martedì 24 marzo 2015

NEWS - Netflix, Sky o Mediaset? "E' il cliente che decide la domanda", Marco Patuano di Telecom dixit. "Grazie a noi - e alla banda larga - nascerà la tv via cavo in Italia" 

News e intervista tratta da "Affari&Finanza" de "la Repubblica"
Telecom Italia vuole realizzare in prima persona il Piano del governo per portare la banda ultralarga in tutto il Paese. Può farlo da sola accelerando gli investimenti previsti da qui al 2020, ma preferirebbe farlo con Metroweb avendo la maggioranza e senza coinvolgere altri operatori. Le trattative con Franco Bassanini, presidente della Cdp, si sono riaperte: l'ad Marco Patuano spiega ad Affari&Finanza le sue strategie. Dottor Patuano, il governo ha presentato il suo Piano strategico per la diffusione della banda ultralarga nel paese che prevede obbiettivi giudicati da tutti ambiziosi ma sfidanti. Tuttavia non è ancora chiaro chi lo realizzerà. «Il Piano del governo per lo sviluppo della banda ultralarga è fatto bene ma si è sovrapposto alle discussioni intorno al veicolo che dovrà realizzarlo e il tutto ha generato dei messaggi fuorvianti. Per sgombrare il campo dagli equivoci voglio innanzitutto dire che con il piano industriale di Telecom Italia si arriva al 2020 agli stessi obbiettivi fissati dal governo, cioè portare una connessione in fibra all'87% delle unità immobiliari. Di queste il 55% sarà collegato con la tecnologia Fttc (fibra fino agli armadietti in strada) e il 30-35% con Ftth (fibra fino dentro gli appartamenti)». E allora per quale motivo avete avanzato una manifestazione di interesse per entrare nel capitale di Metroweb, la società che ha realizzato la rete in fibra a Milano? «Nelle nostre intenzioni Metroweb fungerebbe da acceleratore, per anticipare di circa un triennio gli 1,4 miliardi di investimenti nella rete Ftth che normalmente Telecom Italia svilupperebbe da sola dal 2018 al 2020. Inoltre attraverso Metroweb si potrebbe realizzare la cosiddetta "equivalence of input", cioè la garanzia che tutte le richieste di allacciamento provenienti dagli operatori verrebbero trattate alla stessa maniera, processate in una società autonoma. Bisogna però capire che si tratta di due cose diverse che vanno trattate su due piani diversi: una cosa è il piano industriale che stiamo realizzando. Altra cosa è l'ipotesi di acquisto di una società che opera nel settore che può avvenire o meno, ma questo non incide sullo sviluppo della nostra rete». Ma anche Vodafone è interessata a Metroweb e ha già firmato una lettera di intenti. Voi escludete una coabitazione all'interno dello stesso veicolo? «Comprendo la mossa di Vodafone ma mi sento di escludere l'ipotesi della coabitazione. Non esiste un solo caso al mondo in cui una soluzione consortile abbia funzionato. Il motivo è presto detto: per realizzare il Piano ci vuole un operatore che svolga senza impedimenti un'attività operativa articolata e complessa. Poi occorre un quadro regolatorio adeguato e soci finanziatori che si facciano garanti del rispetto delle regole». Telecom un azionariato con un'importante presenza italiana. E questo fatto potrebbe rappresentare un problema anche per il futuro della rete di nuova generazione. «Telecom Italia è una public company, già oggi i principali azionisti sono i fondi internazionali. Stiamo dimostrando con i fatti che gli investimenti li stiamo facendo, e in maniera significativa. Per la rete di nuova generazione la soluzione sono regole e governance chiare fin da subito». È un fatto che entro giugno, con la conclusione dell'operazione Telefonica-Gvt, il gruppo francese Vivendi riceverà azioni Telecom Italia pari all'8,3% dei diritti di voto e diventerà il vostro primo socio. Sicuro che non cambi proprio nulla al vostro interno? «Avremo un azionista all'8% che per una public company non è poco, quindi Vivendi sarà un azionista molto importante. Con Vincent Bollorè, presidente e azionista di Vivendi, avevamo avuto discussioni molto interessanti sotto il profilo industriale quando stavamo preparando un'offerta per Gvt. Le sinergie che potranno essere sviluppate dipenderanno da quale sarà la futura strategia industriale di Vivendi, partendo dal fatto che oggi è un gruppo presente nel mercato della Tv con Canal Plus e della musica con Universal». A proposito di Tv, quando partirete con la commercializzazione dell'offerta congiunta con Sky, che porterà la pay tv nelle case via banda larga? «La partenza è prevista per dopo Pasqua». Conferma che state lavorando a un accordo simile anche con Mediaset Premium e con Netflix? «In Italia non esiste la Tv via cavo, dunque sarà la fibra a portarla nelle case della gente. È il cliente che guida la domanda, sarà lui a decidere se vorrà vedere Sky, Mediaset Premium o eventualmente Netflix o altri servizi che cercheremo di aggiungere al nostro bouquet». Dica la verità, c'è qualcuno che spinge per fare una fusione con tutto il gruppo Mediaset? «Nessuno ha mai fatto pressioni per promuovere operazioni non di mercato. E poi la nostra strategia è chiara, siamo trasportatori di contenuti di altri». Altri gruppi come Telefonica hanno invece comprato società televisive, Vodafone ha esaminato l'opzione Liberty e qualcuno dice che stanno parlando con Sky. British Telecom è entrata nel mobile e produce contenuti televisivi. Chi vincerà? «Sono chiaramente strategie differenti, ma il giudizio di merito varia da mercato a mercato. L'integrazione TV Tlc o la partnership possono essere entrambe vincenti a seconda dei mercati». Tra gli operatori tlc sembra sia partito il tanto atteso consolidamento europeo. Chi ha in mano le carte giuste? «Le compagnie telefoniche più piccole dovrebbero accorparsi tra di loro, mentre vedo più difficile un matrimonio tra big del settore. Qualcosa comunque accadrà. Bt ha comprato l'operatore mobile EE che era di proprietà di Orange e Deutsche Telekom. La prima in cambio della propria quota ha preso per la maggior parte cash, i tedeschi invece si sono fatti pagare interamente in azioni. Per motivi diversi entrambi potrebbero voler giocare la partita del consolidamento. Meno probabile lo faccia invece Telefonica, che è presente in Spagna e Sudamerica, è appena entrata in Germania ma ha venduto Irlanda, Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Italia». Voi avete sempre l'incognita Brasile, un paese dove pensate di crescere ancora molto e dove sono ancora possibili operazioni straordinarie. La fusione con Oi è ancora d'attualità? «Operazioni di grande rilevanza non possono essere fatte se non nella chiarezza di governance con la controparte. Abbiamo bisogno che le condizioni siano quelle giuste e al momento non sembrano esserci. Abbiamo più volte dimostrato che siamo un gruppo manageriale prudente nelle nostre scelte strategiche». Se non altro grazie al Brasile avete ottenuto chiarezza nel vostro azionariato. Facendo un'offerta per Gvt avete costretto Telefonica a scegliere tra voi e il consolidamento brasiliano. «In effetti quella su Gvt era una situazione "win-win" per noi. Se andava in porto avremmo creato il primo operatore integrato brasiliano, in caso contrario Telefonica avrebbe dovuto scegliere». Sicuro che non vi serve un aumento di capitale? Il debito è ancora alto e in bilancio c'è ancora tanto avviamento. «Dopo un bond convertendo da 1,3 miliardi e altri 2 miliardi di bond convertibile al tasso dell'1,125 la situazione patrimoniale è stata messa in sicurezza. Per quanto riguarda gli avviamenti la situazione economica prospettica sta migliorando e dunque si riduce la possibilità di nuove svalutazioni che derivino dalle condizioni di business. Il gruppo sta lavorando bene: nel 2013 la capitalizzazione di Telecom Italia era di 11,5 miliardi, oggi supera i 20 miliardi».
Dunque anche voi avete ripreso a trattare con Metroweb ma non volete altri soci operativi e almeno il 51% della società fin da subito. Giusto? «Il tavolo di conversazione con i due soci FSI e F2i è aperto, abbiamo chiarito l'intenzione di realizzare un piano industriale ambizioso che dovrà comunque ottenere il preventivo assenso da parte di tutte le authority». E per quanto riguarda il nodo del 51% fin da subito, sul quale si erano in un primo momento interrotte le conversazioni, ritiene possa essere superato? «Non vi è dubbio che l'operatore che partecipa a Metroweb deve avere nelle sue mani il controllo operativo del progetto. Le modalità con cui si può arrivare a questo obbiettivo sono diverse e sono attualmente oggetto di discussione». Nel caso non riusciste a trovare un accordo non vi è il rischio di sovrapposizioni con altri operatori nelle aree più interessanti dal punto di vista economico? «È possibile e qualora sorgesse questo problema spero prevalga il buon senso. A noi non mancano certo le risorse, i due miliardi raccolti settimana scorsa con il bond convertibile possono essere anche utilizzati per accelerare gli investimenti sulla banda ultralarga. Siamo molto flessibili sotto questo punto di vista e l'indebitamento ormai è sotto controllo». Poiché le cifre che girano sono le più disparate, secondo i vostri calcoli quanti soldi servono per realizzare tutta la rete di nuova generazione ipotizzata dal governo? «Se si parla delle aree A e B identificate dal Piano governativo come quelle a maggior ritorno di mercato una modalità efficiente di copertura può essere realizzata con 2,5-3 miliardi di euro; ovviamente questo è possibile grazie alla pianificazione di un mix di copertura Fttc e Ftth secondo le esigenze attese della domanda. Per coprire anche le aree C (a medio bassa densità abitativa) occorreranno degli incentivi mentre per le D (rurali), quelle a fallimento di mercato, all'interno delle quali abita il 15% degli italiani, si può andare solo con un determinante intervento pubblico». L'obbiettivo finale del 35 o addirittura 45% di rete in fibra a 100 Megabit al secondo nel 2020 quindi è raggiungibile? «É raggiungibile anche se la sola domanda di ultra-internet fisso potrebbe non essere del tutto sufficiente a coprire i costi. Ma ciò non ci spaventa perché con il progredire della tecnologia le reti non saranno più definibili nettamente tra fissa e mobile. In futuro la rete a banda larga servirà anche a sviluppare la rete mobile di 5° generazione che utilizzerà antenne più piccole per coprire zone più concentrate con altissima capacità sia mobile che wi-fi. Dunque una diffusione della fibra molto capillare può diventare un vantaggio nel medio periodo». A proposito di torri, le avete scorporate e volete procedere spediti verso la quotazione entro l'estate. Sinergie con le torri televisive? «La quotazione è ormai deciso che venga realizzata entro l'estate. Con la diffusione della rete mobile 4G poseremo altre 4-5 mila antenne che andranno a integrare quelle già esistenti e ad aumentare il valore della società. Non vedo sinergie significative con le torri televisive, anche perché queste generano un campo elettromagnetico molto più elevato rispetto a quelle telefoniche».

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