Articolo tratto da "Corriere Economia"
"C'era una volta Netflix. La domanda è se vivrà felice e contenta? Una trama provocatoria forse, ma non così lontana dal vero. A essere in discussione non è il suo modello. Al di là delle varie critiche e polemiche sorte negli ultimi anni (come l'opportunità di far partecipare ai festival cinematografici i film prodotti da Netflix e mai usciti in sala), il modello Svod — video on demand — resta vincente. E in questo Netflix resta pioniere. Quello che molti analisti si stanno chiedendo è se questo stesso modello, proprio perché vincente, non rischi di essere, assorbito e rimodellato sul profilo di altri colossi dell'intrattenimento. Quando Netflix si è affacciata sul mercato statunitense dello streaming nel 2008, ha trovato una nicchia da conquistare. Da subito Reed Hastings, (che fondò il gruppo nel 1997 per il noleggio con consegna porta a porta di videocassette, capendo però che il futuro stava andando in un'altra direzione) impostò il business di Netflix su un doppio binario: contenuti propri e accordi con altre case e major per avere titoli allettanti nella propria libreria. Presupposto fondamentale: tanta cassa a disposizione. E infatti uno dei problemi di Netflix è sempre stato quello di far quadrare i conti tra abbonati paganti e potenza di fuoco da impiegare per produrre i propri titoli. Il quarto trimestre 2018 si è chiuso con margini operativi in calo al 5,2% dal 7,5% di 12 mesi prima proprio fino a tre volte il suo budget per il lancio di nuovi titoli. È grazie a questo equilibrio costi/abbonamenti che sono nate serie cult come House of Cards che ha fatto da volano alla crescita mondiale di Netflix. Sul piatto degli investimenti Hastings ha sempre messo cifre importanti quantificabili in 8 miliardi solo per il 2018. Cifre «irraggiungibili» per i principali competitor: Amazon Prime ha investito nel 2018 per produzioni originali circa 5 miliardi, Hbo nel 2017 ha speso 2,5 miliardi di dollari. Per quanto riguarda Apple Tv, la cifra non raggiunge i 2 miliardi. Di fronte a questi numeri, Netflix vince facile. Ma questi erano i principali rivali fino a ora. Perché negli ultimi mesi slo scenario è cambiato nel panorama dell'intrattenimento Usa, con la fusione tra AteT e Warner, quella tra Comcast e Sky e non ultima quella tra Disney e Fox.
In sostanza Netflix deve fare i conti ora con dei giganti, nelle insolite vesti di novello Davide. Secondo gli analisti di Ampere Analysis, con le due fusioni Comcast/Sky e Disney/Fox, per ogni 5 dollari investiti negli Usa in produzione di contenuti originali, due escono dalle casse dei neo colossi (uno a testa), proporzione che scende a 1 su 5 se si calcolano gli investimenti a livello globale. Come si legge nella ricerca, Disney-Fox potrà spendere fino a 22 miliardi in contenuti, 21 il tandem Comcast-Sky. Di fronte a cifre del genere, gli 8 miliardi di Netflix rischiano di impallidire. A maggior ragione se si considera che a breve vedrà ridotta del 20% la libreria di titoli dato che Disney si prepara a lanciare nei prossimi mesi la propria piattaforma streaming Disney Plus. E ormai della sua galassia, dopo l'accordo con Fox, fanno parte anche i titoli prodotti dalla Fox Searchlight Pictures molti dei quali sono nel palinsesto Netflix, ma anche i diritti per saghe cinematografiche come Star Wars o X-Man. Per non parlare dei Simpson. Con l'accordo inoltre, Disney ha aggiunto un ulteriore 3096 del capitale di Hulu (piattaforma di streaming e live tv che conta 25 milioni di abbonati) fino a ora di proprietà di Fox. Per Netflix insomma potrebbe essere un duro colpo. Ma Hastings non sta a guardare. Negli scorsi giorni ha annunciato a sorpresa una mossa in chiave anti-competitor, aumentando il costo degli abbonamenti negli Usa: quello popolare passa a 13 dollari, quello «premium» da 13,99 a 15,99. L'abbonamento base passa da 8 a 9 dollari. Prezzi comunque inferiori rispetto ai 35 dollari mensili di Hbo o ai 13 dollari di Amazon. C'è un altro nemico però per Netflix. Si chiama «saturazione del mercato». Con 58 milioni di abbonati negli Usa e 78 extra Usa, gli analisti ritengono che un ulteriore incremento significativo di utenti in patria sia poco probabile. Nell'ultimo trimestre sono saliti solo del 2% contro il +42% nel resto del mondo. Il punto sarà ora tenere la posizione senza retrocedere. Come? Continuando a investire, alla ricerca di un altro Frank Underwood".
Nessun commento:
Posta un commento