News tratta da "Il Foglio"
Il bilanciamento di genere (spartizione equa al millimetro tra donne e uomini) è un duro lavoro. Non tanto per la mole imponente, quanto perché capita che a ostacolarlo siano i suoi stessi impiegati (non che lo facciano volontariamente: la mano del patriarcato è invisibile). Si capisce, allora, l'importanza e l'urgenza di meccanizzarne i processi, poiché, in fondo, è solo davanti alle macchine che siamo tutti uguali. Christina Hodson, sceneggiatrice e attivista Time'sUp, ha pensato: non sarebbe bello se, prima di mandare un film in sala o una serie in tv, se ne potesse monitorare la sceneggiatura attraverso un software speciale, in grado di conteggiare velocemente quante donne e quanti uomini ci sono, per quanto tempo ciascuno di essi parla, quanto sono più o meno frivole le loro battute, per presentare poi un conto, un punteggio, insomma un'indicazione seria, puntuale, scientifica di come il lavoro analizzato rispetti o infranga l'equità di genere? E - ahinoi - qualcuno l'ha aiutata a renderlo possibile. Manifestare la necessità di aggiustare le quote (non solo nel cinema) attraverso studi e statistiche sui gap prodotti dal sessismo non è stato sufficiente, né hanno sortito effetto i test di autovalutazione della rappresentazione delle minoranze destinati soprattutto agli scrittori (come il Bechdel, che consiste nel rispondere a tre domande su come e se, nel proprio racconto, si sono tratteggiate le figure femminili) o il lavoro culturale e di sensibilizzazione per l'inclusione femminile: dicono i numeri che le donne sono ancora in minoranza, in soggezione, in ombra. Abbiamo stabilito con fatica che tra numeri e persone c'è una sana incoerenza e che i dati non esauriscono la realtà, eppure ai numeri e ai dati affidiamo la massima esplicazione della condizione femminile, tanto da appaltarne la correzione a rilevazioni e criteri algoritmici. "Durante il processo di scrittura, non sei sempre consapevole di quanto poco i tuoi personaggi femminili interagiscano o parlino", ha detto al New York Times John August, al quale Christina Hodson si è rivolta per creare il genderometro.
Ci sono volute un paio di settimane e voilà: Highland2, software per sceneggiatori intenzionati a non sgarrare di mezzo punto percentuale il gender-balance, è disponibile sull'App Store. Gratis. Hodson lo ha testato personalmente e - sorpresa! - ha scoperto che molti suoi lavori non superano la prova del 50 e 50, deducendone che anche gli insospettabili hanno dei pregiudizi e che, per stanarli, la disciplina metodologica e l'autogoverno non bastano: bisogna ricorrere a strumenti neutri di rilevazione matematica. Poiché il problema è quantitativo e pure qualitativo, esiste un software che valuta quanto variopinta e non stereotipata sia la presenza femminile in un racconto o in una sceneggiatura: si scarica online il WriterDuet, che include anche un test di Bechdel più affidabile, poiché automatizzato. Meno robotizzata è l'operazione che propone David Leonhardt, giornalista, che ha raccontato sul New York Times di aver creato una newsletter nella quale si è imposto di citare fonti per metà di colleghi uomini e per l'altra metà di colleghe donne. Ha dato notizia di una petizione che tutti gli accademici, i giornalisti, i relatori possono firmare per garantire che mai e poi mai parteciperanno a un incontro pubblico in cui venga data parola solo a uomini e di un Tumblr che raccoglie, per parodiarle, le locandine di tavole rotonde, panel, presentazioni di libri, dove non siano interpellate donne. A casa nostra come va? Cosi: all'hashtag #tuttimaschi si indirizzano foto delle prime pagine di Corriere e Repubblica, evidenziando che le firme sono tutte maschili o che quelle femminili non si occupano di politica, ma "solo" di costume, o al massimo di cultura (ammissione involontaria: la cultura è roba di quart'ordine, robetta per angeli del focolare). Si è, intanto, proposta per gioco una puntata di Piazza Pulita in cui tutte le ospiti siano donne. E state certi che, infilata nello stesso genderometro che boccerebbe "La banda degli onesti" e "The Wolf of Wall Street", passerebbe il test con tanto di applausi.
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