sabato 23 giugno 2012


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl! http://giovanecarinaedisoccupata.blogspot.com/

La parola estate vuole dire anche mare, sole, relax. Spiaggia, ombrelloni e viaggi on the road. Per gli appassionati di telefilm però, l’estate vuol dire anche True Blood, solo per citare una delle molteplici serie che ripartono in questo periodo. Eccoci qui quindi, a celebrare il ritorno di uno Stracult per gli appassionati del genere vampiresco, che pur avendo mostrato segni di cedimento a livello di sceneggiatura e scelte autoriali lo scorso anno, si è rivelato ancora una volta uno degli show più attesi di questi mesi.
Con la speranza che la serie della HBO si lasci streghe, storyline estremamente veloci e superficiali alle spalle, i fan si sono gettati anche quest’anno nelle avventure surreali e fuori controllo di Eric, Bill, Sookie e Lafayette.
Nuovi e vecchi personaggi all’orizzonte, su tutti la nostrana Valentina Cervi nel ruolo di Salome, braccio destro dell’Autorità dei vampiri, e presto (dal nono episodio), anche Robert Patrick, nel ruolo di Jackson, padre di Alcide.
E nella speranza che il Re Russel Edgington
, villain di questa stagione, arrivi presto, ciò che ci auguriamo è che si decida di riprendere la retta via, a scavare a  fondo nei personaggi, approfondire la psicologia di quelli principali e tralasciare invece per un po’ quelli inutili, mettendoli da parte e rispolverandoli magari in futuro. Più dinamicità, più spessore, meno superficialità: ecco cosa ci si aspetta dalla nuova stagione di uno Stracult di questo calibro.

Bunheads, il nuovo show di Amy Sherman Palladino, ha debuttato pochi giorni fa sulla Abc Family riscuotendo scarso successo, solo 1,6 milioni di spettatori, nonostante le grandi aspettative da parte del pubblico e della critica.
Nella nuov “dramedy”, se così si può definire la serie, Lorelai Gilmore sembra essersi reincarnata nel corpo di Michelle Simms (Sutton Foster), ballerina precaria di Las Vegas che si ritrova a sposare il miliardario Hubbel (Alan Ruck) in seguito all'hangover al termine di una pessima giornata.
Michelle fa pensare a Lorelai per via del suo modo di fare scanzonato ed estroverso, nel pensare ad alta voce, nel non tenere a freno commenti taglienti e battute sarcastiche, e la ricorda anche dal punto di vista estetico: alta, snella, cappelli castani lunghi.
I rimandi a Gilmore Girls non finiscono qui: la suocera di Michelle, Fanni (Kelly Bishop, già Emily Gilmore) instaura da subito con la protagonista quel rapporto burrascoso e conflittuale ma sotto sotto destinato a rafforzarsi nel tempo, che fa inevitabilmente pensare a quello tra Lor e sua madre, caratterizzato da battute al vetriolo e scambi d’opinioni piuttosto accesi.
Musica, sceneggiatura, ambientazione, cast: tutto riporta con la mente a quella “Mamma per amica” di cui tanto sentiamo la mancanza, ma senza la verve e il brio cui Rory e sua madre negli anni ci avevano abituati: Bunheads è la fotocopia sbiadita della celebre serie della Palladino, velata di una malinconia difficile da ignorare.
I fan sono divisi, spaccati a metà: qualcuno ringrazia Amy, qualcun altro la condanna.
C’è chi apprezza i continui rimandi alle Gilmore, chi invece avrebbe voluto una ventata di novità per un ritorno in grande stile della Palladino.
L'impressione iniziale è che Bunheads parta già stracotto, nelle vesti di una minestra riscaldata.

venerdì 22 giugno 2012

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Il finale deludente di "The Killing"
"Chi ha ucciso Rosie Larsen? Il finale di stagione di «The Killing» ha finalmente dato una risposta, un po' deludente a dire il vero, alla domanda intorno a cui si è costruito, con alterne fortune, tutto l'impianto narrativo della serie (Fox Crime, mercoledì, episodio doppio dalle 21.55). La prima stagione del telefilm si era chiusa l'anno scorso tra molte polemiche, proprio perché il suo episodio conclusivo si era risolto con un cliffhanger degno della migliore soap opera, senza che l'assassino della giovane Rosie e le sue reali motivazioni venissero finalmente svelate. Si può costruire tutta una serie sulla ricerca di un assassino, su una domanda chiave e poi lasciarla così a lungo inspiegata? Si può differire per tanto tempo la spiegazione di un mistero e tormentare la curiosità di chi guarda? L'aveva fatto «Twin Peaks» con il mistero di Laura Palmer, ma la firma di David Lynch e il suo stile onirico bastavano a catturare lo spettatore nelle spire del racconto.
La seconda stagione dei «The Killing» è stata così costretta a serrare le fila della narrazione, ad avvicinare lo spettatore alla verità sulla morte della giovane Rosie con alcuni colpi di scena clamorosi, dal tentato suicidio del candidato sindaco Darren Richmond al finale che ha dato senso ai tormenti interiori della bella e inquieta zia della giovane Larsen, Therry. Al di là degli ingranaggi narrativi investigativi, non sempre perfettamente oliati, quello che continua a catturare nel remake Usa del giallo danese Forbrydelsen sono le atmosfere livide della pioggia su Seattle, il dolore che segna le vite di tutti i protagonisti - dalla famiglia di Rosie a tutti gli altri comprimari - come un basso continuo. E soprattutto la recitazione trattenuta e intensa di Mirelle Enos (Sarah Linden) e di Joel Kinnaman, nei panni del suo partner investigativo Stephen Holder".
(Aldo Grasso, 22.06.2012)
NEWS - Clamoroso al Cibali (è proprio il caso di dirlo): i telefilm scendono in campo! E' nato il Telefilm Football Club, il team di calcio formato da tutti coloro che amano le serie tv. Iscriviti anche tu su Fubles (e se sei una ragazza, vieni a tifare alle prossime partite)...
Annunciaziò. E' nata Telefilm Football Club, la prima squadra di calcio interamente formata da coloro che amano le serie tv. La partecipazione è aperta a tutti: per partecipare (gratuitamente), basta iscriversi su Fubles, il sito che organizza al meglio partite di calcio (5 contro 5, 7 contro 7, 11 contro 11), e poi andare alla voce "Club" e trovare il già mitico Telefilm Football Club. Un semplice click di richiesta e farai anche tu parte del team che prossimamente sfiderà altri Club o parteciperà ai tornei che Fubles organizza. Le partite si giocheranno principalmente nella zona di Milano (ma non è detto che prossimamente si giochi qualche trasferta...). L'attività è rivolta anche alle ragazze, sia come giocatrici (se ce ne sono), sia come tifose sugli spalti, cheerleaders alla "Glee", tanto per intenderci. Forza, che aspettate a iscrivervi? La campagna acquisti del Telefilm Football Club è aperta.

giovedì 21 giugno 2012


NEWS/SONDAGGIO - Sorpresella Barbarella! L'eroina cine-comic pronta a sbarcare in una serie tv. Chi la interpreterà? Al via il sondaggio dell'Accademia dei Telefilm
Barbarella, l'eroina cine-comic nata dai fumetti nel 1962, diventerà la protagonista di una serie tv (leggi la news sotto tratta da "Vanity Fair" (USA). Nel frattempo l'Accademia dei Telefilm lancia un sondaggio per scegliere chi potrebbe interpretare la sexy eroina...Votate, votate!

Finally, our reward for dealing with that unsettling news about Jason Schwartzman potentially starring in a big-screen Trolls adaptation: a Barbarella television series! After securing the rights to the iconic sci-fi heroine/sexpot, Gaumont International Television and producer Martha De Laurentiis announced the small-screen reboot today. The project will center on the comic character made famous by Jane Fonda in the controversial 1968 film adaptation directed by Fonda’s then husband, Roger Vadim. Martha De Laurentiis, the widow of the film’s producer Dino De Laurentiis, has partnered with Drive director Nicolas Refn to tackle the project.After underperforming at the box office, Barbarella has since gained a cult following and was rumored to be remade in 2008 with Robert Rodriguez directing and Rose McGowan set to star. Since her 60s feature debut, the counter-culture character has inspired the band Duran Duran (named after the film’s villain, Dr. Durand Durand), an Austrian musical, a German hybrid rocket, and a pervasive interest in gravity-defying hairstyles.

mercoledì 20 giugno 2012

NEWS - La tv (e le serie) non sono più "lineari". Il piccolo schermo è cambiato. L'Auditel no.
(ANSA) - MILANO, 20 GIU - Il 30% degli italiani guarda la tv in maniera 'non lineare'. Lo rivela  una ricerca presentata a Milano da Mediaset, secondo la quale un numero sempre crescente di persone sceglie di seguire un programma in diretta streaming sul proprio tablet, magari perche' e' fuori casa, oppure, se si e' perso qualcosa, sul web dopo la messa in onda, o ancora cerca solamente un frammento di una trasmissione postato su Youtube o su Facebook, dopo aver letto una discussione sui social network. Sempre piu' frequentemente, un programma viene rivisto sul pc perche' ha fatto discutere su Twitter, Facebook e sui forum legati allo show. Si calcola, infatti, che il 66% degli italiani mentre fa il telespettatore, diventa un vero e proprio opinionista virtuale, inviando commenti sulla trasmissione che sta guardando attraverso il computer, lo smartphone o il tablet. L'utenza cosiddetta 'liquida' e' destinata ad aumentare, e per questo le televisioni si stanno attrezzando per seguire un pubblico che altrimenti perderebbero, creando una vera e propria comunita' fidelizzata. Questa tendenza, pero', rende molto difficile registrare il successo di un programma o di una serie, perche' dieci anni fa l'utente guardava la televisione in una sola maniera, adesso in modi e tempi diversi: oggi non si tratta piu' solo di capire quanto la guarda, ma anche come e quando. 

Cresce il numero dei canali televisivi, aumentano i  telespettatori. E' questa una delle tendenze che emerge da una ricerca presentata a Milano da Mediaset. A pochi giorni dal completamento della digitalizzazione in Italia, e' tempo di fare un  punto e un dato salta all'occhio: dal 2002 al 2011 l'ascolto medio complessivo
in milioni e' cresciuto dell'11% in Italia. ''Un dato che si puo' leggere come il risultato della crisi economica - ha detto Alessandro Salem, direttore generale contenuti di Mediaset - molti italiani rimangono a casa la sera per risparmiare e scelgono di guardare la tv''. Secondo Marco Paolini, direttore marketing strategico di Mediaset, bisogna anche considerare che negli ultimi dieci anni l'avvento del digitale ha ampliato l'offerta del piccolo schermo, che dai sette canali generalisti e' passata alla ampia scelta della programmazione in chiaro e della pay-tv. ''Se in una serata qualunque del 2002 un cinefilo voleva guardare un film aveva solo una possibilita' - ha aggiunto - mentre oggi ha a disposizione un numero molto superiore di titoli''. Alle volte paragonabili a quelli che troverebbe in un multisala. La televisione e' cambiata, ma nel 2011 sono sempre le emittenti generaliste, Rai, Mediaset e La7, a mantenere il primato, con poco meno dell'80% di share calcolato sul totale d'ascolto, tenuto conto anche dei nuovi canali tematici trasmessi sul digitale. Il resto della torta se lo spartiscono Sky, e l'offerta multipiattaforma. 
L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

RIVISTA STUDIO
Il ritorno di "Dallas" in una tv cambiata
"Sono stata cresciuta da una madre che chiamava “il villone in stile Dallas” certe case nuove con troppi portici e steccati bianchi, ma chiamava “Dynasty” tutti i vestiti che non le piacevano. Non aveva mai guardato un singolo episodio di nessuno dei due.
La dice lunga sulla nostra memoria, autentica o immaginaria, il fatto che si possa ancora capitalizzare sul nome di un prodotto di trent’anni fa, quasi scomparso negli ultimi venti.
Tornato in TV con l’aura dorata del back with more delicious drama, il dramma seriale Dallas è stato ricostruito su una premessa che oggi può suonare curiosa: è una continuazione diretta del vecchio show, con alcuni attori chiamati a riprendere i loro personaggi e volti nuovi a interpretare figli, nipoti, ultime mogli. Messi insieme formano la famiglia Ewing, un clan di texani diventati ricchi con il petrolio (l’ispirazione, secondo i primi sceneggiatori, era Il Gigante). La storia viene fatta ripartire da due cugini – eredi dei due protagonisti di un tempo, Bobby e J.R. – che litigano per questioni di primogenitura sul ranch Southfork: uno ci ha trovato il petrolio, l’altro cerca fonti di energia alternative; nella contesa vengono attirati i rispettivi padri, e tutti ricominciano ad azzuffarsi. Continua.
(Parentesi: il nuovo Dallas – Dallas Figlio? – arriverà su Canale 5 in autunno, ma negli Stati Uniti va su TNT, una rete a pagamento senza una forte identità a parte il trasmettere fiction a casaccio. Cosa ci ho visto, io, negli anni? The Closer due volte, le repliche di Law & Order forse.)
Dallas Padre andava in onda la sera, e non credo nessuno si sia mai illuso sulla quantità di uomini soli che sarebbero stati sedotti dagli Ewing, ma di certo si poneva come una fonte di  intrattenimento per donne che di giorno lavoravano fuori o dentro casa. L’idea – forse – era di adattare la formula delle soap operas alla fascia “adulta”, alzando la posta dei conflitti, investendo più denaro nella produzione, ma sconvolgendo la regola d’oro delle soap: non deve succedere mai niente. La soap opera è storia orale riferita da chi, lì, non c’era. Il night-time drama, come Dallas o il suo emulatore Dynasty, è un testo dove accadono cose grottesche a un ritmo ridicolo e con un’intensità omicida: un supercut di qualcosa che impiegherebbe anni a realizzarsi in tempo reale. Come The Wicker Man in 5 minuti.
Serviva una chiave, però. Un tratto comune a questi eccessi.
La chiave di Dallas era l’eredità.
Mettendo in scena i foschi segreti di gente ricca, offriva la stessa consolazione reazionaria che si prova davanti alle one hit wonder (i soldi non danno la felicità) – molto significativo che il messaggio sia riproposto oggi senza ritocchi. Però, col pubblico, cercava anche un legame più profondo. E questo rimane. Non ci si appassiona a Dallas perché il miliardario ha sposato la sorella sbagliata, ma perché l’avidità e i debiti sono una cosa che tutti conoscono, perché tante situazioni patrimoniali erano e sono riflessi in piccolissimo di quello che succede in Texas, o possono essere percepite come tali. (Padri che preferiscono un figlio all’altro, proprietà intoccabili o non divise per anni, occasionale utilizzo della frase «Zia aveva detto che la spilla la dava a me».) E ancora: i personaggi agiscono in nome di grane irrisolte che risalgono a due generazioni prima (verosimile) e da varie pulsioni distruttive, ma intanto dicono «la famiglia è importante» e «la nonna avrebbe voluto così». Ostentano un codice d’onore da vecchio gentiluomo del Sud – «qui si fa tutto con una stretta di mano…» – mentre ordinano furti con scasso a casa dei parenti intimi. Alla fine è questo che piace, perché viene sentito come una specie di verità. Lo dimostra il fatto che trent’anni fa il personaggio concepito come protagonista – Pam, moglie del fratello buono Bobby e avatar ideale dello spettatore – passò in secondo piano, a favore del cattivo carismatico J.R., simbolo vivente di tutta la baracca, antesignano di Montgomery Burns e degno di ricevere la visita del Diavolo nell’ultimo episodio.
(Vi prego, guardate il petroliere faccia a faccia con IL DIAVOLO che lo invita garbatamente a suicidarsi. Questo esiste.)
Dallas è un vero prodotto del pre-Internet, perché è totalmente destituito di ironia. Non è recitato e montato per consentire un “secondo livello” a uno spettatore che si considera smaliziato. Va preso alla lettera. Sarebbe ancora possibile avere un Dallas viewing party, una cena organizzata intorno alla visione della puntata. Ma negli anni ’80 il viewing party non consisteva nel trovarsi a mangiare/bere e prendere per il culo una serie TV: la gara di frecciatine che oggi mi sembra passi su Twitter, e che negli anni ’90 si cristallizzava nella formula tutti a vedere Melrose Place a casa di Stefano tanto poi si va al pub. (Questa frase è una macchina del tempo.) Non a caso, i night-time dramas degli anni Zero la buttavano subito sull’autoironia, sulla strizzata d’occhio – il tipico cinismo di chi ti vende una roba brutta spacciandotela per consapevole, come se il frullatore tramasse ai tuoi danni – mentre intorno al deridere la TV “troppo melodrammatica” si costruivano comunità, forum, prodotti di successo. (Il portale Television Without Pity nacque come sito amatoriale “contro” la serie per adolescenti Dawson’s Creek.)
Ieri come oggi, Dallas non contiene alcun secondo livello: Dallas contiene solo se stesso. Dallas vuole bene a Dallas.
A questo punto, cosa si può ottenere dai primi nuovi episodi di un prodotto così antico? A parte una manciata di one-liner scandite dal Vecchio, che riprende le redini della situazione a colpi di «i tribunali sono per i deboli di cuore», io ho avuto non una ma due donne imbroglione truffatrici (la seconda però ha già mostrato segni di coscienza), la parola “birthright” (diritto di nascita) pronunciata tre volte, e un depresso catatonico chiuso in ospedale che si riscuote tutto allegro, pianta una coltellata in faccia al legittimo erede e lo congeda con «blood is thicker than water… and oil is thicker than both». (E come la tradurranno questa? Io spingo per “figlio, ecco il sangue nero della terra”.)
Però.
A mia madre piaceva anche dire “Dallas e Dynasty”, come sinonimo di “fare una sceneggiata”. Errore frequente, assimilare l’originale e la copia, però dietro c’erano spinte molto diverse. Dynasty era stato voluto da Aaron Spelling, il patrono della jiggle TV, e la memoria ne trattiene solo alcune tracce: l’esibizione del lusso, le donne che si tirano schiaffoni, la presenza di una anti-eroina quarantenne, Alexis Carrington Colby, e il nome più comune per chiamare quel personaggio, “la perfida Alexis”. (Secondo me era la serie lasciata intravedere in Il raccolto.) Nonostante il successo di pubblico, Dynasty restò sempre il cugino zoppo, l’arricchito di guerra. Non sentite parlare di alcun remake, oggi, mentre sul come rifare Dallas se ne è parlato a lungo, prima di arrivare a questa incarnazione.
Considerando che scrivo da una casa senza ADSL, nella valle emiliana da cui la mia famiglia è strisciata fuori meno di cent’anni fa dopo secoli passati esprimendosi a grugniti e occhiacci, in un centro abitato dove i lupi si avvicinano ogni inverno di più ai giardini sul retro, io sono lo spettatore ideale di Dallas 2012. Speriamo che piova".
(Violetta Bellocchio, 18.06.2012)

martedì 19 giugno 2012


GOSSIP - Stana(ta)! La Katic di "Castle" mai così sexy

Non si era mai vista Stana Katic di "Castle" così sexy in un'apparizione pubblica, si sussurra nello show business. Fatto sta che l'attrice è apparsa come vedete nelle foto alla celebrazione del centenario del Beverly Hills Hotel insieme ad un altro nugolo di star che, però, al confronto della Katic, devono essersi andate a nascondere in un tombino. Tra quelle che hanno "osato" il confronto davanti all'obbiettivo, Mena Suvari ("Six Feet Under"), la quale dopo aver visto che arrivava a malapena alla spalla della protagonista di "Castle", deve essersi andata a seppellire sei piedi sotto terra...

lunedì 18 giugno 2012

NEWS - Apocalypse, portami via! Nelle serie tv è boom di visioni non proprio positive del futuro, da "The Walking Dead" a "Falling Skies", fino al nuovo di JJ Abrams "Revolution"
(CNN Entertainment) -- In March, 9 million viewers tuned in to AMC to watch a farm -- which served as a safe haven to survivors of a zombie apocalypse -- burn to the ground on "The Walking Dead."
This Sunday, TNT (a Time Warner network, like CNN) commences its second season of "Falling Skies," which sees a group of survivors fight back against alien invaders while their home state of Massachusetts lies in ruins.
Switch over to NBC, and you're likely to see promos for "Revolution," a series about what happens 15 years after the loss of all advanced technology and electronics.
Post-apocalyptic scenarios are cropping up all over the small screen -- oddly enough, in the year 2012. But is the runaway success of "The Walking Dead" the main reason for it, or is there something else going on here?
"There's always a copycat trend in the industry," TV critic Ryan McGee said, pointing to last year's "Pan Am" and "Playboy Club," both of which drew comparisons to "Mad Men."
"There's no way executives aren't looking at the ratings for 'The Walking Dead' and aren't salivating."
At the same time, he says, "Revolution" has to forge its own creative path to survive.
"Everyone imitates everything that's successful," said fellow critic Alan Sepinwall, who doesn't see it so much as a trend but as a coincidence. "Or simply that ideas go in cycles."
Indeed, TV has been down this road before, with the short-lived cult favorite "Jericho" exploring a scenario of society rebuilding after a nuclear attack.
Jamais Cascio, an ethical futurist with a background in television, noted that various aspects of "The Walking Dead" are being replicated now: "The rule of TV production is to figure out what aspect of a surprisingly success show made it a winner. We're seeing other comic book-based stories in development, other supernatural stories and other post-apocalypse stories."
Actress Jessy Schram, whose character, Karen, was last seen having been "harnessed" by the aliens on "Falling Skies," actually took a look at "The Walking Dead" as a sort of homework assignment.
"It was interesting to watch and take notes, and compare the similarities and differences," she said, "to compare it to 'Falling Skies' to see what a world taken over by another species would be like."
Schram, also known for her recurring role as Cinderella on "Once Upon a Time," has another upcoming series, ABC's "Last Resort," with something of a twist on the same themes: The crew of a submarine disobeys orders to avoid nuclear war and ends up retreating to an island.
"They're having to start over and form their own living and way of protecting themselves," she explained.
"Even though it's very different (from 'Falling Skies'), it has that same theme of 'who do I trust?' "
She said she and other actors on "Falling Skies" asked themselves what they would do in a post-apocalyptic scenario like this.
"What tools would I have to work with? If I don't have transportation or a gun or a knife or even a steak dinner, what am I actually feeling? There's a lot of desperation in that situation, but there can also be a lot of joy as well."
"Revolution's" creator, Eric Kripke ("Supernatural"), hopes to explore that joy or at least have more fun with it.
"The apocalypse kind of bums me out," he admitted in a meeting with J.J. Abrams' Bad Robot Productions when the series was being developed.
Kripke wanted to do a show based around the elements of Joseph Campbell's "hero's journey," which were perhaps best exemplified in "Star Wars." The Abrams team was looking at a series that began with the cataclysmic scenario of that loss of electricity and technology.
Instead of dealing with the immediate consequences of that event, "Revolution" flashes forward 15 years later.
"That is an interesting world," Kripke said. "It transforms into a kingdom with good warriors and bad warriors. That's a world that's gone back to swords. It's about people living in a world that nature has reclaimed."
Kripke can see the current mood being reflected in series in a post-apocalyptic vein.
"There's something in the collective zeitgeist that people feel we're headed towards a cliff," he said.
"The population is massive, we're separated from our food supply, we're eventually going to run out of oil, and there's international tensions. People feel like we're really out of balance and due to be knocked down a peg by war or disease or something."
Kripke wanted to explore the story on the "other end" of that.
"We're not interested in nihilism or hopelessness. We'll all survive and be OK if we remember the things that bring us together: family, brotherhood and mercy."
Ultimately, though, as McGee points out, "What 'Revolution' needs is what every show needs: five characters people care about. Why the lights went out turns into a bit of boring trivia without that emotional investment."
The rules of great TV are the same, even when the world seems to be coming to an end.

domenica 17 giugno 2012

TWITTER-JAM - La playlist delle migliori twittate seriali selezionata da AcademyTelefilm e TelefilmCult




Il link tra il  nuovo e quello storico, tra anni '80 da edonismo reaganiano e spread odierno, é quanto di + allettante possa esserci.

'Dallas' off to strong start for TNT: TV News: Reboot draws 6.9 million viewers in two-hour premiere 

 review:  J.R. Ewing rises from the crypt

'Dallas' premiere review: J.R. Ewing rose from the crypt of TV history 

"CSI: Miami" alum strips down for new role (PHOTOS) 

Courteney Cox, David Arquette File for Divorce Concurrently 

Eva Longoria per i maschietti (per le femminucce, notare le scarpe)  

Dexter 7, arriva Yvonne Strahovski. E Shonda Rhimes svela perchè (spoiler) hanno lasciato Private Practice e Scandal 

'Pretty Little Liars' Star Lucy Hale () Signs Record Deal  


 e cmq tt le serie ke sn state presentate cm l'erede di lost sn state cancellate dp 1 sl stagione.starei attenta a dirlo...

Da oggi su QuiMediaset l'elenco di tutte le serie tv in partenza, sia free che pay, sia nuove che vintage! http://bit.ly/L4H5xI


"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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Il GIOCO DEI TELEFILM di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, nei migliori negozi di giocattoli: un viaggio lungo 750 domande divise per epoche e difficoltà. Sfida i tuoi amici/parenti/partner/amanti e diventa Telefilm Master. Disegni originali by Silver. Regolamento di Luca Borsa. E' un gioco Ghenos Games. http://www.facebook.com/GiocoDeiTelefilm. https://twitter.com/GiocoTelefilm

Lick it or Leave it!

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