venerdì 3 ottobre 2014

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media nazionali e stranieri

RIVISTA STUDIO
E se le serie tv fossero un tantino sopravvalutate?
"Non parlare mai di sesso, politica e religione.
Non parlare mai di sesso, politica, religione e serie tv.
È il nuovo galateo, e non vale solo con gli sconosciuti.
L’altra sera a cena da amici ho osato dire che True Detective (comincia da noi su Sky Atlantic questo venerdì, dopo dieci mesi di torrent e streaming selvaggi) è un thriller un po’ convenzionale: il padrone di casa non voleva servirmi il dolce. Un passo indietro. Mi dicono da anni: tu sei tipo da cinema, non da serie Tv. Sarà. Ma True Detective è un film o un telefilm? E Top of the Lake? The Honourable Woman? Pure la serialità lunga: House of Cards non è un film? E Orange Is the New Black? E [piazzate un titolo qualsiasi, andrà bene in ogni caso]. Insomma, c’è differenza, oggi, tra cinema e televisione?
Parlerò da profano, da autarchico, da spettatore che – tra una nuova serie forse figa o forse no (ci vogliono almeno tre-quattro puntate per capirlo) e l’ennesima boiata cinematografica (per così dire) con Cameron Diaz – sceglierà ancora di buttare un occhio alla seconda, in streaming nella finestra accanto al suo documento Word. Non sempre, non più.
«Adesso però non cominciare a parlar male di Hbo o Netflix, non è proprio il caso», mi dice un’amica invitata come me a quella cena in cui non volevano servirmi il dolce. Non era (non è) mia intenzione, anche se nessuno mi credeva. È che oggi dire che la vecchia Hbo, quella che s’è inventata tutto, quella dei Soprano e di Sex and the City, mi sembra lontana; dire che l’autoconvincimento collettivo generato dal benedetto hype è il dato a cui gran parte del pubblico si ferma prima ancora della fruizione del prodotto stesso; dire che in giro si vedono troppe cose spacciate per stratosfericissime e in realtà pretestuose (The Leftovers: il pacco di Justin Theroux con la serie attorno); ecco, oggi dire tutto questo è diventato decisamente impopolare.

Come in quello sketch del Saturday Night Live con Andrew Garfield che lascia intendere “Beyoncé non mi fa impazzire” e gli ufficiali della Beygency, Nuova Inquisizione col compito di epurare i non adepti al culto collettivo della popstar, vanno a prelevarlo direttamente a casa.
«I toni drammatici che stanno accompagnando la pre-produzione della seconda stagione di True Detective hanno raggiunto livelli impensabili pure per gli standard di Hbo», ha scritto qualche giorno fa Variety all’annuncio dei nuovi protagonisti (Colin Farrell e Vince Vaughn, per i tre che ancora non lo sanno). La parte femminile principale è stata per settimane la più contesa a Hollywood (sempre per quei tre che ancora non lo sanno: l’ha spuntata Rachel McAdams). Per quanto mi riguarda, per True Detective 2 avrebbero potuto pure scritturare Martufello e Er Patata (che comunque, buttali via): in quella frase c’era comunque tutto.
Il benchmark ineguagliabile – e infatti ineguagliato – diventato da anni egemonia culturale. Hbo ha dettato la linea, gli altri seguono più o meno pedissequamente. Quel che conta è essere nel flusso inarrestabile dell’hype, appunto.
C’è una data a cui in molti fanno risalire la definitiva supremazia della televisione sul cinema. Era il maggio del 2012 quando James Wolcott di Vanity Fair scrisse (queste le parole con cui lo riprende oggi): «La Tv – inizialmente derisa come una scatola idiota – […] è creativamente maturata e si è fatta le ossa, mettendo il cinema al tappeto della cultura popolare. [Il cinema vede] i franchise dei blockbuster estivi farsi avanti in legioni da Comic-Con, mentre i più piccoli, coraggiosi e depressi titoli indie […] tengono accese le candele nelle sparute parrocchie della cinefilia. [Le serie Tv], amplificate da Twitter e Facebook, hanno trasfigurato gli spettatori e trasformato i critici in evangelici. Per profondità e dinamiche psicologiche dei personaggi, svolte narrative ingegnose, sequenze che lasciano a bocca aperta, […] la Tv ha superato i film, lasciandoli a giocare coi loro robottoni». Quest’anno, Wolcott è tornato sul luogo del delitto, chiedendosi: «Potrei forse essermi sbagliato?». La sua posizione cambia, pur restando gattopardescamente identica: «[La Tv corre] il rischio di diventare troppo consapevole delle sue possibilità di produrre “arte”. […] Se i principali show-runner si arrendono a illusioni di grandeur ancora più radicali, il mezzo potrebbe iniziare a pietrificarsi per eccessiva pretenziosità: […] è la sindrome di Terrence Malick».
Chissà se a lui glielo avranno servito, il dolce. Poi, lo so, io sono da anni il primo a contraddire se stesso. All’ultima Mostra del Cinema (ripeto: del Cinema) di Venezia s’è visto Olive Kitteridge (a novembre su Hbo, sul nostro Sky Atlantic a gennaio 2015), miniserie in quattro puntate tratta dal capolavoro di Elizabeth Strout, diretta dalla Lisa Cholodenko di I ragazzi stanno bene, protagonisti i favolosi Frances McDormand, Richard Jenkins e Bill Murray. Era meglio del 90% di cinema (così come siamo abituati a definirlo) visto al Lido in dieci giorni. Era Cinema a tutti gli effetti, difatti, ma presentato fuori concorso, perché di Televisione si trattava e la cosa deve aver mandato in tilt i selezionatori – italiani: l’anno scorso al Festival di Cannes c’era in concorso il bellissimo Behind the Candelabra, Tv-movie sulla vita di Liberace diretto da Steven Soderbergh e prodotto e trasmesso da Hbo; del resto già undici anni fa, sempre a Cannes, persino La meglio gioventù, che non era esattamente roba Hbo, vinse la sezione Un certain regard. I precedenti ci sono, basta saper cogliere la contemporaneità, bella o brutta che sia. Un passo avanti.
La speranza, da spettatore italiano che vede gli sceneggiatori del momento (risate del pubblico) firmare serie anacronistiche come Un’altra vita con Vanessa Incontrada e Loretta Goggi, in onda in queste settimane su RaiUno, è che la nostra Sky attuale faccia da noi quello che Hbo ha fatto negli Stati Uniti negli anni ’90. Forse ce la facciamo, a cambiare due-cose-due del linguaggio cinematografico.
Oggi da noi soltanto in televisione si ricomincia a scommettere sul cinema di genere di alta qualità (Gomorra – La serie) e su film drammatici che cercano di sganciarsi dalle solite due camere e tinello (In Treatment di Saverio Costanzo, per quanto sia un format già esistente e il suo regista Saverio Costanzo resti ancora uno dei pochi più bravi a esprimersi nel classico formato cinema). Tra poco si vedrà il grande romanzo popolare su Tangentopoli 1992, diretto da Giuseppe Gagliardi, l’anno prossimo arriverà The Young Pope di Paolo Sorrentino, che sulla carta pare decisamente più interessante dei fenicotteri sulla terrazza di Jep Gambardella. Proviamoci. Io ci credo, l’ho detto. E non solo perché sogno cene future in cui nessuno vorrà negarmi il tiramisù". (Mattia Carzaniga)

3 commenti:

Tommaso Borgheresi ha detto...

Più che sopravvalutate, con la pubblicità che hanno, e di conseguenza l'hype che creano, soppiantano tutte le altre serie che meriterebbero più considerazione. True Detective è una storia che poteva essere intrigante (poi rivelatasi banale), con un ottimo cast, ottimi dialoghi e tanti tempi morti. Un film ce lo potevano fare veramente, se si tolgono le cose non rilevanti alla trama, in due ore si potrebbe riassumere, senza perdere molto. Ma a quel punto sarebbe troppo palese la scarsa originalità della trama. Carino, ma non un capolavoro. Ma meglio quello dei vari The Following, The Blacklist, Gotham, Touch ecc. pompati dalle pubblicità nonostante siano prodotti di pessima qualità (linciatemi pure). Queste appartengono ai canoni delle serie "tradizionali", ma sono comunque scarsissime. Ci vuole una via di mezzo. L'HBO l'aveva trovata un po' di tempo fa (quando ho letto "I Soprano" nell'articolo mi è scesa una lacrimuccia) anche con Boardwalk Empire, Deadwood, Six Feet Under e via dicendo. Sarà un caso, ma sto odiando tutta la nuova roba della FOX, tanto hype e pochi contenuti, e mi sta succedendo la stessa cosa con la HBO, anche se spesso propone roba di qualità superiore. L'attesa, la frenesia, dovrebbero essere dettate dai contenuti, più che da quanto te lo sbattono in faccia tutti i giorni, da prima che cominci, alla fine, ed oltre. In quanti si sono decisi a guardare Breaking Bad quando la serie era già alla terza, quarta, quinta stagione? In pochi (come me, sarà perchè seguo molto tutto quello che esce in lingua originale) se la sono vista dal 2008, arrivata quasi in punta di piedi (rispetto ai canoni odierni) ed ora fenomeno mondiale da quasi due anni. AMC non ha (aveva) i soldi delle emittenti sopracitate, però ha comunque creato Mad Men, Breaking Bad, Hell on Wheels e anche The Walking Dead, nonostante non sia il mio genere. Bisognerebbe scostarci un po' da tutte le news e tutti i giornali che, come in ogni cosa, esagerano e creano aspettative troppo alte rispetto a quello che si rivela il prodotto finale. Le emittenti che, secondo me, stanno trovando il giusto equilibrio negli ultimi anni sono Showtime, AMC, FX e Netflix, quasi una garanzia per me (e per i generi che mi piacciono). A chi non è molto informato sulle emittenti statunitensi, e magari è curioso, consiglio di dare un'occhiata alle serie che stanno sfornando le sopracitate da anni a questa parte, anche le più "trascurate" (vedi Lilyhammer).
Scusate il poema.

Anonimo ha detto...

Nessuna serie soppianta le altre. L'hype è una grande fesseria da ragazzini eccitati. Così come le inutili analisi sui vari canali che ce le propongono.
La scrittura di una storia, la sceneggiatura, la messa in scena, i dialoghi, la recitazione, la fotografia, le musiche e tutto il resto. Questo è ciò che conta. Quanto meno per chi ha un minimo di cultura generale. Senza nessunissimo bisogno di paragonare serie molto differenti tra loro. La nostra personale visione "nuda e cruda", di fruitori abituali della settima arte - si intende - è quella che vale. True Detective rimane intrigante. Senza alcuna particolare banalità né tempi morti. Ma è davvero difficile da spiegare a chi non accetta la "realtà" messa in scena. (Vedi "The Killing").
Scriverei un poema sull'argomento... ma invece chiedo venia e mi ritiro in un angolo a meditare sugli esseri umani. Grazie per lo spazio! :-)
Yda

nanni ha detto...

True Detective la trovo sopravvalutata e tema di discussione tra hyperisti dalla fregola in calore. Buona serie, ma ce ne sono almeno 10 meglio nelle ultime stagioni. e poi ricordiamoci sempre che fa figo ciò che è elitario, se andasse sulla Rai o su Mediaset sarebbe "pallosa", "sopravvalutata", "niente di che"...ecc.

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)
Il GIOCO DEI TELEFILM di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, nei migliori negozi di giocattoli: un viaggio lungo 750 domande divise per epoche e difficoltà. Sfida i tuoi amici/parenti/partner/amanti e diventa Telefilm Master. Disegni originali by Silver. Regolamento di Luca Borsa. E' un gioco Ghenos Games. http://www.facebook.com/GiocoDeiTelefilm. https://twitter.com/GiocoTelefilm

Lick it or Leave it!

Lick it or Leave it!