani preferiscono la fiction: preferiscono cioè raccontare storie in cui possano incarnarsi alcuni valori con forza quasi allegorica. «Happy Days» ha sempre messo in scena, con un linguaggio più innovativo delle sitcom dell' epoca, il valore dell'amicizia. Ha molti temi in comune con «Ecce bombo» ma senza pretese autoriali. E Fonzie si incarica appunto di rappresentare una sorta di devianza temperata (dietro la quale però si nasconde l'uccisione simbolica del padre, papà Cunningham), di ribellismo interiore".
(Aldo Grasso, 16.03.2011)

2 commenti:

jo ha detto...

Happy Days è un mito. Punto.

la raffa ha detto...

Happy Days era ed sarà sempre un cult!Invece penso che Glee sia la serie più sopravvalutata della televisione statunitense…Lorenzo mi piaci molto come artista ma questa volta hai torto!!!

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