Scenari TV 2018:
— TelefilmCult (@TelefilmCult) 22 gennaio 2018
- @Disney pigliatutto (#SKy, #Fox, @hulu, @marvel)
- @Apple controbatte: mira a @netflix
- #Mediaset+@vivendi: o accordo o restano al palo
- #Rai: privatizzazione, ora o mai più
- fanta-tv: e se @amazon e @netflix si unissero?https://t.co/L5cAhuNOzD @LeoDamerini
Telefilm. Quelli che hanno fatto sognare, ridere, piangere, emozionare. Quelli che sono entrati di diritto nella nostra cultura pop. Quelli in attesa di giudizio e quelli rimandati al mittente. Cult e SuperCult, Cotti e Stracotti. News, anteprime, gossip e commenti dal co-autore del "Dizionario dei Telefilm" (Garzanti), di "La vita è un telefilm" (Garzanti), co-fondatore dell'Accademia dei Telefilm e Direttore Artistico del "Telefilm Festival", ideatore del "Gioco dei Telefilm": Leo Damerini.
sabato 27 gennaio 2018
venerdì 26 gennaio 2018

Jon Bernthal covers the winter 2018 issue of Esquire. The star of Netflix’s new series The Punisher, Bernthal stars in a feature by photographer Beau Grealy. Stylist Matthew Marden (See Management) outfits Bernthal for the occasion. Bringing a rugged charm to classic menswear, Bernthal wears brands like BOSS and Simon Miller. Talking to the magazine about working with him on set, the actor confesses,
Ask people on set and they’ll say I’m difficult. But it’s not about my trailer or the food; it’s always about making the role make sense.Bernthal is also anti-superhero.
You talk about Leo, you talk about Brad, the guys I really, really respect—and they have all kind of stayed clear of the superhero stuff,says Bernthal. Read more on Esquire.com.
Più che #TheAssassinationofGianniVersace è quello di Ryan Murphy.
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 25 gennaio 2018
Cunanan bozzetto sopra le righe: per interpretarlo andava bene anche Christian De Sica. Donatella-Penelope Cruz improbabile. Atmosfere più da anni '80 che fine '90. Il peggiore Murphy insieme a #AHSCult. Voto: 4⃣
giovedì 25 gennaio 2018
CORRIERE DELLA SERA
Con "I'm Dying up here" prima della risata c'è lo sgomento
"Venivamo dagli anni '6o, dalla guerra in Vietnam e da Nixon. Erano anni molto intensi e questo fu determinante per la nascita di un nuovo modo di fare il comico, di un nuovo desiderio di esprimere se stessi e dire cose al limite, di parlare di verità scomode. Quegli anni cambiarono tutto, nel mondo della commedia». A parlare è Jim Carrey, qui in veste di produttore della serie I'm Dying up here (Chi è di scena) per Showtime (in Italia su Sky Atlantic). La serie prende le mosse dall'omonimo romanzo di William Knoedelseder. Al centro del libro c'era il Comedy Store, il leggendario locale di Los Angeles tempio della stand-up comedy da cui mossero i primi passi verso la fama mondiale nomi del calibro di Johnny Carson, Richard Pryor, David Letterman e Jay Leno. E infatti il vero protagonista della serie è un genere, la stand-up comedy: in piedi, davanti a un pubblico non sempre attento, lo stand-up comedian parla in maniera spudorata di temi e idee che si possono pensare ma che nessuno ha il coraggio di esprimere in una conversazione normale. Il titolo originale, I'm Dying up here, è un'espressione che indica un particolare stato d'animo del comico, quando è assalito dalla paura di non farcela, quando sente che il pubblico non reagisce alle sue battute, quando vorrebbe mettere in gioco anche il proprio panico. Un piccolo teatro off di Los Angeles, il Goldie's, diventa così il trampolino di lancio di vari comici, che per guadagnare un palco più prestigioso devono innanzitutto convincere la cinica Goldie (Melissa Leo). La serie non è solo un campionario di battute più o meno divertenti, ma è un viaggio tutt'altro che allegro (s'inizia con un suicidio) fra i sogni di gloria e le difficoltà che s'incontrano per raggiungere il successo, rappresentato qui dal salotto televisivo del Tonight Show di Johnny Carson. Prima della risata c'è sempre lo sgomento". (Aldo Grasso)
mercoledì 24 gennaio 2018
News tratta da "Uproxx"
Netflix reportedly took a $39 million write-down for its fiscal fourth quarter due to the cancellation of two Kevin Spacey projects, Deadline reports. CFO David Wells revealed the company’s write-down during an earnings interview, but did not outright say the money lost was because of Spacey’s ongoing sexual harassment scandals. Sources close to the issue have told Deadline, however, said the money was indeed tied up in the final episodes of House of Cards and Spacey’s Gore Vidal biopic, Gore. On the call, Wells explained that write-downs were a normal part of the business, Netflix just “hadn’t had one of this magnitude.” Wells said the decision “related to the societal reset around sexual harassment, so it was somewhat unusual in that respect.” According to Variety, the period biopic on writer Gore Vidal had already wrapped and is now seemingly shelved indefinitely. The final season of House of Cards has been moved from its usual order of 13 episodes to eight. Additionally, it’s possible that some of the losses Netflix is soaking up were put into a canceled Louis C.K. special after the comedian admitted to multiple instances of sexual misconduct last fall. As The Hollywood Reporter points out, the removal of Danny Masterson from The Ranch after multiple women accused him of sexual assault would not have contributed to this loss.
martedì 23 gennaio 2018
News tratta da "Decider"
lunedì 22 gennaio 2018
Se #BabylonBerlin avesse avuto un paio di puntate in meno (sulla cospirazione internazionale) sarebbe risultata pressoché perfetta. Cast rivelazione, regia scoppiettante, musiche da podcast. E poi @bryanferry... Voto: 8⃣@SkyAtlanticHD @antonio_visca @andreascrosati
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 21 gennaio 2018