NEWS - Tutti sotto er cupolone! Da stasera su Raidue "Under The Dome" tratto da Stephen King, la serie che tenta d'incapsulare tensione e satira
RIVISTA STUDIO
Riuscirà la serie a render degno uno dei migliori King?
"Un piccolo jet privato attraversa il cielo in una di quelle giornate
perfette per far scivolare lo sguardo sul verde orizzonte del Maine.
L’estasi però è destinata a non durare. Appena qualche secondo più tardi
l’aereo esplode in volo, come schiantato contro il profilo di una
montagna. Quasi nello stesso istante, migliaia di metri più in basso, un
camion si accartoccia su se stesso in mezzo a una strada priva di
ostacoli. La violenza dell’impatto è tale che sembra abbia sbattutto
contro un muro di granito in piena velocità. Il fatto è che non c’è
nessun muro. O quantomeno non si vede. Pianura e pianura per chilometri
fino ai contorni appena accennati di Chester Mill, una piccola città
della provincia americana.
Come quasi tutti i libri di Stephen King, anche Under The Dome
(2009) inizia così e quindi senza particolari preamboli, gettando
immediatamente il lettore nell’epicentro del racconto che, in questo
caso, è quello di una cittadina di duemila abitanti, Chester Mill
appunto, che un mattino si ritrova imprigionata sotto una cupola
invisibile, un campo di forza a prova di bomba che non permette a nulla
di entrare o uscire dal suo territorio.
Se non avete letto il libro, nè ne avete mai sentito parlare ma state
ugualmente pensando “ehi, mi pare di aver già visto una storia simile”…
beh in effetti sì. Nel film dei Simspon succede la stessa identica
cosa a Springfield. Il film è del 2007, il libro del 2009. Plagio? Non
proprio. King aveva già schizzato l’outline del suo soggetto trent’anni
prima del film, e l’aveva rimaneggiato a lungo fino a ottenere, a metà
anni ottanta, un manoscritto di 500 pagine intitolato The Cannibals, che però all’epoca decise di non pubblicare come racconta in questa lettera
ai membri della community del suo sito (è anche possibile, e anzi
consigliato, scaricare il manoscritto stesso). Se la sovrapposizione
tra i due soggetti è – almeno si spera e così vogliamo credere – dunque
del tutto accidentale, gli esiti dei plot a cui danno vita sono quanto
di più lontano si possa immaginare come è ovvio, quando su un piatto
della bilancia c’è Homer e sull’altro Stephen King.
Under the Dome è senza dubbio uno dei romanzi meglio
riusciti dell’ “ultimo” King. Un “proiettile narrativo”, come l’ha
definito un amico all’epoca della sua uscita, che prende il lettore in
ostaggio per 1100 pagine di trama fittissima. La discesa della cupola su
Chester Mill diventa il pretesto per mettere in scena tanto un’
“apocalisse localizzata” quanto una satira piena di comicità del peggio
(e King è da molto tempo il miglior talento su piazza quando si tratta
di indagare il peggio dell’essere umano) che hanno da offrire gli ideali
promossi dal ventre ultra-conservatore d’America nel pieno – all’epoca
dell’uscita del tomo – dell’esplosione del Tea Party. Racconta di come,
priva di un’autorità dotata di un raziocinio superiore, il puro istinto
di sopraffazione delle autorità locali dia vita a un regime totalitario
in miniatura intriso di violenza e veleni che restano, non solo
metaforicamente, imprigionati sotto la volta della cupola aleggiando e
ristagnando sull’intera comunità. Il deus ex machina del male in questo
caso è Big Jim Rennie, un venditore di auto usate che ritiene che Barack
Obama – come “dimostra” inequivocabilmente il suo secondo nome Hussein – sia un terrorista in disguise
e che i veri valori fondativi della moralità americana stiano altrove.
Conquistata la fiducia della città che ha sempre visto in lui un uomo
forte e di solidi principi, Big Jim (nomen omen) instaura un
regime del terrore a cui cooperano i muscoli di alcune macchiette
tipiche della proiezione hollywoodiana della provincia Usa: dal
giocatore di football testosteronico al redneck che vede un potenziale
attentatore kamikaze in ogni individuo dalla pelle scura. Mentre gli
eventi precipitano e i tentativi di liberare la città sia dall’esterno
sia dall’interno naufragano uno dopo l’altro insieme alle spiegazioni
plausibili e implausibili dell’arrivo della cupola (extraterrestri? la
Corea del Nord? I Russi?), un manipolo improbabile di persone si alleano
per combattere l’improvvisato e iniquo Leviatano delle auto in saldo.
Per Under The Dome vale lo stesso discorso che si può fare
per tutti gli altri libri di King. Non aspettatevi grandi invenzioni
stilistiche, lessicali o strutturali. Non è nella bellezza delle
descrizioni (ridondanti quando ci sono) o nella brillantezza dei
dialoghi (piatti e banali perlopiù) che si ritrovano le qualità del
libro ma nella grandiosità dell’ambizione socio/sci-fi e nella
costruzione di una dinamo narrativa a orologeria; senza sbavature nella
sua essenzialità. Non c’è quindi da meravigliarsi che non appena
Spielberg ha letto il romanzo ci abbia intravisto del materiale perfetto
per la serie da lui co-prodotta, che arriva ora anche in Italia a
partire da domenica 14 (Rai 2) con, nei panni di Big Jim – e, bisogna
ammetterlo, è un casting più perfetto – quel Dean Norris che è stato in
quasi qualunque serie (specie quelle brutte) a cui possiate pensare
prima di entrare nell’immaginario collettivo con il ruolo di Hank in Breaking Bad.
Potenzialmente in Under The Dome, il libro, c’è materiale per pensare a una serie al crocevia tra Lost e Twin Peaks.
Le voci arrivate dall’America fino a ora parlano di una realizzazione
esteticamente un po’ chiassosa e semplicistica (per capirci meglio:
questo è il trailer) ma in senso stretto questo potrebbe non essere un
problema (luci di scena sparate e descrizioni ridondanti – al netto
delle differenze del medium – condividono più cose di quanto sembri)
almeno finché la trama riuscirà a rispecchiare l’ambizione del progetto
di King, uno a cui, in fondo, è piaciuto più questo Shining di quello di Kubrick". (Cesare Alemanni)
domenica 14 luglio 2013
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