BOLLETTINO - Telefilm: i detrattori e i compiacenti
Certo, è la stampa bellezza! Però mettetevi d'accordo. Curiosamente e casualmente "L'Edicola di Lou" di questo mese (vedi Post precedente) pubblica due giudizi all'opposto sui nostri amati telefilm. Pierluigi Battista, Vice-Direttore del "Corsera", intervistato da "Il Giornale", esprime un giudizio entusiastico sul genere seriale in ascesa contrapposto all'(ir)reality. Dopo pochi giorni ecco uscire su "Il Riformista" un articolo a firma di Remo De Vincenzo, il quale al contrario segnala una crisi del filone a puntate a causa dell'inflazione di titoli. De Vincenzo si lancia anche in spericolate argomentazioni. Tra le cause della (presunta da lui) crisi, ci sarebbero: storie diverse dalla realtà italiana (come a dire che per aver successo dovrebbero raccontare della Cosa Bianca, dei rifiuti in Campania, della Mastella-soap...); poi attacca le majors che sfornano trame troppo complicate, con troppi rimandi (capito J.J. Abrams? Ai flashback di "Lost" dacci un taglio, se no a De Vincenzo viene il mal di testa!); poi è la volta degli appassionati (i fans), che non riuscirebbero a seguire tutto (non sono mica giornalisti come lui, a battere notizie fino all'una di notte); la deduzione logica di Remo-contro-i-telefilm è che "Heroes" e "Lost" abbiano scarso successo perchè sarebbero troppo difficili (considerare il giorno sbagliato di programmazione o lo scaricamento da internet, no, eh?). Alla fine De Vincenzo erutta in un orgasmo incontenibile: ci sono troppi serial investigativi! Come a solleticarci nella risposta che a volte ci sono troppi giornalisti dalle analisi troppo avventate. (Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Marzo)
Certo, è la stampa bellezza! Però mettetevi d'accordo. Curiosamente e casualmente "L'Edicola di Lou" di questo mese (vedi Post precedente) pubblica due giudizi all'opposto sui nostri amati telefilm. Pierluigi Battista, Vice-Direttore del "Corsera", intervistato da "Il Giornale", esprime un giudizio entusiastico sul genere seriale in ascesa contrapposto all'(ir)reality. Dopo pochi giorni ecco uscire su "Il Riformista" un articolo a firma di Remo De Vincenzo, il quale al contrario segnala una crisi del filone a puntate a causa dell'inflazione di titoli. De Vincenzo si lancia anche in spericolate argomentazioni. Tra le cause della (presunta da lui) crisi, ci sarebbero: storie diverse dalla realtà italiana (come a dire che per aver successo dovrebbero raccontare della Cosa Bianca, dei rifiuti in Campania, della Mastella-soap...); poi attacca le majors che sfornano trame troppo complicate, con troppi rimandi (capito J.J. Abrams? Ai flashback di "Lost" dacci un taglio, se no a De Vincenzo viene il mal di testa!); poi è la volta degli appassionati (i fans), che non riuscirebbero a seguire tutto (non sono mica giornalisti come lui, a battere notizie fino all'una di notte); la deduzione logica di Remo-contro-i-telefilm è che "Heroes" e "Lost" abbiano scarso successo perchè sarebbero troppo difficili (considerare il giorno sbagliato di programmazione o lo scaricamento da internet, no, eh?). Alla fine De Vincenzo erutta in un orgasmo incontenibile: ci sono troppi serial investigativi! Come a solleticarci nella risposta che a volte ci sono troppi giornalisti dalle analisi troppo avventate. (Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Marzo)
7 commenti:
Sacrosanto! W i telefilm e abbasso gli analisti dell'ultima ora
Giusto!
Più telefilm per tutti!
Ha dimenticato di scrivere che 'non ci sono più le mezze stagioni'!
(quelle climatiche, eh...)
Maddai, in fondo non voleva criticare i telefilm - solo dire quattro chiacchiere in libertà.
4 chiacchere le vai a dire al bar, non le scrivi sul giornale
Quale bar?
Omaii i bar sono sempre più stretti, almeno a Milano.
Non riesci mica a parlare.
Un giornale, invece, è pieno di spazio da riempire.
Secondo la mia modesta opinione il problema non sono i troppi telefilm, ma l'incompetenza di chi organizza i palinsesti televisivi senza conoscere due cose importanti: 1) il prodotto che mandi in onda
2) Il pubblico cui quel prodotto è destinato.
Olé
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