sabato 28 ottobre 2017

NEWS - Clamoroso al Cibali! Brit Marling di "The OA" confessa che Harvey Weinstein aveva una complice negli abusi...! Leggi QUI

venerdì 27 ottobre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LA STAMPA
In "The Deuce" realismo al top e ottimo cast
"In 'The Deuce' di David Simon e George Pelecanos, la nuova serie Hbo in onda su Sky Atlantic HD, New York City non è solo la città dei sogni e dei desideri, ma anche della perdizione, di tutto ciò che c'è di estremo e di assurdo. E qui che, a cavallo dei fiammeggianti Anni Settanta, nasce l'industria del porno. Tra i protagonisti ci sono i bravissimi James Franco, che interpreta due gemelli speculari, uno lavoratore e imprenditore, l'altro giocatore e poco di buono, e Maggie Gyllenhaal, sorella dell'attore Jake, stupenda nella parte di Eileen, una ragazza madre che per crescere suo figlio si allontana dalla casa dei suoi genitori e si mette in proprio, prostituendosi, tenendosi però fuori dal giro di papponi e protettori. Sono gli anni caldi, questi. Per le strade di New York circola tantissima droga. La mafia ha ancora una certa influenza e nei locali uomini soli - e in affari - sono alla ricerca di avventure pericolose. Poi ci sono loro, gli altri, i creativi, che presi dalla smania hippie hanno un'idea: girare filmini osé. E la prima grande rivoluzione pornografica. David Simon, che ha già firmato 'The Wire', altro capolavoro del piccolo schermo, segna il ritorno sul piccolo schermo di David Simon, uno dei padri della serialità televisiva contemporanea prodotto da Hbo, in più di un'occasione ha tenuto a precisare che questa non è una serie tv di sesso, ma sul sesso: quella che viene raccontata è la nascita e l'esplosione di un fenomeno commerciale che ha finito per condizionare non solo la società americana, ma anche gli usi e i costumi del resto del mondo. La Deuce, che negli Anni Settanta era la 428 strada, quella tra la Seventh Avenue e la Eight Avenue, a due passi da Times Square, si presenta sporca e rumorosa, popolata da prostitute e da piccoli criminali, inondata dall'eroina e dal sesso a pagamento. La serie, che è già stata rinnovata per una seconda stagione, è talmente attenta ai dettagli e alla semplice messa in scena da essere, in alcuni passaggi, quasi documentaristica. Il realismo, dopotutto, è sempre stato uno dei marchi di fabbrica di Simon: una scrittura precisa, puntuale, quasi chirurgica nella sua struttura e nell'attenzione per la costruzione delle varie situazioni. Si diceva di Gyllenhaal e di Franco, poco fa. Ebbene, se 'The Deuce' funziona è, in buona parte, anche per merito loro (e del resto del cast). Ai luoghi si aggiungono le persone. E ogni personaggio riesce a trovare la propria dimensione e la propria profondità. Non sarà la nuova letteratura questa, e non lo è, ma che piacere è «leggerne» le immagini". (Gianmaria Tammaro)

mercoledì 25 ottobre 2017

NEWS - Auditel, fatti da parte! Mentre in Italia non si monitorano ancora gli ascolti da smartphone e tablet, in Inghilterra si sviluppa l'algoritmo sui gusti e preferenze (sarà la tv a registrare le serie che ci piacciono secondo i nostri gusti!) 

News tratta dal "Quotidiano Nazionale"
"Non più sondaggi e analisi degli ascolti: dopo i social network, per capire e soddisfare l'audience televisiva scende in campo l'intelligenza artificiale. A cavalcare la nuova frontiera tecnologica è la BBC, decana del mondo tv, che ha lanciato un progetto di ricerca volto a sfruttare algoritmi avanzati per sondare i gusti del pubblico e sviluppare contenuti su misura. Puntando a non perdere terreno sul fronte dell'innovazione, l'emittente pubblica britannica si è alleata con otto atenei e diversi partner tecnologici per sfruttare a pieno tutte le potenzialità dei nuovi strumenti informatici. L'obiettivo è creare una BBC più personale", con forme di intrattenimento innovative. Per questo ricercatori ed esperti analizzeranno i dati dell'audience con algoritmi avanzati: verrà sfruttato l'apprendimento automatico per capire le abitudini e le preferenze degli spettatori e, in futuro, per anticiparle.
Al momento sul progetto non ci sono grossi dettagli, ma l'iniziativa è indice di quanto la tecnologia stia cambiando il volto dei media e di molte altre organizzazioni. La televisione non fa eccezione e in realtà si sta già svecchiando. Smartphone e tablet sono ormai uno schermo parallelo alla tv, tanto che le conversazioni degli utenti-spettatori sui social network ormai sono entrate nel calcolo degli ascolti di Nielsen. Anche l'intelligenza artificiale sta già cambiando il modo in cui si guarda la televisione, o meglio, i contenuti tv in senso lato. La scia è quella di Netflix, che ha già algoritmi molto potenti per indirizzare i suoi abbonati verso determinati show e film in base alle loro abitudini. C'è poi un'altra frontiera, quella dei nuovi assistenti vocali "smart" integrati o in dialogo con gli apparecchi tv connessi: in un futuro non troppo lontano non sarà nemmeno necessario chiedere con un comando vocale di registrare una serie tv ma sarà il televisore stesso —analizaando le nostre preferenze — a salvarle senza farci correre il rischio di restare a secco di puntate". 

martedì 24 ottobre 2017

GOSSIP - Ultima ora! Anche Brit Marling di "The OA" tra le vittime di Harvey Weinstein!
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lunedì 23 ottobre 2017

NEWS - Achtung compagni! Facebook e Snapchat all'assalto delle serie tv con l'ingaggio di Kerry Washington, il reboot di una serie norvegese cult e un accordo storico...LEGGI QUI

mercoledì 18 ottobre 2017

martedì 17 ottobre 2017

GOSSIP - Kristen in forma! La Bell di "Veronica Mars" confida il suo segreto di bellezza: "voglio sempre sapere cosa metto nel mio corpo!"
Kristen Bell looks so relaxed and happy on the cover of Shape magazine’s November 2017 issue, on newsstands October 17. Here’s what the 37-year-old actress had to share with the mag:
On teaching her daughters about being healthy: “It’s important to me to show my children that I care about my health and fitness enough to stay committed. So when I’m in their room with them, I’ll do squats. When they ask what I’m doing, I’ll say I’m getting my physical fitness in…it’s a value I want to instill in my kids at an early age – that paying attention to your body is mandatory.”
On finding time to workout: “At work, while I’m running through lines with my fellow actors, I’ll be leaning backward on a chair doing tripcep dips. At home, when my kids and I are on a walk, and they’re meandering and looking at leaves, I’ll do lunges. I get it in however and whenever I can.”
On her best healthy habit: “My best healthy habit is knowing how to read a nutrition label…I try to balance everything…I appreciate understanding what I’m putting into my body.”
For more from Kristen, visit Shape.com.
GOSSIP - The Vampire Break-Up! Paul Wesley e Phoebe Tonkin si sono lasciati!
Paul Wesley and Phoebe Tonkin have called it quits yet again after reconciling earlier this year. The former Vampire Diaries co-stars date on and off for the past four years, but fans recently noticed that the actors unfollowed each other on Instagram and now Us Weekly has confirmed the breakup. Paul and Phoebe previously split in April, but got back together after a month apart. They were last seen together while holding hands in May.

lunedì 16 ottobre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

"Rivista Studio"
Perché "Suburra" non piace a tutti?
"In poco più di una settimana, Netflix ha sconquassato il mondo della serialità italiana, dico serialità perché lì la parola fiction è vietata. Fino ad ora. Adesso ci si trova Don Matteo e altra roba di produzione Rai, e sui social è venuto giù un pieno: non paghiamo 9,99 euro al mese (la tariffa aumenterà) per vedere Terence Hill in HD! È il grande equivoco di una piattaforma digitale nata a fortissima caratterizzazione social: per molti utenti non dev’essere un network che offre contenuti a una platea sempre più vasta (se no uno il network cosa lo apre a fare), ma un luogo di riconoscibilità individuale, dove ognuno deve trovare ciò che parla solo a lui. Da qui viene anche la frase che ultimamente si sente ripetere più spesso: «Su Netflix non c’è niente». Esaurite in poche sere le due-tre cose che interessano a te, il resto è come se non esistesse. Ma si aprirebbe un discorso troppo lungo. Torniamo alla settimana decisiva di cui sopra. È appena esplosa la bomba Don Matteo ed ecco che arriva Suburra, la prima serie italiana che Netflix ha proprio deciso di produrre, pensa te. All’ultima Mostra di Venezia, dove sono stati presentati i primi due episodi, si è assistito al primo caso di oggetto non identificato, fatto da cinematografari romani ma pensato per un bacino che si spinge ben oltre Roma Nord: i numeri di Netflix dicono più di 100 milioni di abbonati nel mondo. Faceva un certo effetto ricevere comunicati stampa dove leggevi nomi come Claudia Gerini e Michele Placido da parte di grossi PR internazionali. I giornalisti italiani in cerca dei soliti amici da buffet ci sono rimasti malissimo: e mo come facciamo? Con chi parliamo? La serie è piaciuta. Agli italiani, che sentivano l’attenzione della stampa internazionale, non si può vivere del resto di solo Sorrentino. E pure agli stranieri, che hanno ritrovato nel nuovo prodotto l’unico cinema (e Tv) ultimamente esportato oltre confine: Romanzo criminale, Gomorra e, sì, Sorrentino. Ora che Suburra è a disposizione di tutti, a certi critici incrociati alla festa veneziana non piace più (l’open bar gentilmente offerto da Netflix è ormai un lontano ricordo), la stampa storce un po’ il naso, sul pubblico non esistono dati di share, si intuiscono reazioni opposte ma è giusto così, il tempo di guardarla in pochi giorni e poi il solito ritornello: «Su Netflix non c’è niente». Il dato interessante è un altro. Per la sua prima produzione italiana, Netflix ha puntato sul nuovo immaginario che ormai riconosciamo (e in cui ci riconosciamo) anche noialtri: Suburra sembra Romanzo criminale, sì; sembra Gomorra, sì. E grazie al cazzo (scusate). Stavolta Stefano Sollima non figura tra i registi, stava girando il sequel di Sicario di Denis Villeneuve, a sua volta impegnato con quel piccolo film che è Blade Runner 2049: non mi sembra una cattiva promozione per nessuno dei due. Ma è proprio con Sollima, autore principale delle versioni televisive di Romanzo criminale e Gomorra, che è partita questa idea di nuovo racconto popolare, pop e paraculo, locale e globale, con «dramatic instinct and visual verve» (dalla recensione di Screen a Suburra il film). Poi è venuto l’imprescindibile innesto sorrentiniano, nella prima sequenza della serie c’è ovviamente un prete, non ce ne libereremo mai, ma ormai siamo persino disposti ad accettarlo. Racconto popolare, dicevo. I miei amici di Facebook si lamentano delle didascalie “Roma centro” sopra le inquadrature del cupolone di San Pietro: certo, c’avete ragione, ma forse non sono messe a caso. Né sono messi a caso gli spiegoni di Mafia Capitale for dummies, i siparietti coatti a Ostia Lido per chi Ostia Lido non sa cosa sia, le coincidenze forzate tra ammore e malavita, tra borgatari e vescovi, tra consiglieri comunali e tesorieri vaticani. Non sono un fan né di Suburra né di House of Cards, per dire, ma di quest’ultima siete arrivati alla quinta stagione senza lamentarvi troppo, e dire che era diventato inguardabile già all’inizio della seconda. Vi anticipo: non sto mettendo a confronto Alessandro Borghi con Kevin Spacey. È che siamo così, dolcemente esterofili: quando guardiamo le cose nostre non ci va bene mai, vogliono avere ragione sia quelli che «c’è troppa poca monnezza per essere Roma» sia quelli che «dà una pessima immagine del nostro Paese», (ancora) non va bene Don Matteo ma non va bene manco una cosa girata meglio, scritta meglio, recitata meglio (io vedo un casting semplice semplice come quello dei tre protagonisti Borghi-Ferrara-Valdarnini e mi sembra comunque miracoloso) e che però vuole continuare ad essere popolare, appunto. No: il vostro sogno è passare da Don Matteo a The Wire nel giro di una stagione, anzi mezza, una stagione intera è troppo. Poi c’è un altro problema. E cioè che il racconto popolare ce lo scriviamo da soli tutti i giorni da anni, dunque la finzione, seppur verosimile, ci lascia sempre e comunque insoddisfatti. Con un sindaco (pardon: una sindaca) come Virginia Raggi che scrive tutti i giorni sceneggiature degne di un film di Dino Risi, quelle delle serie non saranno mai all’altezza. Lo capisco, succede anche a me. Eravamo l’unico Paese al mondo in cui gli stand-up dell’attualità politica andavano più veloci del loro possibile adattamento cinematografico, meno male che oggi di là è arrivato Trump. Di fronte a Virgy contro l’Atac, per citare giusto uno dei format di maggior successo, nessuno showrunner potrà mai inventare qualcosa di meglio". (Mattia Carzaniga)

sabato 14 ottobre 2017

GOSSIP - Mica Bad! Krysten Ritter più in forma che mai su "Women's Health" confessa: "Bryan Cranston è la persona più generosa che ho incontrato!"
Krysten Ritter is on the cover of Women’s Health magazine’s November 2017 issue.
Here’s what the 35-year-old Jessica Jones star had to share with the mag:
On her Hollywood role model, Bryan Cranston: “He is one of the most generous, send-the-elevator-back-down guys I’ve ever met. He wants to give back so much. Like ‘I’ve learned this, this is what works and what doesn’t.’ It’s rare that people share like that. And I want to do that too – when I meet somebody just starting out, or not experienced, I try to give them everything, all the tools, everything I’ve learned along the way.”
On being bullied in high school: “You’re just different – and different is not good.”
On finding the good in bad experiences:“Anything bad that’s happened to me, I look for ways to put it in my work. And afterward, I feel lighter. It’s like spring cleaning. I think that’s what all artists do – it’s a way to communicate their feelings, a way to use their heart and get things out.”

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giovedì 12 ottobre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
Variety
Le lezioni sbagliate di "Game of Thrones"
Today’s Variety cover story and accompanying column go deep into the subject of TV’s rapid expansion — Cynthia Littleton and I delve into not just the amount of TV being made, but the increasing costs that are impacting the medium. 
Throughout both of those pieces, “Game of Thrones is mentioned many times. “Everybody wants their ‘Game of Thrones,’” one executive sighed as we reported this story. 
It’s true: Those were the recent marching orders of Jeff Bezos, and chaos reigns at Amazon Studios as it tries to pivot to providing spectacle. We’ve already seen the arrival of a host of dramas employing dozens of burly, bearded guys who can wield heavy swords (and some of them, like “Vikings and “Into the Badlands,” are actually good!). But many more that prioritize pyrotechnics and special effects are no doubt on their way, not just from Amazon, but all the other content providers now in the game. 
The problem is, those trying to imitate “Game of Thrones are taking all the wrong lessons from its origin story.
First off, “Game of Thrones was not picked up straight to series. Every executive I spoke to winced when I brought up this frustrating trend. As one experienced showrunner put it, “You can make a good show without going through the pilot process. But it’s usually harder to do it that way.” The pilot process is far from perfect, but it allows everyone involved to assess what’s working and what’s not, and what can be recalibrated to make a show more effective. When a scripted program doesn’t pause after the pilot to figure out the best path forward, that rush-to-screen often drives up expenses, and storytelling mistakes are compounded.
Even Game of Thrones went through a rocky pilot process — the producers made two. The first attempt at a debut episode was more or less tossed out because certain characters weren’t quite working and some plot points were unclear. When the drama finally premiered in April 2011, major characters had been recast— Emilia Clarke was plucked almost straight out of drama school to replace Tamzin Merchant, and Michelle Fairley was not the actor originally cast as Caitlin Stark. 
HBO officially put “Game of Thrones into development in January 2007 — so the team went through four long years of development, notes, writing, more notes, re-writing, filming and extensive re-shoots. Benioff and Weiss, well-regarded screenwriters, had never made a TV show before, and have acknowledged they faced a tremendous learning curve. 
None of this is to say that “Game of Thrones is perfect. Dozens of critics, including myself, have spent a lot of time writing about what we’ve loved about the show — as well as what we’ve disliked about it. The show has flaws and blind spots, some of which have improved or evolved over time, some of which haven’t. 
But now that giant dragons are aloft and a dead ice king is tossing around javelins, it’s easy to forget that the main reason for “GoT’s” success is the fact that it’s truly a character-based drama. Even minor players like Lady Mormont and Tormund caught on with fans because they are so specifically and memorably portrayed. Many of the greatest scenes in “Game of Thrones” history have consisted of quiet conversations between two fine actors  or one actor slaying a monologue, as Tyrion (Peter Dinklage) did during his Season 4 trial. People root for Dany and Tyrion and Brienne, and worry about Arya and Sam, because they care about them. That’s the show’s accomplishment, not the near-tripling of its initial episodic budget. 
As it transitions into its final season, there’s been much chatter about how “Game of Thrones will consist of essentially six feature films. But keep in mind that “Game of Thrones” is ending its run that way. The network and producers did not start out operating from the assumption — often expressed by Cersei Lannister, a fan of the for-hire Golden Company — that throwing money at a problem is the best way to solve it. 
HBO didn’t just spend money to get it right. It spent a rarer commodity — time.
But cash is what’s flooding into the TV market now, not patience. Apple already has a TV budget of at least $1 billion. Disney, Time Warner, NBC Universal and CBS spent $36 billion on TV last year — a third more than just seven years ago. Hulu will part with $2.5 billion this year, which tops HBO’s annual $2 billion budget. Netflix is upping its ante to $7 billion in 2018. Amazon spent $4.5 billion this year. And now Facebook is jumping checkbook-first into the episodic fray, along with Google, Snapchat and YouTube. 
All together, it’s a dizzying amount of money. But I truly wonder which of these companies will take their time with their shiny TV acquisitions. 
Sure, some eye-popping plot points need to be drenched in dollars to stand out. But many of the most memorable TV scenes (including on “Game of Thrones”) are the product of great effort expended over days, weeks, months and years. Scenes that are written and re-written, rehearsed and worried over, passionately crafted and thoroughly thought through. 
As Don Draper might say, “That’s what the money’s for.”

martedì 10 ottobre 2017

NEWS - Clamoroso al Cibali! 'Gomorra' e 'Suburra' parlano inglese: la società che li produce, Cattleya, comprata dagli inglesi di 'Downton Abbey'. Leggi QUI
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Tin Star", racconto sopra le righe che stenta a decollare
"Lo sceriffo Worth si guarda allo specchio e scopre un altro da sé. Il classico caso di sdoppiamento, così caro alla letteratura ottocentesca, o c'è qualcosa d'altro, di non detto, che rimanda a un passato del protagonista che noi non conosciamo? 'Tin Star', la nuova serie creata da Rowan Joffé e prodotta dalla Kudos Film and Television, racconta la storia di Jim Worth (Tim Roth), un ex detective della polizia di Londra, con un passato da alcolista, che si trasferisce con la famiglia, per motivi non meglio specificati, nella cittadina di Little Big Bear sulle Montagne Rocciose canadesi. Accanto a lui la moglie Angela, interpretata da Genevieve O'Reilly (Sky Atlantic, martedì, 21.25). Dopo un anno di calma apparente, la vita di Jim e della piccola comunità viene stravolta dall'apertura di una raffineria di petrolio da parte di una società, la North Stream Oil, rappresentata dall'ambigua Miss Bradshaw (Christina Hendricks) e «protetta» da un truce capo della sicurezza. Sesso, droga, prostituzione, criminalità si affacciano dalle parti di Little Big Bear diventata, grazie o per colpa della raffineria, una zona molto più corrotta e complicata. Come succede in questi casi, parte della popolazione è favorevole ai nuovi insediamenti (portano lavoro e soldi) e parte, invece, pensa che l'ambiente vada salvaguardato. Non è una serie ambientalista alla «Erin Brockovich» o di denuncia sul global warming: certo lo sceriffo Worth non si lascia incantare dalle proposte di Miss Bradshaw, ma la parte più interessante del racconto è la lotta contro i suoi fantasmi del passato, i dettagli che a poco a poco compongono un quadro tutt'altro che rassicurante. A parte l'interpretazione di Tim Roth, il racconto è spesso sopra le righe e non sempre la tensione narrativa è all'altezza del protagonista, come se stentasse a raggiungere i modelli alti cui pretende di ispirarsi". (Aldo Grasso)

lunedì 9 ottobre 2017

NEWS - Più Netflix (più caro) per tutti! Da oggi aumenti nei prezzi degli abbonamenti tra 1 a 2 euro al mese (resta di 7.99 quello base da uno schermo solo)
News tratta da "Il Messaggero"
Netflix, la popolare piattaforma tv on demand, modifice le tariffe. A partire dal 9 ottobre, fa sapere l'azienda, in Italia cambierà il prezzo del piano Standard (che permette di poter vedere Netflix su due dispositivi contemporaneamente, incluso l’Hd dove disponibile), che passerà da 9,99 a 10,99 euro al mese, e del piano Premium (che permette di vedere fino a quattro schermi contemporaneamente, Hd e Uhd incluse dove disponibili), che da 11.99 passerà a 13.99 euro al mese. Nessun cambiamento invece nel piano base da uno schermo, che resta di 7.99 euro al mese. Netflix giustifica questi aumenti di prezzo con l'aggiunta di contenuti esclusivi come serie tv e film e un catalogo sempre maggiore (negli ultimi 2 anni, specifica l'azienda, il numero di titoli disponibili in Italia è aumentato del 207%) e con l'introduzione di nuove funzionalità che permettono agli utenti di trovare i propri contenuti più facilmente.

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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Il GIOCO DEI TELEFILM di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, nei migliori negozi di giocattoli: un viaggio lungo 750 domande divise per epoche e difficoltà. Sfida i tuoi amici/parenti/partner/amanti e diventa Telefilm Master. Disegni originali by Silver. Regolamento di Luca Borsa. E' un gioco Ghenos Games. http://www.facebook.com/GiocoDeiTelefilm. https://twitter.com/GiocoTelefilm

Lick it or Leave it!

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