LA VITA E' UNA COSA SERIAL - Allarme Usa: i nuovi telefilm son foglie morte!
L’autunno telefilmico americano è drammatico. Non per creare allarmismo, non per struggerci nel pessimismo, ma l’onda lunga della crisi creativa a “stelle e strisce” continua e rischia di diventare tsunami. Ormai l’alibi dello sciopero degli sceneggiatori non regge più. A sfogliare i titoli della stagione, c’è da mettersi le mani nei capelli per l’invasione di serial-cloni e per le poche idee davvero originali. “Cougar Town” con Courteney Cox e “Accidentally on Purpose” con Jenna Elfman: tutto già visto in “A casa di Fran” (2005) con Fran Drescher. “The Good Wife” con Julianna Margulies fotocopia lo start-up di “In tribunale con Lynn” (1999), a sua volta già opera di un “taglia&incolla” nell’italiana “Cuore contro cuore” (2004). “The Forgotten” con Christian Slater rispolvera indagini poliziesche dimenticate come “Cold Case” (peraltro entrambe prodotte dalla stella in discesa Jerry Bruckheimer). “Trauma” non ha nulla di nuovo rispetto alle “Squadra Emergenza” (1972, 1999). "Mercy" è deja vu dopo l'avvento infermieristico al femminile del contemporaneo "Nurse Jackie". “The Beautiful Life” è crollata sotto gli scandali della vita poco beautiful di Mischa Barton – meglio un reality su di lei, forse – e gli echi di “Models Inc.” (1994). Ad un primo impatto “White Collar” sembra la versione tv del film “48 ore” (1982) di Walter Hill. “Flash Forward” – lanciata come la serie evento della stagione – declina ulteriormente il forward già visto in “Lost” (2004) e “Heroes” (2006). Quest’ultimo telefilm, a proposito, ha compiuto il suo jump the shark col bacio lesbo. I vari “CSI” sembrano mostrare la corda con i sempre più frequenti crossover vitalizzanti. “Lie to Me” e “The Mentalist” procedono di pari passo verso la ripetitività (già dopo una decina di puntate si è pervasi dalla sensazione di un “tutto qui?”). “Curb Your Enthusiasm” si riaccende con una puntata-reunion del cast di “Seinfeld”. “Castle” è un “Signore in Giallo” che intraprende una relazione alla “Moonlighting” (1985). “The Vampire Diaries” e “Three Rivers” succhiano sangue dal successo di “True Blood” (e prima di “Buffy”). I sequel di “Beverly Hills” e “Melrose Place” cercano il riadattamento ai giorni nostri, ma poi sono costretti a richiamare sul set i volti che avevano illuminato le serie originali. “Bones” e “Fringe” sopravvivono e cercano di scostarsi sempre più dal pesante ricordo del "terzo tipo" di “X-Files”. I figli di Abrams (J.J.), Roberto Orci e Alex Kurtzman, non hanno nulla di meglio da fare che metter mano ai remake di “Matt Helm” (1975) e “Squadra Hawaii Cinque Zero” (1968). “Eastwick” e il già avviato “Crash” dicono grazie al grande schermo. "Dollhouse" reca in sè il nocciolo di "Strange Days" (1998) di Kathryn Bigelow. "Dexter" e "Desperate Housewives" arruolano ottimi caratteristi per dare nuova linfa: il primo John Lithgow, il secondo Drea de Matteo. La quarta stagione di "Ugly Betty" promette - dalle parole del suo ideatore Silvio Horta - "una trasformazione", a cominciare dal look più sexy di Betty. L'episodio speciale di Halloween di "Medium" ingloba sequenze dal cult di George Romero "La notte dei morti viventi" (1968). Anche i più promettenti pagano pegno: "Glee" di Ryan Murphy è una pregevole "spugna-parodia" dei talent-show e dei musical; "Modern Family" è una "moderna" (modernissima) "Famiglia Bradford" (o la faccia ilare e più leggera di "Brothers&Sisters"...o la rivisitazione di "Sposati con figli", del 1987, vista la presenza di Ed O'Neill...). Impensabile fine a qualche mese fa che "Mad Men" potesse essere criticato, eppure "Variety" ci è andato giù duro con la seconda stagione ("s'illumina solo sporadicamente come la prima", ha scritto l'influente Brian Lowry). Insomma, un autunno di foglie morte che rischia di compromettere la rinascita (primaverile?) di un genere che fatica a riprendersi, a far crescere nuovi germogli da un humus piuttosto compromesso dalle inondazioni (di attualità, di crisi economiche e di contingenze scioperistiche) che ormai sono alle spalle. Con la speranza che qualcuno se ne sia accorto e non si crogioli nei fasti perduti. (Articolo di Leo Damerini su "Telefilm Magazine" di Dicembre)
domenica 6 dicembre 2009
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18 commenti:
sottoscrivo: i nuovi titoli sono deludenti, salvo COUGAR TOWN (anche se l'idea delle quarantenni in fregola, come scrive Damerini, non è nuova) e la spregiudicatezza di MODERN FAMILY...le altre sono perlopiù vuoti a peredere.
orpa, messa così la stagione non promette nulla di buono...in effetti è da tempo che non c'è una serie bomba (Flash Forward alla lunga non è nulla di che)
Non citi Sons of Anarchy, il più bello di tutti, il vero erede di The Shield.
si ma SoA è della stagione scorsa mi pare, il pezzo analizza più che altro serie autunnali con qualche eccezione...
cmq è vero, gli americani sono alla corda, impensabile fino a poche stagioni fa!
a me Modern Family ricorda Arrested Development...neanche quella è niente di nuovo...
Secondo me ha ragione Damerini - salvo eccezioni, naturalmente, che confermano la regola - le nuove serie sanno di "muffa" creativa, nulla di nuovo, compresa Cougar Town (naturalmente non è identica nello sviluppo a quella con la Drescher, ma il tema delle quarantenni affamate di ventenni è assolutamente vero che non è nulla di nuovo...!). Credo siamo ad un impasse messo in evidenza all'ultimo Telefilm Festival, solo che lì c'era l'alibi della crisi finanziaria, dell'elezione di Obama, dell'onda lunga dello sciopero degli sceneggiatori...Ora non più. Francamente la vedo grigia, soprattutto se si considera che altri mercati (vedi quello inglese) stanno facendo passi da giganti creativamente (la crisi economica non c'è anche per loro???).
ammettiamolo: se Dollhouse di Whedon e Fringe di JJ Abrams hanno deluso, qualcosa vuol dire....
provocatorio, ma sostanzialmente giusto: non c'è un'idea nuova che sia una nei nuovi telefilm.
Salvo solo Cougar Town (anche se il riferimento alla sit-com della Drescher è giusto)
Clap clap!
Era ora che qualcuno lo dicesse: i telefilm americani stanno conoscendo la loro parabola discendente...
Perchè Dollhouse non ha avuto successo? Leggetevi quest'intervista a Joss Whedon:
http://www.sliceofscifi.com/2009/12/05/whedon-dissects-dollhouse/
Sons of Anarchy è molto buono, ma appartiene alla stagione scorsa se vogliamo…
Flash Forward parte a bomba ma poi s’impantana (tant’è che l’hanno sospeso temporaneamente, dicono, per crisi creativa e ascolti in discesa…). In effetti la costruzione, come dice Damerini, ricorda “Heroes”…
Dollhouse poteva crescere senz’altro, ma la tattica di Whedon adottata in Buffy (che esplode dalla seconda stagione) non è più praticabile in una tv che se non fai il botto d’ascolti subito ti cancella (sigh).
sarah, ripeto: leggi l’intervista. Nella prima stagione, non ha avuto alcuna libertà artistica, non la sente sua.
Non so se sia una serie autunnale, ma per me è stata una rivelazione Hung (la vecchia HBO non tradisce), divertente e inedita nei personaggi (l'associazione gigolo fai da te e pappona sfigata....speriamo che lui non si innamori della cliente...). Nei vari remake non è citato uno dei più eclatanti: "V"...che non ha nessuna originalità, ma è un buon prodotto (anche se centellinato: in pausa dopo solo 4 episodi?)
Hytok, ciò non toglie che non sia un capolavoro (leggiti la critica di Stefania Carini sull'ultimo Telefilm Magazine..)
Hung, carino, ma come ha scritto VARIETY, molto simile a Californication...
ke dire se non che Damerini ha ragione????
son d'accordo in linea di massima...è volutamente provocatorio, credo
pezzo da sottoscrivere
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