Telefilm. Quelli che hanno fatto sognare, ridere, piangere, emozionare. Quelli che sono entrati di diritto nella nostra cultura pop. Quelli in attesa di giudizio e quelli rimandati al mittente. Cult e SuperCult, Cotti e Stracotti. News, anteprime, gossip e commenti dal co-autore del "Dizionario dei Telefilm" (Garzanti), di "La vita è un telefilm" (Garzanti), co-fondatore dell'Accademia dei Telefilm e Direttore Artistico del "Telefilm Festival", ideatore del "Gioco dei Telefilm": Leo Damerini.
venerdì 9 febbraio 2018
giovedì 8 febbraio 2018
AnnaLynne McCord is opening up about about her relationship with 90210 co-star Shenae Grimes and how they didn’t get along while filming the popular series. The 30-year-old actress says that Shenae reached out to her in 2013 when the series ended so that they could end their feud.
mercoledì 7 febbraio 2018
CORRIERE DELLA SERA
"Britannia", non convince il vice "GOT"
"Nell'anno 43 dopo Cristo, l'esercito romano vara una sanguinosa campagna alla conquista della Britannia, dopo quasi novant'anni dal primo, fallimentare tentativo di invasione condotto da Giulio Cesare. L'isola è ostile, con alte e impervie scogliere, e soprattutto abitata da una popolazione tenace di Celti e i Druidi, misteriosi sacerdoti con forti connessioni ai cicli della terra e della luna, capaci di interpretare i segni provenienti da fauna e della flora. Al comando della spedizione c'è Aulo Plauzio, deciso in tutto e per tutto a compiere l'impresa con successo, ma anche appesantito da un segreto torbido che potrebbe bloccargli la strada. Le tribù dei Celti sono divise tra loro e i Romani sperano di approfittare delle lotte intestine per imporre la loro supremazia all'isola. Sono queste le premesse della serie Britannia, una nuova produzione internazionale di Sky arrivata da poco anche in Italia, su Sky Atlantic (lunedì, 21.15). L'impressione avuta dai primi episodi è che la serie cerchi di capitalizzare l'attenzione suscitata in tutto il mondo dal Trono di Spade: per tutti gli orfani della serie che tornerà nel 2019 ci sono non poche strizzate d'occhio all'immaginario fantasy che ha fatto del Trono uno dei più importanti successi televisivi degli ultimi anni. Il racconto di Britannia vorrebbe proporsi come una sorta di romanzo di fondazione della Gran Bretagna, intrecciando storia e mitologia (gli aruspici, i riti di iniziazione druidi e via così). L'impressione è però che, almeno per ora, gli manchi quell'afflato epico che ha fatto del Trono di Spade molto più di un fantasy. Al di là dei diversi budget produttivi (quelli del Trono sono stellari), in Britannia è la scrittura a non convincere pienamente: nei primi episodi la carne al fuoco è tanta, sia in termini di trame sia di personaggi presentati, e si fatica a individuare quale direzione prenderà il racconto". (Aldo Grasso)
Più che #AlteredCarbon è #ILoveDick: nel senso di Philip Dick. Tutto già stravisto. Kinnaman recita in 2 modi: coi vestiti e senza. Barry Mann meritava da protagonista. Ortega simpatica come una electric sheep attaccata ai maroni. Peggior serie del 2018 di @netflix. Voto: 3⃣-
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 6 febbraio 2018
martedì 6 febbraio 2018
lunedì 5 febbraio 2018
Articolo tratto da "La Stampa"
"Ogni rivoluzione ha la sua normalizzazione. E sembra che alla regola non sfugga una delle grandi rivoluzioni dell'ultimo decennio: quella delle serie tv. L'era pionieristica aperta da Netflix è al capolinea? Speriamo di no, ma i segnali non sono positivi. Erano in pochi, all'inizio, a frequentare quella nicchia di web. Era un po' come entrare in una libreria indipendente e andare alla ricerca di libri fuori catalogo, ululando dalla gioia per un remainder introvabile. Era una comunità ristretta di drogati delle serie web, che si sparavano tutte le puntate in una notte per poi presentarsi in ufficio con le occhiaie. Avevano passato una notte brava e ne andavano fieri. Erano pionieri. E pionieri erano anche quelli che queste serie le pensavano. Le serie in streaming attraevano grandi talenti incuriositi dal nuovo mezzo e che su quei vascelli corsari si sentivano liberi di tentare nuove vie. Essere nicchia aveva i suoi vantaggi. Era il periodo in cui queste serie le vedevano sul computer i pochi fortunati che potevano godere di connessioni Internet abbastanza veloci. Ogni tanto si bloccavano e la rotellina iniziava a girare in mezzo allo schermo. Non restava che attendere che il video si caricasse, non potendo tirare pugni sul televisore, alla vecchia maniera. Poi sono arrivate le fibre, i giga per tutti, le apple tv e tutto il resto, e i carbonari delle serie tv si sono diluiti nel pubblico generalista. Se prima gli spettatori si dividevano tra chi guardava le serie sul computer e chi guardava la televisione tradizionale, ora questa distinzione è sempre meno netta. Una fluidità che non porta bene alla tv in streaming, pare. Gli ex corsari stanno diventando generalisti. Addio sperimentazione. Qualche esempio, per spiegarsi meglio. A novembre Amazon aveva rilasciato l'episodio pilota per una sitcom assolutamente nuova. Si intitolava Sea Oak e schierava un mix di nomi interessante: alla regia Hiro Murai, americano di origine giapponese super premiato per Atlanta e Snowfall. Sceneggiatore George Saunders, vincitore del Man Booker Prize per Lincoln nel Bardo (in Italia pubblicato da Feltrinelli), protagonista Glenn Close. Raccontava la storia di una pensionata uccisa durante una irruzione in casa che torna in vita come un celestiale angelo sterminatore. Roba forte, che non diventerà però mai una serie, perché, appunto, è troppo forte e non va bene per il pubblico generalista. Quindi parola d'ordine normalizzazione. Al posto di George Saunders ecco The Grand Tour, con il trio di machi motorizzati guidati da Jeremy Clarkson: auto, sgommate e bevute di birra. Licenziato dalla Bbc per un pugno a un collaboratore, il gentiluomo è stato ingaggiato per racimolare i milioni di spettatori rimasti orfani di Top Gear (conosciuto come TG, da cui il furbo nome di Grand Tour, che ne ribalta le iniziali in GT). Al posto di chicche come I Love Dick e One Mississippi arriva invece una serie sul Signore degli Anelli, piuttosto dozzinale a giudicare dai trailer, una sorta di trasposizione serializzata di un videogioco da playstation. Addio navi corsare, siamo agli stessi prodotti delle emittenti tradizionali.
È la fine di un'era? I segnali ci sono. Confermati da fatti inquietanti, come lo scivolone sul Racconto dell'Ancella. Netflix si è fatta scappare la serie di Bruce Miller ispirata al romanzo di Margaret Atwood che ha poi fatto incetta di Emmy, Golden Globe e altri svariati premi. Hanno poi rimediato accaparrandosi Alias Grace (L'altra Grace), sempre ispirata alla narrativa della Atwood, ma la questione rimane aperta. Intanto - in Inghilterra almeno - la Bbc si muove nella direzione opposta: produce serie come McMafia, ispirato al libro di Mischa Glenny sulle connessioni globali della criminalità organizzata. Se anche non ha lo stesso sapore di lucida follia che caratterizzava la prima web tv di Netflix, non la si può certo catalogare come il prodotto di una emittente tradizionale".
domenica 4 febbraio 2018
On how she’d describe her This Is Us co-stars with one word:
·Milo Ventimiglia: Boundless (+ just the greatest in every way)
·Chrissy Metz: Spectacular (one of the funniest / crazy talented)
·Sterling K. Brown: Majestic (brilliant doesn’t even cover it)
·Justin Hartley: Magnificent (+ tall + utterly handsome)
On This Is Us: “Before I got the part, I was making massive changes in my personal life and was looking to echo that in my work. I was waiting for something different that would allow me to dig deep. I knew I was capable, but I couldn’t get any momentum, and I had just been crushed by three failed pilot seasons. When I read the script for This Is Us, I told my agent, “I will do absolutely anything to be a part of this.””