Stracult e Stracotti - …ovvero la
serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola
di Stargirl!
Quando lo scorso anno Apartment 23 debuttò sulla Abc con la prima (ahimè brevissima) stagione, bastò una
manciata di episodi appena per definire la comedy di Nahnatchka Khan (American Dad, Malcom in the Middle) come uno stracult
indiscusso.
A seconda stagione inoltrata, non posso che
confermare il mio parere iniziale sullo show, che si contraddistingue nel
panorama delle sitcom per l’umorismo politicamente scorretto, la sagacità e un’ironia
fuori dall’ordinario. L’unico dettaglio su cui devo invece in parte ricredermi,
riguarda la protagonista della serie. Mi spiego meglio: Krysten Ritter nei panni della “bitch”
Chloe è a dir poco irresistibile, e come già affermato in passato, magnetica
come poche altre attrici del piccolo schermo. La puntualizzazione riguarda
semplicemente il suo ruolo all’interno di Apartment 23: se lo scorso anno
infatti pensavo fosse lei il centro focale di tutto, dopo i primi quattro
episodi della season 2, mi trovo “costretta” a sottolineare l’importanza dell’inimitabile
James Van
Der Beek, che grazie al ruolo (di sé stesso) interpretato nella
comedy, è riuscito a mettere da parte i panni (noiosi e sfigati) del buon
vecchio Dawson. Messo da parte lo sguardo stucchevole da teenager, James brilla
finalmente in tutto il suo talento. È lui l’arma vincente di Apartment 23, con
la sua ironia, il suo prendersi in giro con leggerezza, la sua capacità di capovolgere
lo stereotipo del “divo della tv” per diventare macchietta di sé stesso e allo
stesso tempo un uomo nuovo e irresistibile.
A Ryan Murphy
piace distinguersi: lui ama il chiasso, le chiacchiere, i rumors, i
pettegolezzi.
Gli piace che in giro si parli di lui, nel bene o nel male.
Lo ha dimostrato, seppur velatamente, anni fa con Popular, ne ha dato ulteriore riprova con Glee per poi sottolinearlo definitivamente con American Horror Story.
Ed eccolo qui anche quest’anno, con The New
Normal, a turbare la “quiete altrui”, i benpensanti, i bacchettoni,
i qualunquisti, gli stessi che a tempo debito non si risparmiarono
dall’additare Modern Family e Fisica e Chimica quali serie “politicamente
scorrette”.
E in un attimo, già prima del debutto, il suo The New Normal è
stato censurato nello Utah, dall'emittente KSL-TV, ha suscitato lo
scontento e l'indignazione delle One Million Mom, ha fatto esplodere un
polverone e ancora prima che andasse in onda, ha fatto sì che si parlasse di
Murphy e del suo voler sempre render solito l'insolito.
Partiamo dall’inizio: la nuova comedy del creatore di Glee, in onda
dall’11 settembre sulla NBC, racconta le bizzarre vicissitudini di una coppia
gay decisa a tutti i costi ad adottare un bebè e ad affittare così una madre
surrogato.
Dopo un’accurata analisi, la scelta dei due ricade su una giovane
disoccupata incasinata e alquanto bislacca già madre di una bambina, la
fotocopia della piccola (e indimenticabile) protagonista di Little Miss
Sunshine.
A completare il surreale quadretto familiare, la nonna delle due, la
classica donna poco propensa a invecchiare, coi capelli ossigenati, le perle al
collo e l’ironia di un serpente a sonagli.
Nel ruolo di David e Bryan, i futuri papà, rispettivamente Justin Bartha di Hangover
e Andrew Rannells;
in quello della madre surrogato Georgia King, mentre la sua tenera canaglia Shania, è interpretata
dall’irresistibile Bebe
Wood, e dulcis in fundo, nei panni della terribile granma, una
strepitosa Ellen Barkin.
Il tono della sitcom è fresco, leggero e godibile e i personaggi
deliziosi, ma il plot, nonostante
l’iniziale polverone, non è per nulla originale: il tema della
coppia gay, dell’adozione con tutti gli annessi e connessi, lo avevamo senza
dubbio già visto in Modern Family, e anche la humour, diciamocelo, non è
certo quella che lascia il segno. Troppi e a volte eccessivamente stucchevoli i
cliché, che fan sì che The New Normal si conquisti il titolo di stracotto della
settimana.
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